F1, le pagelle del Gp d'Ungheria
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F1, le pagelle del Gp d'Ungheria

Hamilton e Raikkonen fenomeni, Alonso osserva e lascia fare. Ma quanti sbadigli...

9 – Lewis Hamilton. Il migliore nelle prove del venerdì. Il migliore nelle qualifiche di sabato. Primo al traguardo sulla pista ungherese dell’Hungaroring, per la terza volta in carriera. Altro che Webber, è il pilota britannico della McLaren il pericolo numero 1 del ragionier Alonso. E fortuna per i tifosi di Maranello che a Hockenheim il grilletto della pistola di Hamilton si è inceppato, al termine di un filotto negativo che ha preso forma dal Gp d’Europa a Valencia. Perché Hamilton è un treno, che procede a tutta birra su un binario, la McLaren, che fila dritto che è un piacere. “Non vedo l’ora di poter affrontare la seconda parte della stagione”, ha detto Lewis a fine gara. Convinto che ormai il vento sia cambiato e si possa finalmente fare sul serio.

8,5 – Kimi Raikkonen. Prima domanda: perché un pilota di questa classe è stato fatto fuggire dalla F1 in direzione rally quando era ancora tra i migliori del Circus? Seconda domanda: perché il finlandese dagli occhi di ghiaccio non trova il modo con gli ingegneri Lotus di girare come si deve anche in qualifica? I fatti dimostrano che se l’ex campione del mondo fosse partito nelle prime posizioni almeno in un altro paio di gran premi, ora le cose andrebbero decisamente meglio. Per la Lotus, si intende.

Perché in gara Kimi è un tornado incontenibile. Un killer. Vedere per credere il balletto a due con il compagno di squadra Grosjean, roba da far tremare i polsi ai box del team in nero. Dicono che la Ferrari lo stia cercando per il dopo Massa. Ci pensate? Alonso e Raikkonen. Come mettere insieme Ibrahimovic ed Eto’o. The best of, finché dura…

8 – Fernando Alonso. “Bomba o non bomba, noi, arriveremo a Roma”, cantava Venditti alla fine degli anni Settanta. E gara dopo gara, il pilota di Oviedo si sta convincendo che quello che sembrava impossibile soltanto fino a un paio di mesi fa, vale a dire la vittoria del Mondiale, è ora a portata di mano. A patto che, appunto, si badi al sodo e non si rischi più del necessario. Perché gli altri, parola di Alonso, sono più veloci.

E per chi punta al successo finale, le tappe sul percorso di avvicinamento rappresentano soltanto un modo come un altro per mettere da parte punti pesanti. Agli altri la vittoria, a noi la gloria. Domenicali lo pensa, ma non lo dice. Per la conferma, telefonare ore pasti a Sua maestà Bradley Wiggins, trionfatore del recente Tour de France.  

8 – Romain Grosjean. Il 26enne francesino della Lotus centra il terzo podio della carriera. Niente male se si considera che il pilota che è venuto alla luce a Ginevra corre in F1 dalla fine della scorsa stagione. Esuberanza ed entusiasmo da tenere a bada, ecco il vero guaio della spalla di Raikkonen. Perché Romain non si accontenta di fare la comparsa. Quando corre, spinge al massimo, rischiando tantissimo. E non è un caso che la sua macchina finisca spesso parcheggiata dalle parti dei box prima della fine della gara. Anche lui alla Ferrari? Ma sì, uno in più, uno in meno…

6,5 – Sebastian Vettel. Gli fosse andata bene anche questa volta, con un cambio gomme a sorpresa a 11 giri dal termine della gara, saremmo qui a celebrare l’ingegno e il coraggio del pilota tedesco. Che fa del suo meglio per raggiungere il podio e rosicchiare punti e autostima ad Alonso, senza però riuscire nell’impresa che fa ancora sudare freddo al collega spagnolo. Lontani i tempi in cui tutto era decisamente facile, ora il compito è fare a spallate dall’inizio alla fine per mettere fuori gioco i piloti McLaren e Lotus. A volte riesce, a volte meno.

6 – Felipe Massa. Come dire, per farla guidare a uno così allora a Monza mi metto io tuta e casco... Il brasiliano non c’è più da tempo. Corre, ma non corre davvero. Maranello gli ha già dato il benservito. Lui scalcia, fa quello che può, ma ormai ha capito che i giochi sono fatti. Lui fuori, dentro qualcun altro. Per la gioia dei tifosi Ferrari, che spesso non capiscono come abbia fatto a conquistare Jean Todt. Nono posto in Ungheria. Per la serie, “ehi, sono qui, mi vedete?”.

5 – Red Bull. D’accordo, ormai è una gara a chi la spara più grossa sul team della lattina. Quasi a cadenza regolare, sui giornali made in Germany e non solo trova spazio l’ennesima rivelazione choc sulle scelte al limite del regolamento della scuderia di Vettel e Webber. A Hockenheim, la Red Bull ha rischiato una sanzione per la mappatura del motore. In Ungheria, si è parlato a lungo del meccanismo che avrebbe consentito fin qui al team di modificare le sospensioni anteriori. Tante parole e poi nulla, allarme rientrato, tutto a posto.

La Fia osserva e dice che è tutto ok. Perché il regolamento fa acqua da tutte le parti e i margini per inventarsi la qualsiasi sono enormi. Tuttavia, è ormai evidente che alla Red Bull ci abbiano preso gusto a sguazzare a bordo pista con scelte che la dicono lunga sul ritardo della macchina giallo-rossa-blu dalla McLaren e dalla Ferrari. Ricominciamo?

4 – Pista di Hungaroring. Ovvero, come trovare lo sbadiglio a pochi giri dal via. 14 curve e un solo rettilineo, corto che più corto non si può. Sorpassi vietati dalla logica, più che dalla prudenza. Chi parte davanti, vince. E fine dei giochi. Pit stop a parte, le uniche emozioni in due ore di noia. Come giocare a pallone in 11 contro 11 in un appartemento di 100 metri quadrati. Tira tu, che tiro io. Sai che divertimento.

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Dario Pelizzari