Inchieste
26 November 2020
Made in Italy, chiuso per pandemia
Settore agroalimentare, turismo di qualità, comparto moda. Economicamente provate dal Covid, alla vigilia di un Natale senza festa, le eccellenze nazionali che fatturano decine di miliardi di euro corrono seri pericoli. Gli interventi tardivi del governo non scongiurano chiusure e acquisizioni straniere.
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Contante e norme antiriciclaggio. Dove finisce l'interesse pubblico e dove comincia il business
parte 1 – A chi fa bene un oligopolio?
Con il Bitcoin che punta a sfondare la barriera psicologica dei 40 mila dollari e alcune polemiche sul cashback (il programma che mira a incentivare pagamenti digitali tracciati anche per le spese quotidiane), in questo inizio d'anno riprendono vita il tema delle misure antiriciclaggio e la crociata contro il contante.
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</p><p>Beppe Grillo dal suo blog pochi giorni fa, del contante ha invocato la radicale abolizione, citando la Svezia come esempio virtuoso: in quel paese, nel 2023 l'uso dei contanti potrebbe essere del tutto proibito e già oggi si fa largo uso di pagamenti digitali. Addirittura, molti svedesi si sarebbero già fatti impiantare un chip sottopelle, grazie al quale, tra le tante cose, possono eseguire pagamenti digitali in modo naturale.<br></p><p>In tutta questa storia, però, c'è qualcosa che non torna e, come spesso avviene, la narrazione martellante affidata a media e social media, finisce per distrarre da alcuni aspetti di cruciale importanza che emergono, grattando appena sotto la superficie.</p><p>Forse vale la pena di porsi qualche domanda primaria.</p><p>È proprio vero che l'uso del contante favorisce evasione fiscale, economia sommersa e traffici illegali? </p><p><div id="div-gpt-ad-panorama_dsk_art_300x250_btf"></div>
</p><p>È proprio vero che è l'Europa (cioè, istituzioni e norme di diritto europeo) ad imporre all'Italia restrizioni all'uso del contante?</p><p>E se non fosse così, cosa potrebbe giustificare l'accanimento, tutto italiano, contro l'uso del contante? A chi conviene veramente l'eliminazione del contante, e a chi conviene che l'enorme flusso di denaro derivante da qualunque possibile transazione sia canalizzato senza alternative attraverso servizi di pagamento digitali e bancari, e quindi in sostanza, che venga gestito da intermediari, come lo sono appunto, le banche o i gestori dei circuiti di carte di credito?</p><p>Procediamo con ordine.</p><p>In Italia le limitazioni all'uso del contante sono molto stringenti, con significativi disagi sia per i privati che per gli operatori economici e la battaglia contro il contante viene combattuta sia con le buone che con le cattive: nel nostro paese sono vietati i trasferimenti di contanti per somme pari o superiori a 3.000 euro. Questo limite dal 1° luglio si ridurrà a 2.000 euro e infine a soli mille euro dal 1° gennaio 2022. Le sanzioni per le violazioni sono salate: da un minimo di 3.000 a un massimo di 50.000 euro. </p><p><div id="videoincontent"></div>
</p><p>Ma la battaglia per indurre ad abbandonare il contante a favore di pagamenti digitali viene condotta anche con metodi più soft. Uno di questi è il famigerato cashback: il cittadino, scarica una app, viene identificato, censito e registrato e a quel punto, sui pagamenti per l'acquisto di beni o servizi usando carte di credito e bancomat, grazie all'uso dell'applicazione, matura il diritto che gli venga riaccreditata una parte dell'importo speso. </p><p>Anche l'uso delle valute virtuali (come i bitcoin), a causa del suo potenziale anonimato, viene visto con sospetto e osteggiato dalle autorità: il fisco cerca di assoggettare detenzione e scambio di criptovalute a forme imposizione fiscale, ma lo fa in base ad interpretazioni estremamente discutibili, e le piattaforme di trading ormai per legge sono tenute a rispettare norme stringenti, non dissimili da quelle imposte agli intermediari finanziari, sia sul fronte del possesso di specifici requisiti e dell'iscrizione in speciali registri sia sul rispetto degli obblighi antiriciclaggio.