La casa degli specchi di Alessandro Michele
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La casa degli specchi di Alessandro Michele

«The seven-year itch» - ovvero la teoria secondo cui ogi relazioni sia a rischio dopo sette anni - non sembra aver colpito Alessandro Michele, mente creativa di Gucci dal 2015. Il “curioso” anniversario ha visto il ritorno della Maison nel calendario milanese con un evento che ha catalizzato l’attenzione della stampa internazionale. E - ormai altrettanto fondamentale - dell'universo social.

Quattro giorni prima dello show (quasi riduttivo parlare di sfilata quando si tratta di Michele), Gucci aveva pubblicato un video promozionale della sua «Love Parade» introducendo i volti più rappresentativi della Maison. Una festa, con un Jared Leto scatenato, osservato dallo sguardo inquisitore di Lee Jung-jae (protagonista assoluto di Squid Game, vincitore ai SAG Awards proprio in un completo Gucci). I due artisti si sono poi trovati a Milano, in prima fila, tra specchi e luci colorate. Insieme a loro Rihanna - col pancione ben in vista - e un numero sempre più crescente di personaggi dello spettacolo.


Decine di volti conosciuti riflessi in centinaia di specchi in una prospettiva reale ma «soffocante». A descrivere questa dicotomia è Alessandro Michele, in una nota per la stampa. «Sono sempre stato refrattario al mito della visione esatta che finisce inevitabilmente con il congelare la potenza immaginifica del mondo. Per questo motivo ho voluto recuperare un’altra qualità dello specchio. Quella cioè di costruire aberrazioni, incanti fantasmi».

La collezione per il prossimo autunno-inverno - chiamata «Exquisite» dal gioco di società surrealista Cadavre Exquis- mira a svelare la “magia” dietro la creazione di un vestito, tra moltiplicazioni, sostituzioni, rovesciamenti, ingrandimenti, riduzioni, dilatazione e strozzature delle forme. «Il vestito è lo specchio magico per eccellenza capace di reincarnare la nostra presenza nel mondo» ha raccontato Michele. «L’abito ha infatti la capacitò di riflettere la nostra immagine in una dimensione espansa e trasfigurata, significa attraversare una soglia trasformata in cui noi diventiamo qualcos’altro».

La fluidità di genere si trova al centro della conversazione con il doppiopetto blu scuro che apre la sfilata, ma anche gli smoking di velluto con dettagli di cristalli, plaid e paillettes. Ogni capo si fa portatore dell’eccellenza sartoriale del brand, capace di restare sempre attuale, come nella collaborazione con Adidas, annunciata proprio durante la sfilata.

L’estetica retrò-chic di Michele si sposa con il gigante dello sportswear in un vortice eclettico, capace di trasportarci in un nuovo mondo (il Metaverso, forse?) e metterci faccia a faccia con un’idea di libertà assoluta.

È interessante notare come due brand dalle storie così diverse come Gucci e Adidas posano apparire complementari. Basti guardare i loro loghi, entrambi fatti di strisce (Gucci ne ha due, rosse e verdi, mentre Adidas ne ha tre, bianche), ma anche il simbolo del trifoglio, a un occhio attento, appare simile all’iconica ape. Opposti ma complementari, uno il riflesso distorto dell’altro.

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Mariella Baroli