Valentino Rossi: cinque ragioni per sperare nel titolo
Mirco Lazzari gp/Getty Images Sport
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Valentino Rossi: cinque ragioni per sperare nel titolo

Dalla rivoluzione stilistica del Dottore all'orgoglio ferito di Marquez, fino al nuovo slancio della Ducati. Ecco perché il decimo mondiale è possibile

Due vittorie nelle prime tre gare della stagione, con il terzo posto di Austin che grida ancora vendetta. Sei punti di vantaggio su Andrea Dovizioso, secondo in classifica, 29 sul compagno di squadra in Yamaha, Jorge Lorenzo, 30 sullo spagnolo volante che negli ultimi due anni ha messo tutti in riga nella MotoGp, Marc Marquez. Valentino Rossi vorrebbe, ma non può. Vorrebbe gridare forte la sua voglia matta di fare cifra doppia nell'elenco dei titoli mondiali, ma la scaramanzia e la prudenza sono tutto quando ti giochi un pezzo di storia a 300 Km/h. La maglia di Maradona esibita sul podio del Gran premio dell'Argentina? Un omaggio alla magnificenza sportiva di un campione che gli ha regalato spunti memorabili quando lui, il Dottore, studiava ancora i motori sui banchi di scuola. E poco importa se Diego il grande girava il mondo con il 10 sulle spalle. No, nessun riferimento al traguardo possibile di fine stagione. "Sembrava a molti, ma non lo è", ha spiegato il Vale rampante. Che poi si è lasciato scappare un sorriso che suggerisce altre derive. Via il cappello, Valentino, questa volta il titolo è a portata di incanto. Ecco perché...

La rivoluzione di Valentino

Chi lo conosce da vicino, sa che qualcosa è cambiato. Più o meno dall'estate dello scorso anno, quando ha preso coscienza di avere il fiato giusto per correre al passo dei migliori. I buoni risultati gli hanno dato conforto e motivazione, lo hanno convinto che la strada che aveva intrapreso era quella giusta. Sì, perché per tornare competitivo in una giungla d'asfalto colma di leoni ha dovuto profondamente rivedere il suo stile di guida, adattandolo alle nuove necessità imposte dalle gomme. Una rivoluzione, o poco ci manca. Come se dopo aver preso la patente per l'auto, ci dicessero che è tutto da rifare, perché i segnali stradali sono cambiati e al posto del volante bisogna imparare a dare del tu a una cloche in stile aereo. Un mezzo disastro. Per molti, certo, ma non per lui, che al nuovo traguardo ha dedicato tutto se stesso. A 35 si è rimesso in gioco con il piglio del debuttante. Un'umiltà, la sua, che sposta gli equilibri delle emozioni.

La nuova ossessione di Marquez

Presto o tardi, nella carriera di tutti i fuoriclasse dello sport arriva il momento in cui le cose che prima riuscivano benissimo, al limite della perfezione, si trasformino improvvisamente in scalate improbabili nel mezzo della tempesta. Succede a tutti, anche ai migliori. Basta che la fortuna si volti per qualche istante e, bum, il pallone rosso dell'invicibilità manifesta o presunta esplode in mille pezzi, lasciando tutti gli appassionati della prima ora con gli occhi sgranati, nell'attesa di conoscere le logiche del domani. In Argentina, Marquez si è sentito invincibile. Meglio, desiderava fortissimamente continuare a esserlo. Nel duello già deciso con Rossi ha peccato di presunzione, provando a tentare una sortita sulla carta impossibile e pure di più. Come è noto, gli è andata male. E l'errore alla prima curva in Qatar è figlio della stessa necessità: difendere a spada tratta il trono di migliore al mondo. Per due anni, la fortuna gli ha dato una mano. Ora sembra avergli voltato le spalle. Potrebbe essere un momento, o forse no. 

Pedrosa fuori causa

Lo dicono i fatti. Nelle nove stagioni in sella a una delle moto più veloci del mondiale ha raccolto meno di quanto fosse lecito aspettarsi. Tre volte secondo, tre volte terzo, due volte quarto e una quinto. Quando nel box Honda si brindava al trionfo, era per accompagnare la parata del suo compagno di scuderia. Prima Hayden, poi Stoner, quindi Marquez. Gli altri vincevano, lui no. Colpa di un carattere troppo mite per recitare il ruolo dell'incursore, si dice da tempo fuori e dentro il paddock. Tuttavia, va riconosciuto al pilota spagnolo il merito di aver fatto da tappo, come possibile, alle sfuriate degli avversari più temibili, agevolando così il compito al coinquilino del momento. Per intenderci, nella gloria del Marquez dell'ultimo biennio c'è anche uno spicchio di Pedrosa. Lui come il Sancho Panza di Miguel de Cervantes. Scudiero al servizio del cavaliere. Si è fatto da parte dopo il passaggio in Qatar per sistemare il guaio al braccio e al suo posto gira, anzi, giracchia il collaudatore giapponese Aoyama. Che purtroppo per la Honda e per Marquez del Sancho Panza di cui sopra non ha nemmeno gli stivali. 

Lorenzo fuori forma

Ha ragione lui. Le prime tre gare del 2015 sono andate sicuramente meglio rispetto alle prime tre gare del 2014. Ricordate? La caduta in solitaria in Qatar, la falsa partenza da Scherzi a parte ad Austin, roba da non dormirci la notte per l'imbarazzo. Ventidue punti contro 37. Già, lo dicono anche i numeri: Lorenzo ha iniziato decisamente meglio. E invece, no, va malissimo. Sì, perché la pista non mente mai e racconta come vanno le cose meglio di tante classifiche. Se Vale vola, Jorge arranca. Stessa moto, due pianeti distantissimi. Per determinazione, coraggio, risultati. Certo, la bronchite del Texas ha condizionato non poco la prestazione del compagno di squadra di Rossi. Ma la delusione di Termas de Rio Hondo fa giurisprudenza. "Non ero a mio agio sulla M1", la sentenza a fine gara. Abbacchiato e sconfitto, Lorenzo non ha ancora trovato la giusta confidenza con la Yamaha. E chi sta davanti non ha alcuna intenzione di aspettarlo. 

Le Ducati velocissime

Quando alla presentazione della nuova Desmosedici si è lasciato prendere dall'entusiasmo dichiarando che l'obiettivo della stagione sarebbe stato vincere almeno una gara, be', in pochi gli hanno dato il giusto credito. Come è possibile trasformare una moto discreta e nulla più in un missile terra-aria in grado di fare venire i brividi per lo spavento alle navigatissime giapponesi? Gigi Dall'Igna, nuovo capo della gestione sportivo della casa di Borgo Panigale, ha risposto con i fatti, confezionando una macchina su due ruote veloce e affidabile. Nuova eppure già molto efficiente. Tanto che Dovizioso e Iannone non stanno nella pelle per la felicità. E potrebbero essere proprio loro gli alleati migliori di Rossi nella lunga corsa alla "decima". Perché la voglia di affermarsi dei due Andrea tricolore è pari all'orgoglio ferito di Marquez. Nelle gare tiratissime che seguiranno, né i piloti Ducati né il pilota Honda regaleranno un centimetro alla concorrenza e quando si corre al limite, lo spiegano i maestri del motociclismo, l'errore è dietro l'angolo.  

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Dario Pelizzari