Cancellato anche il salone dell'auto di Ginevra del 2021. E' la fine dei saloni?
(Ansa)
Tecnologia

Cancellato anche il salone dell'auto di Ginevra del 2021. E' la fine dei saloni?

Causa Covid la grandi kermesse hanno chiuso i battenti; sarebbe ora di ripensare a nuove iniziative per il mondo dell'auto

La notizia è di quelle pesanti: non soltanto a causa del Covid era stato cancellato il salone dell'automobile di Ginevra di quest'anno, ma ieri si è saputo che la fondazione che lo ha organizzato fino al 2019, quella del Salon International de l'Automobile, non si occuperà neppure dell'edizione 2021.

L'organizzazione ha infatti comunicato che cederà l'intero format della manifestazione e i suoi diritti alla società che gestisce il Palaexpo, la celebre struttura che sorge sul lato sud dell'aeroporto ginevrino.

Con l'incertezza manifestata dalle case automobilsitiche anche riguardo a una ripresa nel 2021 difficilmente avrebbe potuto essere altrimenti, soprattutto perché non si riesce a prevedere se e come si potranno aprire nuovamente i padiglioni al pubblico. Nelle stesse ore anche la National Business Aviation Association, che nello stesso Palaexpo organizza il salone dell'aviazione d'affari, sta valutando se cancellare o meno l'evento 2021. Ma per quanto l'aviazione sia un settore tecnologico molto dinamico, il giro d'affari generato dal suo salone Ebace è un decimo di quello indotto dall'automotive, che in Svizzera costituisce il più importante evento fieristico nazionale, capace di attrarre 630.000 persone in meno di una settimana e di creare un indotto di circa 200 milioni di euro.

La Fondazione ha deciso dopo che il Gran Consiglio di Ginevra le aveva proposto un prestito di quasi 16 milioni di euro per ritrovare una stabilità finanziaria a lungo termine, ma la cifra e le condizioni con le quali sarebbe stata elargita non sono state considerate sufficienti, in particolare la clausola con la quale entro un anno la Fondazione stessa avrebbe dovuto restituire al Cantone un milione di franchi. E poco hanno contato le idee alternative di organizzare qualcosa per pochi e di trasmetterlo in streaming via internet, poiché le sensazioni tattili, gli incontri e certi meeting non si possono replicare, così come non potrebbe essere generato l'indotto che arricchisce la città sul lago Lemano.

Anche Milano quest'anno avrebbe avuto il suo evento legato all'automobile, così la vicenda pone un quesito importante: se i saloni del settore abbiamo ancora un senso oppure no.Per chi li organizza e per l'indotto, ovvero alberghi, ristorazione, trasporti e per i media, per il pubblico appassionato come per la politica certamente si. Ma per le aziende che non hanno grandi novità da presentare, oppure le hanno ma dedicate a mercati differenti da quello nostrano, è complesso comprendere quali motivazioni abbiano per spendere tanto denaro e dover essere presenti.

Non casualmente taluni marchi hanno rinunciato da tempo a essere presenti ovunque, concentrandosi su apparizioni geograficamente strategiche e ri-orientando i budget su eventi dedicati alla loro clientela che si svolgono distribuiti opportunamente durante l'anno.La presenza delle case automobilistiche ai grandi eventi espositivi è invece aumentata laddove i contenuti tecnologici, oppure il lusso, andavano presentati a chi li può meglio apprezzare, ecco quindi che alcuni marchi definiti premium (Bmw, Lexus, eccetera), sono apparsi al Salone nautico di Montecarlo, al Ces di LasVegas e al Mobile World Congress di Barcellona.

