Con haimēwy Project, il mondo dello sportswear diventa sartoriale
Michela e Daniela Giannini (haimēwy Project)
Collezioni

Con haimēwy Project, il mondo dello sportswear diventa sartoriale

Il 40% delle vendite di abbigliamento online possono essere riassunte in una sola categoria, quella dell’activewear. Benché Karl Lagerfeld avesse una volta affermato che i pantaloni della tuta sono un segno di sconfitta, sentenziando «Avete perso il controllo della vostra vita se uscite con la tuta», la pandemia ci ha fatto riscoprire il valore della comodità, e della versatilità dei capi del nostro armadio. Senza però dimenticare la qualità. Lo sanno bene Michela e Daniela Giannini, fondatrici di haimēwy Project, la cui famiglia è presente nel settore del tessile e dell’abbigliamento da oltre 40 anni. È per questo motivo che con il loro brand le due imprenditrici hanno deciso di presentare un nuovo concetto di leisurewear: sartoriale, made in Italy e a chilometro zero.

Felpe, pantaloni e shorts dalle linee morbide e dai toni che rimandano ai colori della natura, vengono realizzati integralmente da un singolo artigiano che si fa carico dell’intero processo di produzione dall’inizio alla fine, seguendo l’intera filiera produttiva sino al confezionamento finale. Un lavoro d’amore, tanto che ogni capo è siglato da un ringraziamento scritto personalmente dall’artigiano che l’ha prodotto e realizzato.

Ciascun capo è realizzato in tessuto felpato 100% cotone e tinto a freddo con una tintura ecologica e certificata Oeko-Tex che consiste nel colorare il capo d’abbigliamento già confezionato. Il risultato è un colore polveroso che conferisce un effetto vintage. Il processo di prelavaggio garantisce stabilità ai capi che non modificano la tenuta e il fit. Indipendentemente dai lavaggi quindi, i capi haimēwy Project sono destinati a durare nel tempo.

Vi si potrebbe definire figlie d’arte visto che la vostra famiglia lavora nel tessile da molti anni. La passione per la moda è qualcosa con cui siete nate o che è cresciuta nel tempo?

«Siamo nate nella moda, ma nell’accezione più bella per noi, quella fatta di tessuti, filati, carta modelli, mani che si muovono tra macchine da cucire. Veniamo da una famiglia con una lunga tradizione nel settore del tessile e dell’abbigliamento. Siamo nate e cresciute in questo meraviglioso mondo e, oggi, rappresentiamo con orgoglio la terza generazione».

Come avete deciso di dare vita a questo progetto?

«Volevamo creare un brand tutto nostro, un brand dedicato al leisurewear creato dalle donne per le donne. Il nostro, come si evince dal nome della nostra label, è un vero e proprio progetto che ha come obiettivo quello di rendere sartoriale il mondo dello sportswear e, per farlo, ci avvaliamo solo dei migliori laboratori manifatturieri nel cuore Toscana».

haimēwy Project presenta un nuovo concetto di leisurewear basato sull’artigianalità. Come vengono prodotte le tute?

«Ogni capo viene seguito, in tutta la sua fase produttiva, da noi o dai nostri stretti collaboratori. Quindi estrema attenzione a ogni dettaglio. Inoltre, questa dimensione sartoriale vuole valorizzare la grande ricchezza manifatturiera del nostro territorio. Ci siamo resi conto che nel raggio di pochi km avevamo tutto il necessario per poter soddisfare un progetto così ambizioso. Nel triangolo delle province di Pistoia, Prato e Firenze si svolge tutto il processo produttivo del nostro brand».

Quanto è importante la sostenibilità per il futuro della moda?

«Importantissima. Noi cerchiamo di onorare costantemente questo valore. Con una produzione etica, sostenendo un vero Made in Italy, ovvero affidando il lavoro a laboratori locali. Questo tra l’altro ha un minore impatto ambientale azzerando quasi completamente il trasporto. Moda sostenibile vuol dire anche rispetto per l’ambiente. Ad esempio i nostri processi di tintura sono ecologici ed ecosostenibili, i tessuti certificati Oeko-Tex e i nostri packaging sono riciclabili al 100%. E, svincolandoci dal concetto di stagionalità delle collezioni, ma puntando alla creazione di progetti, siamo in grado di evitare la sovrapproduzione»

Come avete scelto i colori, tutti ispirati alla natura?

«La natura è stata fonte di grande ispirazione, è la nostra musa ispiratrice. Dopo il lockdown, il nostro era un desiderio di ri-connessione con la madre terra, i suoi colori, le sue vibrazioni positive. Abbiamo deciso di ispirarci così al verde calmo delle foglie, al giallo vibrante del mango, al lilla del glicine in fiore, ai toni polverosi della sabbia».

Il vostro non è un semplice brand, ma un progetto, come vedete il futuro di haimēwy Project?

«Cerchiamo di svincolarci dall’idea di stagionalità. Preferiamo puntare non tanto su collezioni ma su progetti con capi che possano essere indossati in tutte le stagioni, anno dopo anno, anche grazie alla scelta di tessuti di alta qualità. Un approccio più adattivo, moderno, flessibile e pragmatico. Il nostro obiettivo è meno season-focused. Vogliamo concentrarci più sui progetti, le silhouette, i colori, i tessuti, i dettagli, sulla sperimentazione, che sull’idea di stagione».

Siete due donne, due sorelle. Come guardate al ruolo della donna nell’imprenditoria?

«È sicuramente un ruolo complicato. Ma forti della nostra esperienza guardiamo con fiducia al futuro. La partita è aperta, molto è stato fatto e molto è ancora da fare. Noi donne imprenditrici vogliamo essere protagoniste di questa partita, con slancio, professionalità e impegno».

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Mariella Baroli