Terza stella, ora Agnelli rischia il deferimento
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Terza stella, ora Agnelli rischia il deferimento

Ha detto di non riconoscere il conteggio degli scudetti della Figc. In caso di processo potrebbe anche essere squalificato, ma fin qui la Procura non gli ha mai chiesto conto degli attacchi contro Abete

La sortita di Andrea Agnelli sull'aritmetica degli scudetti diversa da quella della Figc potrebbe costare al presidente della Juventus un deferimento per dichiarazioni lesive del prestigio, della reputazione e della credibilità dell'istituzione federale. Agnelli ha usato poca diplomazia per spiegare la scelta di oscurare le due stelle dalla maglia juventina della prossima stagione sostituendole con la scritta '30 sul campo'. Un'esigenza dettata forse anche dal malcontento serpeggiante nel popolo bianconeri e in particolare nelle frangie più decise nel voler rivendicare i titoli cancellati da Calciopoli e che hanno giudicato la decisione di non mettere la terza stella come un passo indietro dopo me di battaglie e dichiarazioni.

La spiegazione fornita da Agnelli è suonata, dunque, come una nuova dichiarazione di guerra ad Abete: "Abbiamo preso le due stelle e le abbiamo tolte perché non riconosciamo più il conteggio della Federazione" ha detto chiarendo poi a cosa si riferisse perché non restassero dubbi. "Noi contiamo i nostri titoli: uno, due ,tre e... arriviamo a 30. La Figc parte e a un certo punto ne salta due e si ferma a 28" è l'aritmetica diversa che affonda le radici come ovvio nella scelta di non revocare lo scudetto 2006 all'Inter.

Una delegittimazione completa della Federcalcio e dei suoi atti a partire dalla delibera che nel maggio del 1958, proprio su proposta della Juventus, spinse il Consiglio Federale a istituire "un particolare distintivo di cui possono e potranno fregiarsi le società  che abbiano vinto 10 campionati di Divisione Nazionale Serie A", per finire con la dichiarazione di incompetenza del luglio scorso sull'esposto relativo a Calciopoli.

Il Codice di Giustizia Sportiva fa riferimento ai rapporti tra società, tesserati, dirigenti e organi istituzionali in un paio di passaggi. Nell'articolo 1 ('Doveri e obblighi generali') obbliga i primi "all'osservanza delle norme e degli atti federali" e a comportarsi "secondo principi di lealtà, correttezza e probità". All'articolo 5 ('Dichiarazioni lesive') si specifica che qualora le dichiarazioni "ledano direttamente o indirettamente" prestigio e credibilità dell'istituzione federale scatta il deferimento e il processo a meno che l'autore della dichiarazione non sia in grado di "provare la verità dei fatti".

Per capire sono gli articoli per cui in passato sono stati spesso deferiti e squalificati presidenti 'focosi' come Prezioni, Lotito o Zamparini per aver messo in dubbio la buona fede di arbitri e Figc dopo qualche direzione di gara controversa. Dichiarando di non riconoscere l'aritmetica della Federazione Agnelli si è forse spinto oltre e in ogni caso ha aperto un nuovo fronte di polemica con il presidente Abete che aveva avallato la scritta '30 sul campo quasi come onorevole compromesso tra la guerra totale rappresentata dall'indossare la terza stella e una resa senza condizioni da parte della Juventus.

Sarà la Procura federale a decidere se esistono gli estremi per il deferimento di Agnelli che rischia un'ammenda da 2.500 a 50.000 euro o - se la critica fosse giudicata grave - una squalifica fino all'inibizione a tempo a ricoprire qualunque carica federale o rappresentare la Juventus nelle sedi istituzionali. Nulla di irreparabile, ma si tratterebbe di un gesto dal grande valore politico. In passato gli attacchi verbali alla Figc da parte dei dirigenti juventini sono stati tollerati. Nel maggio scorso, ad esempio, nessuno chiese conto ad Agnelli del tweet al veleno contro Abete: “Se dopo un anno dalla presentazione del nostro esposto nessuno si muove evidentemente è perché qualcuno ha la coscienza sporca”. Va anche detto che non esiste alcun obbligo di mettere sulla maglie le stelle ma solo la possibilità così come sancito dalla delibera del 1958. Anche il regolamento della Lega non cita in alcun passaggio la questione.

Sul tavolo c'è la causa da 443 milioni di euro per il risarcimento dei danni provocati dalle sentenze dell'estate del 2006 al centro anche del tentativo di mediazione promosso dal presidente del Coni Petrucci e fallito in inverno. Una partita delicata e che fin qui ha evidentemente consigliato prudenza agli organi federali. Ora però Agnelli ha esplicitato la sua delegittimazione del massimo organismo del calcio italiano. Potrà la Figc girarsi dall'altra parte e fare finta di niente?

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Giovanni Capuano