</p><p>Alla base di questa avversione verso il trasferimento di ricchezza in modo anonimo (che sia mediante i contanti, titoli al portatore, o mediante criptovalute), ufficialmente ci sarebbe il contrasto di traffici illeciti e dell'evasione fiscale: secondo i sostenitori della crociata contro il contante, ogni passaggio di denaro in forma anonima o non tracciabile, potrebbe essere un modo per "lavare" denaro sporco. E cioè, per nascondere l'origine criminale di un certo introito o che si tratti di profitti non dichiarati al fisco. Oppure potrebbe essere utilizzato per finanziare attività criminali, come il terrorismo. </p><p>Un'altra motivazione spesso utilizzata è il classico "ce lo chiede l'Europa".</p><p>Ma quanto c'è di vero e di condivisibile in tutti questi argomenti alla base della crociata contro il contante e le criptovalute?</p><p>Di sicuro, non tutto. E le ragioni di chi assume posizioni critiche sono tutt'altro che campate per aria. </p><p>Per cercare di capirlo, facciamo un gioco e proviamo ad immaginare che un giorno si realizzi veramente quello che auspica Beppe Grillo: diciamo, per ipotesi, che i contanti non esistono più e il denaro di ciascuno può passare di mano solo attraverso servizi, per lo più digitali, gestiti da terze parti, come banche, piattaforme digitali di pagamento, circuiti di carte di credito, etc.</p><p>Ora, in un mondo in cui non posso pagare neppure un caffè in contanti, ma devo necessariamente passare attraverso un qualche intermediario, in linea di massima, quell'intermediario sarà in grado di sapere esattamente non solo quanto ho pagato, ma anche dove e quando ho bevuto il mio caffè. Magari mi importa poco che qualcuno sappia dove ho bevuto un caffè. Però potrebbe darmi un po' di fastidio che quello stesso intermediario sia in grado di conoscere il cosa, il dove, il quando e il perché di altre mie attività di natura più squisitamente personale. </p><p>Qualche esempio? Poniamo che mi rivolga ad una clinica specializzata in problemi sessuali. Se non potrò pagare la prestazione in altro modo che con un bonifico, con tanto di causale, o con una carta di credito, l'intermediario che processerà quel pagamento chiaramente verrà a conoscenza diretta o indiretta di una quantità di informazioni che potrei non voler condividere con nessuno. Oppure, immaginiamo che io voglia dare sostegno, con una donazione, ad una certa organizzazione politica o religiosa. Magari una di quelle organizzazioni che, per quanto legittime, sono controverse quel tanto che basta ad indurre i miei vicini di casa a guardarmi storto se solo sapessero che ne sono un simpatizzante. Ancora una volta l'intermediario che gestisce il pagamento lo saprà. Immaginiamo ora qualcosa di più frivolo. Diciamo, il pagamento di una escort, o di servizi di intrattenimento per adulti, come il noleggio di un film a luci rosse da una pay-tv, che possono rivelare le mie preferenze sessuali. O anche l'organizzazione di una serata galante con la mia amante. Ricordate? Il contante non esiste più. Tutto viene ineluttabilmente tracciato, senza alcuna possibilità di scelta o di alternativa: sarà visualizzato il conto del ristorante per due persone, il conto della suite dell'hotel, il pacchetto "serata romantica" per due persone, che sarà facile incrociare con l'identificazione (registrata digitalmente) degli ospiti dell'hotel, ma anche con il fatto che mia moglie nello stesso momento potrebbe aver utilizzato la sua carta di credito in un posto a decine o centinaia di chilometri dal luogo in cui ho consumato la mia scappatella.</p><p>Il primo problema, dunque, è che una quantità enorme di dati ed informazioni personali, e personalissime, saranno nelle mani di soggetti privati e potenzialmente di autorità di vigilanza o di polizia, in grado di accedere senza eccessive difficoltà ai dati dell'anagrafe dei rapporti finanziari. Questi soggetti potrebbero comportarsi correttamente, e non andare a mettere il naso nelle mie faccende ma potrebbero anche, per qualsiasi ragione, abusare dei loro poteri ed andare ad analizzare quei dati con scopi tutt'altro che legittimi.</p><p>In questo caso, purtroppo, potrebbe essermi molto difficile verificare se chi ha scavato nei dati che, volente o nolente, ho dovuto consegnargli, lo ha fatto rispettando tutti i canoni imposti dal GDPR (regolamento europeo sul trattamento dei dati personali) e in generale da ogni norma posta a tutela dei miei dati personali.