L'orgoglio di Allegri: "Non sono un parafulmine"
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L'orgoglio di Allegri: "Non sono un parafulmine"

"Ho fatto un buon lavoro e sapevamo che ci sarebbero state difficoltà". I dubbi di Berlusconi e le certezze di Max: "Non mi piace il vittimismo e non cambio modulo adesso"

Rifiuta le etichette che gli hanno appiccicato addosso. Accerchiato? "Assolutamente no". Spaventato di San Siro? "No". Parafulmine? "Nemmeno". L'orgoglio di Max Allegri è un piccolo monologo in cui butta fuori tutta la frustrazione di un inizio di stagione che così difficile non se lo immaginava e che per molti potrebbe segnare la fine della sua storia al Milan.

Arriva l'Anderlecht ma conta poco. Contano i graffi sulla pelle dopo il secondo k.o. consecutivo in casa che ha sbattuto in faccia al Milan la realtà 'normalizzata' del dopo Ibrahimovic e Thiago Silva: "Non sono un parafulmine perché alleno una buona squadra. Ho condiviso le scelte della società e sapevamo che era una situazione nuova e che ci vuole un po' di tempo e potevamo trovare delle difficoltà. Nessuno si aspettava di perdere due partite in casa, ma questo non ci deve far pensare negativo. Bisogna concentrarsi, stare zitti e lavorare perché alla fine contano solo i risultati e il lavoro fatto in questi due anni è stato buono".

SIlenzio e lavoro. Lavoro e silenzio. Ricetta di chi si chiude in se stesso per cercare la chiave di volta e prova a cogliere dall'esterno segnali positivi. Ad esempio Berlusconi e la sua voglia (vera o presunta) di cambiare Max con qualcun altro: "Il presidente lo sento sereno e vicino alla squadra perché capisce il momento di difficoltà. Con Galliani ho un ottimo rapporto. Pensavo di trovarvi tutti lì uscendo dalla pizzeria e, invece, poi leggo tutto il contrario, che sarei a rischio... Ho fatto una battuta sul fatto che non sentivo Berlusconi da due mesi anche se l'avevo appena sentito. Forse non dovevo farla...".

Già, non è tempo di scherzare perché la situazione è seria anche se non disperata. Allegri e il suo Milan sono condannati dai risultati che non arrivano ma proprio dai risultati, per paradosso, trovano consolazione: "Ora siamo in difficoltà ma abbiamo un punto in più rispetto a un anno fa e ci basta fare una vittoria nelle prossime due giornate per fare meglio. I giocatori sanno di poter lottare per il vertice del campionato. Se vinciamo in Champions poi magari vediamo le cose in modo diverso"

Di cambiare modulo e dogmi non se parla, almeno subito: "Sarebbe da presuntuosi farlo in pochi giorni" dice il tecnico mostrando il petto alla critica. Bisogna migliorare dietro "perché concediamo poco e però gli altri ci castigano subito" e davanti "perché nessuno si sarebbe aspettato di non riuscire a segnare nemmeno un gol a San Siro". Problema psicologico? Si risolve guardando al futuro con un pizzico di ottimismo: "Non ci piace il vittimismo. Anche in questo periodo bisogna guardare le cose positive perché abbiamo comunque creato sempre diverse situazioni favorevoli".

Ah già, c'è anche l'Anderlecht alle porte e il rischio di un altro passo falso che manderebbe in tilt tutto l'ambiente. Ansia, preoccupazione e fiducia mischiate insieme. Errore da evitare, la frenesia: "Bisognerà avere equilibrio e pazienza, senza fretta di sbloccare la partita subito perché non dura 5 minuti ma 95 e le occasioni arriveranno". Evitando di pensare che i belgi siano un materasso comodo su cui dormire la notte della vigilia. Notte da eremiti. Studio e concentrazione. Orgoglio e certezza di non poter più sbagliare.

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Giovanni Capuano