C'è poi la questione delle aspettative del pubblico e dell'immagine che l'automobile ha oggi nella società rispetto a quando i saloni hanno assunto i format più recenti, trasformandosi proprio grazie alla tecnologia digitale e popolare.Una volta che le immagini delle novità hanno cominciato a viaggiare alla velocità della luce in tutto il mondo, e che i comunicati stampa arrivano addirittura già raggruppati per casa produttrice nelle caselle mail dei giornalisti e nelle pagine dei social, ora che il pubblico fa sempre più fatica a distinguere un articolo giornalistico da un post fatto dall'influencer, e soprattutto oggi che l'automobile non è più in cima ai desideri dei giovani (il numero di patenti conseguite ogni anno in Europa cala irrimediabilmente), a essere in crisi è il significato stesso di automezzo, che da simbolo di emancipazione, benessere e soprattutto di libertà è stato trasformato in un luogo super connesso da robotizzare quanto prima per la sicurezza di tutti, o addirittura in un ufficio condiviso, quindi in un oggetto non più da contemplare ed esibire ma da usare, possibilmente anche senza possederlo perché ultra tassato.

Così in pochi anni abbiamo visto morire i saloni di Lisbona, Sydney, Amterdam e adesso Ginevra.E siccome ad aiutare i volumi di vendita non sono più la tenuta di strada e un peso fiscale accettabile dalle diverse generazioni, bensì la connettività e l'automazione, sarà quindi più facile che a presentare un'automobile siano entro qualche mese Apple, Samsung oppure Facebook e non più Fca, Bmw e Toyota.

Se il pubblico non può più toccare, salire a bordo e provare a guidare, le motivazioni per spostarsi da una nazione all'altra si azzerano, e certamente non aiuta che già i millennials (18 anni nel 2018), vedano l'auto in modo completamente diverso dai loro genitori che hanno preso la patente negli anni Ottanta. Un veloce giro su Youtube in cerca delle pubblicità più celebri di auto e moto mostra che se nel 1985 un giovane si compiaceva di caricare la giovane ballerina sulla sua Fiat Ritmo, oggi è lei, in coda nel traffico, a chiedere alla sua Classe A di accendere l'aria condizionata e di accompagnata a casa. Hey, Mercedes...

Se non vogliamo dire definitivamente addio ai saloni occorre quindi ripensare il modo per far incontrare aspiranti automobilisti con le case costruttrici, ritrovare senza sensi di colpa di natura ecologica il piacere di possedere un automezzo soprattutto perché è bello e utile, perché permette in ogni momento di partire. E bisogna farlo cambiando le regole del gioco a partire dall'acquisto fino allo smaltimento. Su questo fronte l'elettrificazione offre vantaggi finora impensabili e una "rottamazione" potrebbe diventare una trasformazione, un aggiornamento che prolunghi e innovi il prodotto altrimenti destinato a scomparire velocemente dai listini in pochi anni, creando anche un mercato alternativo.

Infine, inutile negarlo, a raffreddare gli animi sugli acquisti c'è anche la questione normativa applicata a chi le automobili le fabbrica. A colpi di regole per rendere le auto più sicure le abbiamo rese tutte uguali, ed anche ora che si spinge per l'elettrificazione, tecnologia che implica meno parti mobili, una ridotta necessità di raffreddamento e quindi componenti più piccoli a bordo, la forma esterna delle auto sta praticamente rimanendo la medesima, al punto che da venti metri di distanza non si distingue una 500 elettrica da una a benzina.

Eppure con i materiali moderni attualmente a disposizione si potrebbe tornare a creare dei miti come lo sono stati la Citroen 2CV di André Lefèbvre o la Mini Morris di Alec Issoginis. Proprio lui, contrariato dalla tendenza a progettare in team senza più personalismi e stile personale coniò un motto che nel design ha fatto scuola: "Un cammello è un cavallo fatto da un comitato." E siccome la sicurezza oggi ha fatto passi avanti notevoli, forse il mondo dell'auto ha bisogno di nuova personalità e nuove libertà, di rimettere il sogno e la gioia di guidare prima di quello dell'indispensabile connettività.

Così forse riuscirà a salvarsi. E con lui i saloni.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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