</p><p>Un secondo problema: se ogni passaggio di denaro non può che passare dai servizi forniti da un intermediario, o da un numero ristretto di intermediari, questo significa che stiamo mettendo nelle mani di tali pochissimi soggetti, un immenso potere sulla capacità di ciascuno di disporre dei suoi stessi beni. Un potere che, se esercitato in modo arbitrario trasforma chiunque alla stregua di un ostaggio in balia del potere di consentire o impedire determinate transazioni a seconda delle convenienze, sulla base di giustificazioni più o meno surrettizie. Ad esempio, potrebbero farlo sulla base di criteri discutibili, o stabiliti unilateralmente e magari anche a posteriori.</p><p>Su ogni transazione opinabilmente impedita, quindi, si potrebbe scatenare un braccio di ferro (più o meno lungo) tra utente e gestore della piattaforma di pagamento, per stabilire se la mancata esecuzione di quel pagamento è legittima o no.</p><p>Molti gestori di carte di credito, già oggi, infatti, impongono agli utenti quelle che vengono definite AUP, ovvero, "acceptable use policy", in cui elencano servizi e prodotti per il cui acquisto non sono disposte a processare i pagamenti. Tra i pagamenti che vengono rifiutati ve ne sono alcuni relativi all'acquisto di servizi o beni pienamente legittimi e legali, come l'acquisto di criptovalute da piattaforme di trading. Questo nonostante il fatto che si tratti di exchange regolarmente iscritti negli appositi registri delle autorità di vigilanza e soggetti a tutti gli obblighi di identificazione della clientela imposti dalla normativa antiriciclaggio. Lo stesso vale per l'acquisto di servizi di trading su Forex, opzioni binarie, e così via. Inutile dire che tra i servizi per i quali queste piattaforme rifiutano di operare il pagamento c'è anche l'acquisto di materiale porno. Ma non basta: sotto questa mannaia spesso cadono anche i pagamenti per l'acquisto di farmaci per i quali è richiesta la prescrizione medica. E poco importa se chi vende quel farmaco è una farmacia perfettamente autorizzata che ha concretamente verificato l'identità dell'acquirente e che è stata emessa una ricetta (oggi anche in formato elettronico) della prescrizione medica. </p><p>Il punto è che l'elenco delle transazioni "vietate" di solito viene ampliato o ridotto unilateralmente, senza particolari notifiche all'utente, semplicemente aggiornandolo sul sito online.</p><p>Ed eccolo qui il nodo di questo secondo problema: costruire un sistema che fa dipendere l'accesso alle proprie risorse completamente dalla disponibilità dell'intermediario di pagamento ha già mostrato al mondo i suoi limiti. È di pochi mesi fa lo scandalo Wirecard, gigante tedesco dei servizi di pagamento digitale e di gestione di carte di credito Mastercard: a causa di un buco finanziario alimentato e tenuto nascosto grazie all'uso di documenti falsificati, a seguito dell'intervento delle autorità, milioni di carte di credito sono state istantaneamente bloccate, provocando impossibilità di utilizzo dei propri fondi per milioni di utenti in tutta Europa. Centinaia di migliaia di italiani, titolari di carta Sisalpay, che per l'appunto si appoggiava a quella piattaforma di pagamento, si sono ritrovati nella stessa condizione.</p><p>Più di recente, poi, ha fatto notizia la decisione di Visa e Mastercard di non processare più pagamenti per l'acquisto dei servizi di PornHub. Una "chiusura del rubinetto" inattesa quanto ipocrita, se si pensa che chiunque disponga di un abbonamento ad una piattaforma capillarmente diffusa tra le famiglie com'è Sky, pagata tranquillamente mediante le stesse carte di credito, può accedere senza problemi di sorta ai contenuti della sezione Hotclub. Cioè, una collezione di film hard core per ogni orientamento o preferenza sessuale, inclusi i gay.</p><p>Sulla vicenda di PornHub persino la pornstar Valentina Nappi, nota nell'ambiente per la sua intelligenza, la sua arguzia e per una notevole sensibilità ai temi di attualità politica e sociale, ha preso una posizione polemica. Raggiunta da noi per un suo punto di vista, ha voluto condividere la sua visione che, in particolare rispetto alla questione della centralizzazione e del controllo finanziario degli individui, suona molto disillusa se non per certi versi pessimistica.