Il destino dell'Italia e l'elogio del biscotto
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Il destino dell'Italia e l'elogio del biscotto

Scandalizzarsi per un pareggio tra Spagna e Croazia? Anche noi faremmo lo stesso approfttando di una posizione di vantaggio. E' la legge dello sport

Vi scrivo, facendolo apposta, mentre l’Irlanda e la Spagna sono in fila in mezzo al campo. E vi dico subito che non aspetterò la fine di questa partita, perché è più divertente così. Sono lì e attendono le note dei loro inni con l’idea che a nessuna mente piccola venga in mente di fischiarli. A noi è successo di subire questo schiaffetto vigliacco anche dai croati: del resto siamo gli inventori di ‘sta porcheria da viscidi, come ricorderanno quelli che avevano già l’età della memoria a Roma ’90 e Diego Maradona lanciava un “hijo de puta” in mondovisione. Ma questa è un’altra storia.

Quella di cui vorremmo parlare è più che altro è più che altro un profumo: quello del biscotto che sta per essere infilato nel forno bianco-rosso-blu. Sì perché ci siamo appena ficcati nella stessa posizione dell’Europeo precedente e di diversi altri tornei: l’angolo delle squadre che non sono padrone del loro destino. Ops, 1-0 Spagna: 4’ Torres. Il profumo diventa irresistibile. Pari dei Campioni del Mondo con  la Croazia lunedì sera e Cassano irrigherà il campo con le lacrime, proprio come quella notte portoghese di quattro anni fa con la Bulgaria. Nemmeno il Trap, che visse quello stesso giorno, riuscirà a consolarlo.

Vi piacerebbe dicessimo che sono tutti dei farabutti e dei truffatori, svedesi, danesi e (ancora in potenza) croati e spagnoli. Da che pulpito poi, con le nostre sfilate di calciatori in visita nelle procure e nelle patrie galere. Vi piacerebbe comunque. E invece non lo facciamo. Perché il biscotto per fini sportivi e parte del grande gioco dello sport. Due squadre si procurano per merito o per fortuna una posizione di vantaggio e la sfruttano fino in fondo, facendo fuori una diretta concorrente per il titolo, ammesso che l’Italia lo sia.

Vero che ci sarebbe in ballo il primato nel girone e successivo accoppiamento e pure su quello verranno fatti conti debiti: ma il rischio non vale per forza la candela. Meglio andare avanti con certezza e a braccetto. Fossimo al posto loro, faremmo lo stesso. Purtroppo siamo, come al solito dalla parte sbagliata. E rosichiamo, scomodando tutti i sacri principi della lealtà sportiva.

Quanto all’Italia. Per una settantina di minuti abbiamo pensato di avere se non una grande squadra, almeno una squadra grande, adulta, capace di contenere l’energia croata, di avvelenare la fonte della loro fantasia e di incorniciare il primo tempo con un arcobaleno di Andrea Pirlo, cui gli uomini a scacchi avevano messo addosso subito molte mani e molti piedi.

Poi è paradossale come all’uscita del ragazzino Balotelli, che fin lì era andato tutt’altro che male e all’ingresso dello zio d’Italia Di Natale (nonno sarebbe un po’ troppo), si invecchi di colpo. Non per colpa sua, sia chiaro, ma per un cross dalla sinistra sul quale Chiellini salta a farfalle e un croato con la faccia e il nome da cattivo, Mandzukis, ci spedisce nell’angolo di cui sopra. Invecchiamo di colpo, appunto e il finale più che un assalto azzurro diventa una sofferenza, nella quale non costruiamo più nulla e ci facciamo soffocare dalla pressione croata. Adesso perdiamo diverse certezze e ne aggiungiamo una: sarà difficile. Ma guarda: 2-0 Spagna, 4’ della ripresa Silva. Chiudiamo qui, sennò che gusto c’è a fare pronostici.

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Carlo Genta