Monza e la Formula 1 che non c'è più
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Monza e la Formula 1 che non c'è più

Ricordi di un tifoso che per anni ha frequentato l'autodromo e che ora rimpiange quei tempi

Se, come me, vivi a 500 metri dall'autodromo di Monza capisci che queste non sono giornate normali. Lo capisci dai cartelli, che invadono strade e rotonde. Lo capisci dall'euforia che riempie il Parco anche se ci vai solo per correre. Ma la verità è che Monza non è più la stessa, come la Formula 1, come noi.

La prima volta che ho visto le auto sfrecciare avevo 6 anni. Il tempo di imparare ad usare bene la bici, zaino e panini in spalla e via andare. Anche perchè c'erano le Frecce Tricolori da vedere e che da sole valevano il prezzo del biglietto con il loro volare ad altezza alberi...

Mio zio Nando non aveva dubbi. Mi portava all'esterno della seconda di Lesmo, dove le auto sembravano venirti addosso: "E' qui che vedi quali sono i veri piloti, anzi, i veri uomini..."

Poi si andava via per ultimi, e spesso si tornava il lunedì mattina (se non era cominciata la scuola) perché era abbastanza facile entrare nei box e portarsi via un pezzo di una vettura se non persino una gomma.

Il passare degli anni ha poi trasformato la semplice gara in una vera e propria gita di fine estate. Che cominciava già la settimana prima, con un giro alla variante Ascari per segnalare con lo scotch la nostra aresa di competenza. Biglietti? Nemmeno a parlarne. Si entrava di notte, si passava dai campi da golf (che spettacolo camminarci a piedi nudi), con l'umidità che creava una nebbiolina da film horror, e si utilizzava uno degli innumerevoli buchi nella recinzione per mettere il proprio piede all'Autodromo Nazionale.

Festeggiavamo "l'impresa" mangiando una salamella in uno degli innumerevoli baracchini che erano aperti 24 ore su 24.

C'erano mostre dappertutto, esposizioni, auto moderne e d'epoca. Cerano le ragazze immagine che regalavano poster e adesivi. C'erano i venditori dei giornali che alle 6 passavano nei prati. C'era il rumore dei motori che venivano provati anche di notte. C'era vita nei box ed in giro.

La sera poi, prima dell'imbrunire si giocava a pallone in pista (per voi che vedete la tv da casa sappiatelo: è molto larga e molto lunga!!!). Poi si facevano grigliate di ogni tipo, su tutte quella di un Ferrari Club del modenese, talmente numeroso che la griglia era un cancello sul quale erano state saldate altre sbarre. Si mangiava in 50, tutti assieme.

Erano gli anni di Villeneuve che veniva guidando il suo elicottero, di Alesi che vedeva sfuggire il successo a portata di mano per un guasto al cambio; di Senna, che frenava per ultimo all'Ascari; di Alboreto che frenava invece per primo.

Ora è tutto diverso.

Non ci sono le frecce tricolori, dentro c'è di fatto il deserto. Per entrare servono pass di ogni tipo e ci sono più controlli qui che alla Banca d'Italia. Ci sono i maxi schermi e le poltroncine. I bus navetta per i tifosi. Ma la seconda di Lesmo adesso si fa in terza ed è una curva da pensionati.

Rivoglio la mia cara e vecchia Formula 1 (ed i miei 20 anni) ma so che è impossibile.

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