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Cyber Security

Cyber Crime: ogni tanto li pizzicano

La Rubrica - Cybersecurity Week

Per quanto sia noto che il crimine informatico abbia una punibilità molto bassa, ogni tanto capita che qualcuno caschi nelle maglie della giustizia. Recentemente è stato il caso di Vyacheslav Penchukov, ricercato da ormai dieci anni, arrestato a Ginevra e prossimo all’estradizione negli Stati Uniti, dove lo attende il tribunale del Nebraska per processarlo.

Questo quarantenne ucraino è noto per essere stato uno degli esponenti di spicco della cyber gang nota come JabberZeus Crew. Il nome del gruppo, almeno agli esperti di settore, dice molto, perché Zeus è un malware bancario utilizzato per carpire informazioni che il suo creatore, Evgeniy Mikhailovich Bogachev (vera star del settore con una taglia di 3 milioni di dollari che gli pende sulla testa) aveva personalizzato per Penchukov e i suoi soci.

Negli anni di attività la JabberZeus Crew sembra sia riuscita a derubare le sue vittime di circa 10 milioni di dollari e rappresenta probabilmente uno dei primi esempi di crimine informatico veramente organizzato. Ancora nel 2008 le chat sul sistema di messaggistica Jabber utilizzato da criminali rivelarono che Penchukov era molto impegnato nell’organizzare e gestire una rete di “money mule”, i riciclatori del denaro rubato, che contava ormai centinaia di operatori. Di tutta la vicenda, l’aspetto più curioso è come nel 2009 gli investigatori siano riusciti ad associare Penchukov, che celava la sua identità dietro il nickname di Tank, alla JabberZeus Crew. Il criminale, in una delle chat sotto controllo, annunciò che il 22 luglio di quell’anno era diventato padre di una bella bambina di nome Miloslava, fornendo anche orgogliosamente alcuni dettagli come il suo peso.

A quel punto gli investigatori hanno verificato all’anagrafe centrale le nascite del giorno, scoprendo che, in tutta l’Ucraina, soltanto una neonata corrispondeva alla descrizione. Tanto è bastato a incastrare Penchukov. Quando si dice che i figli sono croce e delizia dei propri genitori.

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Alessandro Curioni