Quell'atto di fede del credere nello sport in Italia
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Quell'atto di fede del credere nello sport in Italia

Scommesse clandestine, frodi fiscali, doping, morti sospette. Dal calcio al resto, va fatta pulizia prima che si spenga anche l'ultimo entusiasmo

Frodi fiscali (vere o presunte), inchieste riaperte, rivelazioni su doping e giri di droga, camorra e grande criminalità organizzata, scommesse, chat e intercettazioni. Chi in questi giorni ha avuto la forza di arrivare in fondo alla lettura di un qualsiasi quotidiano sportivo italiano, andrebbe premiato con una medaglia al valore. Oro puro, 24 carati.

Esercizio di fede essere appassionati di sport in Italia. Fede cieca, perché chi ha gli occhi e legge sui giornali la marea di fango che sta travolgendo i nostri eroi di oggi e di ieri, cancellando miti e riesumandone altri, potrebbe avere la tentazione di chiudere tutto e dedicarsi ad altro. Difficile dargli torto, ora che i nostri stadi, i palazzetti dello sport, le piscine e ogni luogo dove si corra, nuoti, gareggi e ci si misuri si sta lentamente trasformando in una gigantesca aula di tribunale. Un panorama deprimente e che in buona parte spiega perché i luoghi sacri dello sport italiano siano sempre meno praticati.

Non è solo un problema di stadi (confortevoli ed educati come potevano esserlo nel Medioevo). Non è un caso che un’esibizione tra quattro ex tennisti attempati muova più interesse di un qualunque altro evento da palazzo dello sport nel fine settimana. E non è un caso che il boom delle ragazze del volley, che ci siamo appena lasciati alle spalle, sia in larga parte dipeso dal profumo di freschezza che quel gruppo e quell’ambiente ci hanno fatto respirare per un po’, prima di rituffarci nel veleni di casa nostra.

Come siamo arrivati fin qui? In parte, va detto, è un merito perché in Italia si è scelto, un po’ per forza e un po’ per convinzione, di combattere seriamente alcune battaglie. Se si parla di doping è perché esiste una magistratura che non si arrende e che ha il coraggio di scavare nelle mancanze e nelle omissioni altrui. Ci sono luoghi e sistemi, viene in mente la Spagna, in cui la strada del rigore viene percorsa con minore intensità.In parte, però, se siamo arrivati a rendere il nostro sport un’insopportabile racconto da cronisti di giudiziaria è perché nessuno (non solo il calcio) è stato capace di resistere alle tentazioni.

Urge una correzione di rotta. Subito. Serve una vera, grande, battaglia culturale e non solo a livello giovanile e nelle scuole. Anche chi oggi ha in mano le leve del comando, può e deve cambiare. Qualche esempio? Se davvero gli organismi preposti al controllo degli atleti si sono resi complici di agonisti in malafede, vanno azzerati. Se esiste qualcuno in possesso di verità sui fatti di Madonna di Campiglio (1999), deve parlare. Se pezzi interi del nostro sport hanno vissuto su frodi o raggiri, come oggi pare di capire leggendo le carte di molte inchieste, si abbia il coraggio di cancellare il passato, accettando anche di sbanchettare interi albi d’oro se questa è l’unica strada per restituire dignità allo sport. Che resta la cosa più bella del mondo e nella quale ci deve essere spazio anche per la polemica e la discussione sulle decisioni di un arbitro o di un giudice. Di linea o di sedia, però. Gli altri, quelli veri, meglio lasciarli alle cronache giudiziarie.

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Giovanni Capuano