Morte Morosini, tre medici indagati
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Morte Morosini, tre medici indagati

Il perito della famiglia del calciatore: "Non usarono il defibrillatore". Accusa di omicidio colposo

I medici del Pescara calcio Ernesto Sabatini, del Livorno Manlio Porcellini e del 118 di Pescara, Vito Molfese, sono indagati per omicidio colposo per l'inchiesta sul decesso di Piermario Morosini, il giocatore del Livorno morto per arresto cardiaco il 14 aprile sul campo dello stadio Adriatico di Pescara. La decisione del pm di indagarli prelude probabilmente alla richiesta di incidente probatorio. Per il consulente del pm Morosini sarebbe morto per una malformazione cardiaca congenita. Ma resta aperto il quesito se l'uso di un defibrillatore avrebbe dato chance di sopravvivenza al calciatore.

I tre medici indagati furono i primi tre a soccorrere il calciatore dopo l'arresto cardiaco avvenuto al 31° minuto del primo tempo. Secondo quanto ricostruito dal consulente del pm, Cristian D'Ovidio, il calciatore sarebbe morto per una malformazione cardiaca congenita. Ma l'indagine pone dubbi sull'uso tardivo del defibrillatore e su quanto avrebbe dato chance di sopravvivenza al calciatore del Livorno. Durante l'incidente probatorio tutti gli atti del procedimento saranno valutati dai periti, comprese le testimonianze. Dopo i periti depositeranno le loro conclusioni e illustreranno le loro posizioni. Infine il gip dichiarerà chiuso l'incidente probatorio decidendo se archiviare il fascicolo o rinviare a giudizio uno o più indagati per omicidio colposo.

Un'indagine che parte anche dagli esami della dottoressa Cristina Basso, perito nominato dalla famiglia Morosini: "Il malore di Morosini ha la dinamica classica di una fibrillazione. Impossibile pensare a un problema cerebrale. Sappiamo che il papà del giocatore è morto giovane, sarebbe stato importante all'epoca chiarirne le cause in modo da consentire una diagnosi giovanile precoce sul figlio. Purtroppo però abbiamo dimostrato che durante lo sport si muore di cuore. Perché con lo screening è crollata la mortalità degli sportivi, ma è anche vero che tante malattie causa di arresto cardiaco sono subdole, scappano ai controlli, e allora è importante che ci sia il defibrillatore in campo. Va usato in ogni caso, perché se non serve, se non c'è fibrillazione, l'apparecchio non dà la scarica elettrica".Morosini poteva essere salvato? A questa domanda cercheranno di rispondere le indagini del gip accertando e punendo eventuali colpevoli. Tra la testimonianze raccolte che saranno valutate anche quella dell'infermiere della Misericordia Marco Di Francesco: "Morosini qualche minuto prima che venisse caricato in ambulanza era vivo; per due volte ho ricordato ai soccorritori in campo che c'era il defibrillatore pronto"

Questa volta anche il governo italiano non è stato a guardare. Il nuovo Decreto Sanità, approvato dal governo in questi giorni, impone a tutti gli impianti sportivi, siano essi di livello professionistico o amatoriale, di dotarsi di un defibrillatore semi-automatico. Uno strumento che in caso di assenza del battito cardiaco, indica la necessità di eseguire il massaggio cardiaco esterno e le insufflazioni respiratorie secondo il protocollo vigente a livello europeo. Un grande passo in avanti per lo sport italiano: " I rischi tra chi svolge sport a livello dilettantistico e soprattutto amatoriale sono grandi, se non si mette in piedi un sistema di controllo e di soccorso adeguati. Il defibrillatore è lo strumento minimo e anche una sola vita salvata è un grande risultato" ha commentato Enrico Castellacci, medico della Nazionale azzurra e presidente dell'Associazione dei Medici del calcio.

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Matteo Politanò