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(Arya)
Tecnologia

Arya, la mascherina puzzle: componibile, sostenibile e riutilizzabile

Creata in Italia, è realizzata da elementi separati con cui assemblarla, ha un'anima green e non occorre buttarla via dopo l'uso. Basta lavarla e cambiare il filtro

Mettiamo in fila tutti gli aspetti negativi delle mascherine: chi più, chi meno, danno un leggero senso di soffocamento perché tappano la bocca e il naso. Sono una croce per chi indossa gli occhiali, perché li appannano, costringendo a sortilegi e metodi casarecci, come il sapone sulle lenti e altre soluzioni di sapore medievale. Ancora, coprono buona parte del viso, quindi nascondono le espressioni e altri abbellimenti quali rossetto e dintorni. Inoltre, nella maggior parte dei casi non sono sostenibili, perché dopo qualche ora dal primo uso bisogna buttarle via, costringendoci ad aumentare il nostro impatto ambientale.

Scartare la confezione di Arya, rigirarsela tra le mani, prenderci confidenza, provoca una riflessione inevitabile: sembra sia stata creata apposta per risolvere tutti quei problemi, o almeno ribaltarli affrontando la questione mascherina da un'altra prospettiva. Interpretarla persino come un vezzo, come un oggetto di moda. Seppur si tratti di fare di necessità virtù, la sostanza rimane.

Per prima cosa, Arya non è un blocco unico, ma una somma di pezzi. Un puzzle da comporre molto velocemente e con una facilità a prova di imbranato. Ecco la parte esterna, una griglia sul quale adagiare il filtro usa e getta e poi il guscio interno. Infine ci sono degli elastici per fissare Arya al volto.

Nella scatola si trovano trenta filtri, dunque anche con un uso quotidiano per un mese si è a posto. E ognuno è filtrante al 98 per cento, perciò molto più forzuto di tante soluzioni che si trovano in giro. Quella è l'unica parte che va buttata via, il resto si può facilmente igienizzare. In ogni sua parte.

Rispetto alla mascherina chirurgica che fa subito sala operatoria o dentista zelante (o la norma, ormai, in qualsiasi strada cittadina), rispetto alle Fpp2 con o senza valvola che ci mettono addosso un becco bianco arrotondato e dopo un po' scatenano uno spiacevole effetto apnea, Arya è disponibile in una versione trasparente: dunque chi ci incontra continuerà a vedere tutto o quasi il nostro volto, non solo un pezzetto. Non rovina il trucco, ma su questo dobbiamo fidarci di quanto dichiara l'azienda perché non abbiamo potuto verificare. Soprattutto, essendo un po' più ampia delle rivali, dà una sensazione di maggiore comfort. Peraltro, a meno che non siano tondi ed enormi, appanna meno o quasi niente gli occhiali.

Arya esiste in tre versioni ed è stata pensata per un pubblico adulto, per bambini o per professionisti. Per tutti, l'elemento comune è la personalizzazione. I più piccoli possono per esempio colorarla o decorarla con i loro adesivi preferiti, gli adulti sceglierla di diverse tonalità in base all'occasione (esiste, come per gli abiti di moda, un lookbook: si va da un rosso per allenarsi a un nero per una serata elegante, più varie sfumature per intercettare ed enfatizzare il momento. Se è troppo o ci sta, decidetelo voi). Le aziende possono invece arricchirla con loghi e dintorni, per farla diventare parte dell'uniforme o della divisa di una società. Dando in parallelo ai propri dipendenti uno strumento riutilizzabile più e più volte.

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«Arya nasce dalla volontà di trasformare la mascherina da un oggetto imposto, scomodo e esteticamente poco appealing, oltre che poco green (nel caso delle usa e getta), in un accessorio confortevole, bello da vedere, personalizzabile, al 100 per cento riciclabile e da vivere anche come strumento di creatività e gioco per i più piccoli» spiega il suo inventore, l'architetto Paolo Colombo. Che aggiunge: «Grazie alla sua componibilità e possibilità di personalizzazione, Arya rompe gli schemi delle mascherine tradizionali e la versione invisibile lascia spazio al volto e alle emozioni, così da rimanere sempre se stessi».

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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