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Alberto Naska
Tecnologia

Naska, l’arte della corsa

Nel suo libro appena uscito, «Fino all'ultima curva», lo youtuber pilota più famoso d'Italia racconta come in moto ha raggiunto i suoi sogni. E imparato che non è mai troppo tardi per rincorrerli

Alberto Fontana, per tutto oggi solo Naska, è la prova che i sogni, anche seguendo percorsi tortuosi e spesso in salita, alla fine si realizzano. Era un ragazzo come tantissimi altri: aspirante calciatore ai tempi della scuola, una laurea triennale in ingegneria informatica al Politecnico di Torino, poi un lavoro come videomaker. Però da sempre, soprattutto, prima di tutto, una passione smodata per i motori. «Nella mia vita ho sempre inseguito una cosa soltanto: che la mia passione diventasse il mio lavoro. E la mia passione sono le corse. Gareggiare su qualunque veicolo che vada il più veloce possibile» racconta a Panorama.it.

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Alberto Naska

Ma gareggiare costa, le corse sono un privilegio per chi ha molti soldi o un talento smisurato, Alberto non ha né gli uni e né possiede l'altro. Però, nel mondo in apparenza impenetrabile delle ruote, riesce a entrare dalla porta di servizio. In una maniera che è geniale e inaspettata, sfruttando un passaggio di pochi metri, spostandosi da dietro a davanti la telecamera: «Un giorno, in un circuito, ho visto un pilota che aveva fatto una manovra pazzesca, salvando la moto da una caduta certa. Dovevo condividerlo. Ho fatto un video ed è piaciuto». Poi ne ha fatto un altro, poi un altro ancora, intanto il pubblico cominciava ad affezionarsi a questo ragazzo spontaneo, con la faccia simpatica e rassicurante, competente e poi sinceramente emozionato di fronte ai temi che trattava.

Così Alberto si fa un seguito su Facebook, finché passa a YouTube, dove oggi ha quasi mezzo milione d'iscritti. È il rider creatore di contenuti più seguito d'Italia. Online, dove alcuni singoli video superano il milione di visualizzazioni; offline, perché gli spalti dei campionati amatoriali in cui corre, un tempo vuoti, oggi sono gremiti di tifosi che gridano il suo nome. Con la fama ad Alberto sono arrivati gli inviti a gareggiare da sponsor e costruttori. Era quello che desiderava. Accanto alla passione, ci ha messo la pazienza ed è diventato molto bravo.

La sua storia è dunque significativa per diversi aspetti. Dimostra che non ci sono date di scadenza per i desideri: oggi ha 29 anni, quasi 30, ha iniziato a correre in modo continuativo a 26, mentre i vari Valentino Rossi e dintorni hanno cominciato da bambini. E poi è la prova che si può fare un uso intelligente di YouTube non solo per storie superficiali o troppo autoreferenziali (ti mostro come mi vesto, cosa mangio a colazione, a che giochi sto giocando), ma anche per aprire mondi che di solito sono inaccessibili e proibiti alle telecamere.

Se è esemplare tutta la vicenda di Naska – il soprannome gliel'ha dato quando aveva dodici anni il suo allenatore di calcio visto il suo grande naso – alcuni mesi, quelli della scorsa stagione su due ruote, sono stati ancora più straordinari. Alberto ha subito un infortunio pesante, è riuscito ad alzarsi e a compiere molte imprese. Le racconta, assieme a tutto il suo passato, in un libro appena uscito per Mondadori, Fino all'ultima curva. Un diario di un viaggio straordinario, che ha subito un'accoglienza degna dei suoi video: è balzato al primo posto nella classifica dei preordini su Amazon.


cover-libro-naskaLa copertina del libro di Naska.Mondadori Electa

Alberto, perché l'esigenza di scrivere un libro?

«Quando faccio un video, studio il metodo migliore per strutturarlo. Seguo l'ossatura delle fiabe: presentazione, situazione, svolgimento, conclusione. Inserisco espedienti narrativi per mantenere lo spettatore incollato allo schermo. Un libro ricalca quella struttura che mi è familiare, ma aggiunge un elemento in più: il video lascia poco spazio all'immaginazione, vista e udito sono stimolati da sequenze ben precise, mentre il libro, al netto di qualche foto, è solo inchiostro. Permette alla mente di viaggiare ancora meglio».

C'è un messaggio che più di altri vuoi trasmettere?

«Dalla mia esperienza ho imparato che se hai un sogno che ti sembra lontano e irraggiungibile, è chiaro che se guardi dove sei e dov'è il sogno non ci arriverai mai. Devi cominciare ad avvicinarti al sogno. Non sai fare video? Impara dai tutorial su YouTube. Non hai idea di come si gira in moto in pista? All'inizio sarai un impedito, poi migliorerai. Ma provaci. L'anno scorso un signore di 63 anni ha vinto un campionato: aveva cominciato a correre a 33. Le gare finiscono sotto la bandiera a scacchi: fino all'ultimo giro pensi di avere la vittoria in tasca e magari ti sorpassano, rompi il veicolo, cadi all'ultima curva. Vale lo stesso nella vita: finché non sei arrivato alla fine, finché abbiamo tempo, tutto è possibile.

A proposito di cadute, nel tuo viaggio ci sono state battute d'arresto e infortuni pesanti. Come li hai vissuti?

«Non appena inizi a correre sai che possono succedere. Il punto non è se, ma quando. Mi ha aiutato tanto il supporto delle persone che mi seguono, mi ha dato una forza e una spinta incredibili. La motivazione più forte non è fare le cose per te, ma per qualcun altro».

Ti sei spiegato perché piaci così tanto?

«Per il mio coinvolgimento emotivo. La gente si accorge che sto davvero impazzendo dalla gioia quando salgo su un mezzo che ha un motore. Questo entusiasmo cerco di applicarlo a tutta la mia vita. Non do mai per scontate le cose: se passo tutti i giorni davanti al Duomo di Milano, mi piace ricordarmi che è una figata. Tento di godermela come se fosse la prima volta».

Pensi mai al fatto di essere un esempio per tanti ragazzi? Non temi che tu possa incitarli a correre, ad amare la velocità?

«Sono consapevole che quando segui qualcuno che ti piace, poi tendi a imitarlo. Quando Alberto Tomba vinceva i Mondiali, tutti volevano sciare. Perciò so di dover educare, oltre che intrattenere: nei video ribadisco che sto correndo in un contesto sicuro, dove se qualcosa va storto in 90 secondi arriva un'ambulanza con un rianimatore che ti soccorre. E poi indosso una tuta con l'airbag, porto protezioni e paraschiena. Anche d'estate, anche se ci sono 42 gradi».

La notorietà ti ha cambiato?

«Direi di no. Non ci sono stati stravolgimenti particolari. Al massimo quando esco mi capita d'incontrare qualcuno che mi riconosce, niente di più. E mi fa piacere. Certo, a volte succedono degli episodi paradossali, come quando una persona mi ha inseguito in macchina per un quarto d'ora fin sotto casa. Mi sono spaventato, alla fine mi ha detto solo che sono un grande e se n'è andato. Per il resto, montavo i video a casa, come faccio tutt'ora. Anche la casa è rimasta la stessa. Non sono cambiato io, è la mia vita a essere cambiata: imparo cose nuove ogni giorno, sono una persona più matura, consapevole e preparata. Certo, una differenza sostanziale rispetto al passato c'è».

Quale?

«Prima ero a caccia del mio sogno, adesso lo sto vivendo».

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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