Che bell'arcobaleno di sport, senza calcio
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Che bell'arcobaleno di sport, senza calcio

La Errani, Zanardi, la Vuelta, Il basket azzurro. Giorni di grande sport anche senza il "Dio Pallone"

E’ un inizio settembre coloratissimo e la cosa più divertente è che in questo caleidoscopio sportivo, il calcio c’entra nulla. Sì, viene strillato in prima pagina dai tre quotidiani parrocchiali, ma solo perché così vuole la religione. Come quelli che escono dalla solita messa la domenica e dicono “ma questo prete proprio non mi piace, vorrei sentire altre cose”. Poi tornano lì.

A guardare bene, il fatto più interessante della settimana del pallone è stato quello di un trentottenne che decide di andare a vivere in uno dei posti più belli del mondo per due anni in cambio di oltre tre milioni e di un impegno agonistico pari a quello di chi, di noi, gioca a calcetto una vola a settimana. La Nazionale a settembre, siate onesti, non interessa nemmeno ai maniaci. Il mercato è finito. La Champions non è ancora cominciata e nemmeno il campionato, salvo un paio di spot ad uno e consumo di chi paga. Le televisioni. Il colore sta tutto intorno. In tutto quello di cui noi, categoria, siamo accusati di non parlare mai.

Allora parliamone, a un patto: vietata la retorica. Che può scendere a fiumi quando c’è Alessandro Zanardi che alza il suo attrezzo dopo aver vinto la medaglia d’oro. Sulla stessa pista, Brands Hatch, sulla quale quando era un pilota di auto, aveva preso la sua prima pole position in carriera in Formula 3000. Tanti anni e una disgrazia fa. L’abbiamo incontrato per caso un mesetto fa al ristorante nel piacentino, dove la spedizione paralimpica italiana era in ritiro: due braccia così, la stretta di mano come una tenaglia e la voglia di oro già negli occhi. Sempre il carisma di chi, dopo averci fatto due chiacchiere di rito e di forma, ti fa uscire dalla porta sereno.

Intanto, mentre Buffon dice che alla Juventus manca tanto Conte in panchina e Osvaldo liscia Totti in conferenza stampa, due tenniste non più ragazzine (26 e 29 anni), Sara Errani e Roberta Vinci, si giocano un derby che vale la semifinale su uno dei quattro campi più importanti del mondo: quello ora blu degli Open degli Stati Uniti. Il risultato è la partita in sè, il 6-2  6-4 di una Errani che gioca un tennis troppo cattivo per quello più bello e morbido, un po’ vintage di Roberta, è un dettaglio che vale per le statistiche e per una semifinale che pare impossibile contro il cannone di Serena Williams.

I quotidiani in ciclostile titolano in coro “E’ una Juve da Champions”, parole attribuite a Mourinho e Ancelotti. Intanto la Nazionale italiana di basket, giustamente spernacchiata negli ultimi, tristissimi anni, vince la settima partita consecutiva nel girone dominato di qualificazione agli Europei. Spigolature, direte voi. Lo fa in Turchia, un posto in cui da tempo prendiamo lezioni anche coi club. E allora andatevi a vedere gli ultimi due minuti e la faccia di quei giocatori, che abbiamo (giustamente) pigliato a pesci in faccia per averci lasciato fuori dalle Olimpiadi con tre giocatori da Nba. Adesso ce n’è uno solo, Gallinari, e conta quanto gli altri, certe volte meno.

Inter e Milan si grattano le loro rogne, la Roma giallorossa sta beatificando con largo anticipo Zeman. Alberto Contador, dopo quella storia del filetto avvelenato che l’ha buttato giù dalla bicicletta e dal trono per otto mesi, fa saltare la Vuelta scappando da solo in salita. Lo sappiamo, molti non ci credono più ed è difficile dargli torto, mentre in America esce “The secret race”, l’ultimo agghiacciante libro sulla presunta cupola del doping gestita da Lance Armstrong. Ma qualche volta anche questi tuffi nel dubbio e nell’orrore sono più interessanti di Del Piero che dice: “Avrò sempre la Juventus nel cuore”.

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Carlo Genta