Juventus, eliminata ma diversa
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Juventus, eliminata ma diversa

Riflessioni in bianconero a mente fredda dopo la sconfitta ad Istanbul con il Galatasaray

Non ci siamo strappati le vesti davanti alle condizioni di campo in cui si è giocato ieri a Istanbul. Non lo abbiamo fatto ieri a caldo, non lo faremo oggi a freddo. Perché?

Perché al di là di tutto noi ci abbiamo sperato fino all’ultimo minuto, fino all’ultimo secondo, #finoallafine. Si certo anche dopo il gol di Sneijder. Ci abbiamo sperato perché le partite (e le stagioni) possono cambiare in un istante. Dopotutto all’andata anche noi abbiamo segnato il gol del vantaggio a pochi minuti dalla fine, e i turchi hanno pareggiato un minuto dopo. “Il calcio è fatto così”, è “fatto di episodi” si sa (e peraltro non ci sono più neppure le mezze stagioni, è proprio il caso di dirlo). Ma poi, a partita finita, abbiamo accettato il verdetto del campo, per quanto infangato fosse.  

Perché quando dall’urna del sorteggio estrai FC Copenaghen, Galatassaray e Real Madrid, parti già con sei punti in cassaforte. Sì certo con i danesi una squadra che ambisce all’elite Europea hai il dovere di vincere sia all’andata che al ritorno. Per cui se alla fine fai sei punti in tutto il girone, significa che #sulcampo non sei stato in grado di dare alcun valore aggiunto a quanto la sorte ti ha portato in dote con l’estrazione delle palline. E non parlate di sfortuna, quella lasciamola a maghi e fattucchiere, boemi e terzomondisti filo-indonesiani. E poi, ci chiediamo, come si fa a parlare di sfortuna quando pareggi due volte in due anni con squadre danesi tecnicamente anni luce dalla nostra (cfr  FC Nordsjælland-Juventus)? Due indizi fanno una prova.

Perché alla teoria che in condizioni normali sarebbe finita diversamente, non capiamo come si possa credere. Cioè capiamoci: all’andata con condizioni di campo ottimale, il tifo a favore e l’organico al completo (cioè senza la defezione di Pirlo) abbiamo fatto solo 2-2 con gli stessi avversari. Facendoci raggiungere dai turchi con un gol che ricorda paurosamente quello subito ieri. O ricordiamo male?  O è finita in goleada per noi? E già all’andata avevamo l’obbligo di vincere visto il calendario che ci attendeva. Ribadiamo #sulcampo è finita 1 a 0 con prodezza nel fango del duo Sneijder-Drogba.  I “se” e i “ma” ci dicono che sarebbe potuta finire diversamente. Un pari? Una vittoria schiacciante? Coi “se” e i “ma” turchi potrebbero dire il assolutamente contrario.

Perché se vuoi vincere la Champions League ci vuole altro: un altro passo, un’altra capacità di stare nella partita sempre, un’altra continuità. In un girone con Turchi e Danesi devi passare. Punto e basta.

Perché la teoria del complotto e dell’alibi non può e non deve far parte di questo club. “Chi vince fa storia, gli altri possono fare solo chiacchiere”... e non solo parole nostre.

Perché, lo scriviamo da due anni ormai, restiamo convinti che per essere competitivi in Europa servano due esterni che possano garantire più qualità e una punta centrale di livello mondiale. 

Perché, se come scrive oggi la Gazzetta dello Sport vi è stato del dolo, questo andrà accertato e nel caso sanzionato. E la nostra dirigenza, in quel caso, avrà il dovere di far sentire le proprie ragioni. Ma è importante sottolinearlo bene, se c’è responsabilità del Galatasaray questa va accertata. La Gazzetta dello Sport non fa giurisprudenza. Lo ricordiamo a tutti quegli Juventini che oggi la usano come manifesto di un complotto anti-juventino. Ricordiamo con quale sicumera e con quali “inoppugnabili” elementi probatori abbiano via via sostenuto che i sorteggi erano truccati, che gli arbitri venivano rinchiusi negli stanzini, che le ammonizioni erano pilotate... Lasciate che applichino le teorie del complotto ai loro cari amici, e lettori, abusivi portatori di etica sportiva. Noi peraltro la Gazzetta non la leggiamo. 

Perché il campionato, quest’anno è tutt’altro che scontato. La Coppa Italia non la vinciamo dal 1995, l’Europa League (ex UEFA) dal 1993 e lo Juventus Stadium è bellissimo.

Perché siamo la Juve e abbiamo il dovere di essere diversi, nelle vittorie e nelle sconfitte.

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Laterza Stella

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