Iran
(Iranian Defense Ministry, Getty Images)
Politica

L'Iran «testa» un nuovo vettore e la nuova presidenza Biden

Il test missilistico effettuato ieri da Teheran è un chiaro messaggio per la nuova amministrazione Usa. Come cambiano i rapporti con Joe Biden alla Casa Bianca

L'Iran ha annunciato di aver effettuato con successo il lancio di un razzo che trasporta satelliti. La televisione di Stato iraniana ha trasmesso lunedì il filmato del lancio, avvenuto in una zona desertica. Come riporta tuttavia il sito di Al Jazeera, non è al momento certo in che giorno e in che luogo l'esperimento sia stato effettuato. Grande soddisfazione è stata comunque espressa da Teheran, con il portavoce della divisione spaziale del ministero della Difesa, Ahmad Hosseini, che ha dichiarato: "Si tratta del primo lancio del vettore satellitare ibrido Zoljanah per test suborbitali".

Quanto accaduto rischia di creare non poca tensione sul fronte internazionale. Dalle parti di Washington si teme infatti che una simile tecnologia possa essere utilizzata dall'Iran per lanciare testate nucleari. Una posizione che la Repubblica Islamica ha sempre rispedito al mittente, sostenendo che i propri programmi satellitare e nucleare abbiano uno scopo esclusivamente pacifico. E' comunque abbastanza probabile che, con questo nuovo lancio, Teheran abbia voluto inviare una sorta di segnale proprio agli Stati Uniti. Un segnale che assume significati tanto più pregnanti, alla luce del recente insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca.

Non trascuriamo del resto che, nelle scorse ore, si siano verificate alcune "mosse" di considerevole importanza. Da una parte, il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha proposto – intervenendo sulla Cnn – che l'Unione europea svolga un ruolo di mediazione per far rientrare Washington nell'accordo sul nucleare del 2015. Dall'altra parte, il neo segretario di Stato americano, Tony Blinken, ha dichiarato lunedì su Msnbc che Teheran potrebbe impiegare appena "poche settimane" prima di essere in grado di produrre abbastanza materiale fissile per creare un'arma nucleare. "E questo", ha chiosato Blinken, "è profondamente contrario ai nostri interessi". Il capo di Foggy Bottom ha quindi auspicato un ripristino dell'accordo sul nucleare, ma a determinate condizioni. "Lavoreremmo con [i nostri alleati] per ottenere qualcosa di più duraturo e più forte, e affronteremmo anche alcune delle altre sfide che l'Iran pone, sia che si tratti del suo programma missilistico, sia delle sue attività destabilizzanti nella regione", ha specificato.

Insomma, è come se Iran e Stati Uniti si stessero studiando da lontano, in attesa di capire quali mosse concrete intraprendere sul piano diplomatico e geopolitico. Teoricamente l'avvento di Biden alla Casa Bianca dovrebbe portare a un rasserenamento dei rapporti con Teheran, visto che in campagna elettorale l'allora candidato democratico ha sovente ripetuto di voler ripristinare ipso facto l'intesa del 2015 (da cui Donald Trump si era invece ritirato nel 2018). Ciononostante Biden si era anche mantenuto particolarmente vago sulla questione. E adesso sembrerebbero iniziare a comparire dei distinguo. Se Zarif quasi esorta il neo presidente a mantenere la sua (generica) promessa elettorale, Blinken ha – lo abbiamo visto – evidentemente posto dei paletti. In primo luogo, non parrebbe disposto ad accettare il ripristino dell'accordo a qualsiasi costo. In secondo luogo, ha parlato (ambiguamente) di "qualcosa di più duraturo e di più forte": segno che forse alla nuova amministrazione americana non basti più riesumare ipso facto il vecchio accordo. Non è, in altre parole, escludibile che la Casa Bianca voglia una rinegoziazione dell'intesa: una posizione, questa, non poi così dissimile da quella che aveva assunto Trump. Insomma, la strada della distensione potrebbe rivelarsi più problematica di quanto ottimisticamente preconizzato.

In tutto questo, non bisogna neppure trascurare il tema dei cosiddetti "accordi di Abramo": queste intese erano state raggiunte dalla precedente amministrazione americana, con l'obiettivo di creare una convergenza tra Israele e parte del mondo sunnita. Un obiettivo che faceva tuttavia leva su un fronte comune anti-iraniano: fronte che sarebbe dovuto rimanere in piedi almeno fin quando Teheran non avesse accettato di ridiscutere radicalmente i termini dell'intesa del 2015. Ora, il problema è che la Casa Bianca di Biden ha già reso noto di voler preservare gli accordi di Abramo. Un auspicio, questo, che rende più difficile ripristinare sic et simpliciter l'intesa del 2015: perché una simile mossa creerebbe tensioni non solo tra gli Stati Uniti e Israele, ma anche tra gli Stati Uniti e il mondo sunnita. È quindi plausibile ritenere che Washington voglia agire con una maggiore circospezione. E che quindi la "dottrina Trump" in materia sarà ben difficile da archiviare con troppa fretta.

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Stefano Graziosi