Juventus, il nuovo stadio diventa un “caso” politico

Juventus, il nuovo stadio diventa un “caso” politico

Pochi giorni fa su questo blog si parlava di nuovi impianti sportivi, e del fatto che il primo (e finora unico) progetto realizzato in house ed economicamente sostenibile nel medio/lungo periodo fosse rappresentato dallo Juventus Stadium di Torino. Evidentemente, …Leggi tutto

Pochi giorni fa su questo blog si parlava di nuovi impianti sportivi, e del fatto che il primo (e finora unico) progetto realizzato in house ed economicamente sostenibile nel medio/lungo periodo fosse rappresentato dallo Juventus Stadium di Torino. Evidentemente, però, i vertici della società bianconera devono avere pensato che servisse altra linfa.

Due giorni fa, con quello che alcuni osservatori hanno definito un vero e proprio blitz, il consiglio comunale del capoluogo piemontese ha infatti approvato una delibera in base alla quale la quota massima di edilizia residenziale consentita all’interno dell’area, concessa in comodato alla Juventus per 99 anni, passerà da 6 mila a 12 mila metri quadri.

Il cda della Juventus visita il cantiere del nuovo stadio nel 2010: al centro Andrea Agnelli (credits: Daniele Badolato /LaPresse)

Risultato? Come sempre accade nei casi in cui viene aumentata a dismisura la cubatura edificabile, l’area circostante lo Juventus Stadium diventerà molto più redditizia per il titolare della concessione e gli eventuali appaltatori e partner futuri. Polemiche ambientaliste a parte, però, c’è un dato economico da sottolineare: la Juventus ha ottenuto la delibera senza che il canone concordato al momento dell’avvio dei lavori venisse ritoccato di un centesimo.

Per questo motivo in Piemonte il centrosinistra, che amministra sia Torino sia il comune di Venaria nel cui territorio si trovano parte dei terreni, si è spaccato. Il capogruppo del Pd nel capoluogo, Stefano Lorusso, ha dovuto ammettere la scarsa coerenza di una delibera come questa che, pur rilasciando ampi margini di crescita ai costruttori, non comporti un analogo benefit per chi quelle aree le ha concesse.

Soprattutto in un  momento come questo, in cui le finanze comunali sono al collasso e di una nuova ondata di cemento nessun urbanista sentiva il bisogno: Torino, nei 17 anni trascorsi dall’ultimo piano regolatore, ha approvato oltre 250 varianti e riconvertito al residenziale, complice la crisi Fiat, quasi 3 milioni di metri cubi di ex fabbriche, con un indice di urbanizzazione quasi doppio rispetto alla media italiana e benefici importanti per chi quelle aree le ha dismesse (molte volte si è trattato della stessa Fiat).

Come andrà a finire la vicenda? Difficile capirlo: per ora la decisione, visto l’inatteso boom di emendamenti soprattutto da parte di M5s e Idv, è stata rinviata a lunedì. Silenzio imbarazzato dalla maggioranza, così come dalla Juventus e dal sindaco Piero Fassino. Che fonti a lui vicine dipingono comunque sereno e convinto della bontà del progetto. Tanto da aver assegnato al Politecnico una nuova perizia sul prezzo dei terreni per sgomberare il campo da qualsiasi dubbio.

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