Sette giorni di amarcord (e brutti pensieri)
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Sette giorni di amarcord (e brutti pensieri)

Mennea volato in cielo, Turone, Pablito Rossi e il Brasile mai così vicino...

Certi  momenti sono così: una maglia dopo l’altra si forma una catena che sa  anche essere triste come la nostalgia. Guardando la data suggeriamo  perfino colonna sonora, che  non ci appartiene nel genere, ma va bene lo stesso: “Maledetta  primavera”, Loretta Goggi, 1981. Pietro Mennea aveva la medaglia d’oro  olimpica al collo sui 200, Mosca, 1980. Un anno prima aveva schiantato i  cronometri di Città del Messico: 19”72, primato mondiale  resistente per diciassette anni e a oggi ancora record europeo. Oggi  che lo salutiamo, senza farci prendere per mano dalla retorica, ma con  un silenzioso ricordo per chi ha avuto la fortuna di provare quelle  emozioni. C’eravamo, grazie…

Del  resto sono giorni strani, di amarcord selvaggio. A chi non sopporta lo  zucchero italiano, regaliamo un’altra perla  dell’epoca: Toto, “Africa”, 1982. Questo mentre rispuntano le immagini  del gol di Turone, o meglio del non-gol più famoso della storia del  calcio italiano. E si accende sull'archivio di stato della rai un  incendio, comico quanto infernale a 32 anni di distanza.  Ne mancano solo 31, poi sapremo tutto quello che c'è dietro il non-gol  di Muntari. E’ il Paradiso dei dietrologi, al quale preferiamo  certamente uno scomodo inferno contemporaneo.

Ma riappaiono anche altre  immagini d'archivio, classe 1982, sono quelle del  Mundial di Spagna e della tripletta di Rossi Paolo che diventa per il  mondo Pablito. Ultima volta che si è battuto il Brasile, anche se nel   94 in America siamo arrivati ad un paio di rigori dal  bis. Non possono che essere queste le locandine dell'amichevole più  affascinante che si possa giocare, senza dimenticare che pur sempre  di amichevole si tratta. In Svizzera, Ginevra, paese neutrale per  eccellenza.

E già che l'aria è quella del revival ecco che si torna a  parlare di Totti per la Nazionale ai mondiali: in fondo nei giorni del gol di  Turone era un bambino di 5 anni che andava all'asilo. Balotelli invece  era sulle stelle dove vivono i bambini dei sogni e pare meglio  guardare al futuro. Almeno è una operazione più incoraggiante e meno  nostalgica. Il Brasile continuiamo a non batterlo, ma finchè si tratta  appunto di amichevoli importa fino a un certo punto.

In fondo ai  Mondiali, cioè l’unica cosa che conta, non lo incontriamo  da una marea di anni e, come detto, quella volta ai verdeoro servirono  dei rigori svirgolati da nostri per alzare la Coppa del Mondo nel torneo più brutto di sempre (Usa,  Pasadena, 1994). Il resto è mancia, anzi sono quattrini di partite finte  e patinate. Noi non scambieremmo Balotelli con nessuno dei brasiliani  e da questo partiamo, con De Sciglio, Cerci, El Sharaawy, magari  Antonelli, più un pugno di bucanieri ancora vivi, che ci costringono a  guardare il futuro piuttosto che all’album dei ricordi. In fondo è  meglio vivere così, schiacciando l’acceleratore verso  il domani. La DeLorean, famosa auto di “Ritorno al  futuro”, la lasciamo volentieri a quelli che ancora discutono sul gol di  Turone, sul rigore di Ronaldo a Torino, su Calciopoli e gli scudetti  di cartione, sui misteri degli archivi della Rai. Ci manca solo il  torcicollo.

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Carlo Genta