Il calcio secondo De Rossi: "Resto, ma le bandiere non esistono"
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Il calcio secondo De Rossi: "Resto, ma le bandiere non esistono"

Il City gli offriva 50 milioni in cinque anni ma ha rifiutato. Troppo legato a Roma anche se ammette che un giorno potrebbe andarsene. E su Zeman...

Il suo passerà alla storia come i rifiuti celebri di Gigi Riva e Giancarlo Antognoni. Gente che restare legata alla città che li amava ha rinunciato a carriere vincenti e più ricche. Scontato secondo molti, quelli che 'Capitan Futuro' mai se ne sarebbe andato anche di fronte a un'offerta monstre. Scontato ma non troppo e, soprattutto, a differenza di tanti Daniele De Rossi ha scelto di mettere la sua faccia sul no al Manchester City chiarendo un paio di concetti che sarà il caso di stamparsi a futura memoria.

Quando, magari tra un anno, si tornerà a parlare di mercato e magari il centrocampista della Roma avrà pensieri diversi da quelli di oggi. Che sono d'amore per il club giallorosso, ma anche chiari e in linea con il nuovo calcio. Le bandiere non esistono più. Esistono calciatori che fanno delle scelte e non sempre sono puntate alla massimalizzazione del guadagno. De Rossi rimane insomma un giocatore moderno anche per concezione. Guai a verstirlo di un abito antico. Meglio leggere e cercare di capire anche cosa dice tra le righe.
"SARO' IO A DIRE QUANDO ME NE ANDRO'" - Primo concetto in chiaro. Nessuna certezza che il divorzio da Roma non sarà mai consumato, ma un rapporto con la città che gli permette di dire che a nessuno sarà consentito di mettersi in mezzo e decidere al posto suo. De Rossi dice: "Dopo tutte queste tarantelle devo dire la mia. Il giorno che vorrò andarmene, e non credo che succederà a 29 anni ma potrebbe sempre essere, verrò qui e lo dirò, assumendomi le mie responsabilità".
"INCEDIBILE? NEMMENO ZIDANE" - Sabatini gli aveva attaccato il cartellino del prezzo parlando di offerta 'indecente' e citando a esempio i 100 milioni di euro. De Rossi si sottrae al giochino perché non gli va di legarsi a un valore di mercato che potrebbe rivelarsi una prigione per quanto dorata: "È difficile quantificare una proposta indecente: se per qualcuno valgo 100, per altri potrei valere zero. Però nel calcio sono stati ceduti Zidane, Cristiano Ronaldo". Come dire: non escludo che un giorno possa anche toccare a me.
"LA VERITA' SULLA TELEFONATA DI MANCINI" - La vulgata ha riportato di una telefonata in cui il Mancio gli avrebbe detto: "Non fare come Totti che per restare a Roma non ha vinto nulla". Delitto di lesa maestà sotto il Cupolone. Sarebbe facile smentire sdegnati, invece De Rossi non si nega: "Ho parlato una volta con Mancini che voleva sapere cosa ne pensavo, lo stimo e faccio sempre il tifo per lui. Ma non è un referente, non è un mio amico. E' stata una pressione mediatica forte: ho detto alle parti interessate che io volevo rimanere e pressioni non ne ho più avute. Poi sono pressioni piacevoli".
"IO E TOTTI" -"Totti finirà la carriera come minimo con uno scudetto. E' poco per uno come lui, che poteva vincere il Pallone d'oro. Io sono forte ma non sono un talento indiscutibile come Francesco, ma chiudere uno scudetto nei prossimi 5 anni vorrebbe dire chiudere al massimo la mia carriera».
"ZEMAN? PREFERIVO MONTELLA" - Resta e resta da leader. Questo deve essere chiaro a tutti e per sottolinearlo getta nello stagno giallorosso anche il sasso più grosso. La piazza impazzisce per il ritorno di Zeman? Lui lo applaude, ma non si nasconde: "Speravo che Luis Enrique si potesse prendere una rivincita, ma dopo che è andato via non ho mai messo in dubbio la mia permanenza. Si è detto che ho problemi con Zeman, ma una bugia clamorosa. Quando stavano per scegliere l'alleantore, speravo prendessero Montella. Pensavo potessi avere problemi con Zeman, invece ho trovato completamente una persona diversa da come mi aspettavo, è molto piacevole".
Questo il pensiero di De Rossi, calciatore moderno e uomo che ha scelto nuovamente Roma e la Roma dopo aver fatto il regalo di un rinnovo di contratto che, se non sottoscritto, gli avrebbe consentito di diventare ricco sfondato trattando da solo l'approdo alla sua nuova società. Una scelta dettata anche da motivi personali e di famiglia oltre che dal cuore e dalle valutazioni sulla sua carriera. Le parole con cui l'ha ribadita, però, meritano di restare impresse nella memoria perché nessuno si azzardi a chiamarlo traditore se tra un anno decidesse invece che è arrivato il momento di andare via.

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Giovanni Capuano