</p><p>"<em>È del tutto evidente che quella della pedopornografia e dei video di stupro sono solo scuse per attaccare il mio settore. Ma questo accade perché il mio settore per decenni non ha saputo brandizzarsi in maniera corretta. Credo che il fenomeno del controllo oligopolistico dei circuiti delle carte di credito sia parte di un processo storico ineluttabile che è la tendenza alla centralizzazione dei capitali (e alla centralizzazione del controllo sui capitali). Ogni opposizione a quest'ultima oscilla tra la pateticità della sinistra anticapitalista, la pericolosità dell'anticapitalismo di destra (neofascismi e nuove destre) e le pie illusioni dei liberali che credono possibile un capitalismo 'virtuoso' che pone argini ai monopoli e al controllo centralizzato sulla vita delle persone. Qual è dunque la soluzione? Non v'è soluzione, le necessità storiche non si eludono e 'resistere' è sciocco, patetico e deleterio. Si tratta dunque di considerare un fatto il processo in atto di centralizzazione e incremento del controllo sulla vita delle persone, e condurre le nostre battaglie — ed è proprio qui che il mio settore ha fallito — focalizzandoci sul merito dei valori in gioco. Abbandonare il pensiero debole su cui si fonda il relativismo libertario dei valori e riprendere a parlare di bene e male, vizio e virtù, bello e brutto, logicità e illogicità. Perché l'errore principale di autopresentazione del mio settore, da Larry Flynt ai giorni nostri, è stato quello di far leva sul relativismo anziché su un'idea di razionalità forte. Il modello di democrazia liberale è in crisi: su questo ha assolutamente ragione Orban. In un mondo che non può più — che ineluttabilmente non può più — essere liberale, l'alternativa sarà sempre di più tra due forme di illiberalismo: da una parte quello tradizionalista, in cui giocano un ruolo fondamentale le religioni positive e la difesa delle identità popolari; dall'altra un illiberalismo tecnocratico e razionalista. È chiaramente quest'ultimo che il mio settore deve intercettare, e per farlo dobbiamo dimostrare — poiché è finita l'era della distinzione liberale tra buono e lecito — che quello che facciamo non è solo lecito ma anche buono</em>".</p><p>La storia ci dirà se la spinta del sistema verso il controllo pervasivo e centralizzato di scelte, condotte e finanze degli individui non provocherà fughe verso l'impiego massivo di tecnologie decentralizzate, e quale di queste spinte contrapposte avrà la meglio nel lungo termine.</p><p>Resta il fatto che privacy (quindi, raccolta sproporzionata di dati, utilizzo infedele e poco controllabile, etc.) e un controllo accentrato e potenzialmente arbitrario sui pagamenti (e quindi, la correlata capacità di controllo sulla libertà degli individui di disporre dei propri stessi beni e del loro denaro), sono certamente due aspetti critici di un sistema in cui i trasferimenti di denaro dipendono da un terzo intermediario che li controlla e li esegue.</p><p>Si osserverà che milioni di persone, in molte parti del mondo da molto tempo scelgono liberamente di affidarsi a questi sistemi di pagamento e quindi, già subiscono queste forme di possibile controllo.</p><p>Fa molta differenza, però, quando l'affidamento a tali intermediari non ha più luogo sulla base della fiducia accordata dagli utenti, e quindi per libera scelta, ma in forza di norme cogenti che non lasciano alternative.</p><p>E se vi state chiedendo come sia possibile che proprio l'Europa, così rigorosa sulle politiche di trattamento dei dati personali e così attenta ai rischi di distorsioni del mercato, di concentrazioni e di possibili abusi di posizione dominante, ci spinga verso un sistema che implica imponenti raccolte di dati e canalizza il potere di intervenire a gamba tesa nelle transazioni tra privati per metterlo nelle mani di pochi operatori, creando così un vero oligopolio, avete ragione a porre il dubbio: contrariamente a quello che molti vorrebbero fare credere, la posizione delle autorità europee non va affatto in questa direzione.</p>
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