I primi 100 giorni del nuovo Milan: le cose fatte e quello che manca ancora
ANSA / MATTEO BAZZI
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I primi 100 giorni del nuovo Milan: le cose fatte e quello che manca ancora

Fassone al lavoro dal 14 aprile. Calciomercato boom, entusiasmo dei tifosi ma anche dubbi legati ai debiti e alla proprietà di Li ed Elliott

Il nuovo Milan compie cento giorni. Il termine tradizionalmente utilizzato per tirare una riga e fare il bilancio delle cose fatte, le priorità affrontate e risolte e quelle lasciate, invece, per il futuro. Da metà aprile a metà luglio: tutto nell'universo rossonero è cambiato in tre mesi. Dalla fine dell'era Berlusconi, lunga trent'anni, all'attivismo di Marco Fassone che ha cercato di spazzare via tutti i dubbi legati a un'operazione finanziaria non sempre chiara nei suoi contorni.


Oggi che i primi cento giorni del nuovo Milan sono trascorsi si può provare a tirare le somme. Cosa è stato fatto (tanto) e cosa rimane da fare. Sul piano sportivo il club ha cambiato uomini e pelle, i tifosi hanno ritrovato entusiasmo e la stagione che sta per partire dovrà essere quella del riscatto con l'obiettivo di rientrare nel giro della Champions League.

Più lungo, invece, il percorso societario perché quella di Li e Fassone è al momento una scommessa: meravigliosa e rischiosa, come tutte le puntate. Con in più lo scetticismo che non abbandona la figura di Yonghong Li, rimasto fin qui nell'ombra lasciando inevase molte domande sul suo passato e, soprattutto, sulla sua consistenza e solidità economica.

Cosa è stato fatto nei primi cento giorni del Milan

Fassone aveva dichiarato ad aprile di aver lavorato otto mesi in silenzio prima del closing e che non avrebbe buttato via tutto quel tempo trascorso dentro il club e in giro per il mondo. I primi cento giorni da capo azienda in via Aldo Rossi gli danno ragione. Il Milan è stato iperattivo sul mercato e non solo, ha disegnato un nuovo progetto tecnico e gettato le basi per rifondare la società in alcuni sui ruoli chiave. Dopo trent'anni di Berlusconi e Galliani non è un'operazione semplice o indolore.

Quasi 200 milioni gettati sul mercato - L'aspetto più appariscente è la rifondazione tecnica della squadra. In un mese e mezzo il Milan ha speso oltre 160 milioni di euro portando a Milanello campioni affermati (Bonucci e Biglia) e giovani talenti che in tanti volevano (Conti e Kessiè su tutti). Il budget non è ancora finito e fin qui Mirabelli e Fassone si sono mossi seguendo un progetto tattico sufficientemente coerente, anche se per Montella non sarà semplice mescolare il tutto al meglio.


L'acquisto con pagamenti pluriennali ha aiutato il bilancio, comunque destinato a un rosso di mercato. Formula moderna, già sperimentata all'Inter, ma che porta il rischio di un problema di rilancio nel caso qualcuno non renda secondo le attese. In ogni caso la squadra appare bilanciata tra gioventù ed esperienza. Sul mercato il voto è 9 (10 quando arriverà un attaccante di alto livello).

La rivoluzione della comunicazione del club - L'altra cosa che balza agli occhi dei tifosi (che stanno facendo la corsa all'abbonamento) è il cambio di passo nella comunicazione della società. Fassone si è preso Fabio Guadagnini come capo ufficio stampa e insieme a lui ha privilegiato l'aspetto social e diretto del rapporto con il popolo rossonero. Dirette Facebook, attenzione agli influencer del web e meno intermediazione dei giornali: una vera rivoluzione.

Rottura con gli stereotipi del passato - Il Milan non è più una grande società? Dubbio cancellato spendendo molto e accreditandosi presso club e procuratori. Il progetto non dà garanzie? Difficile sostenerlo ancora dopo i primi cento giorni. I legami stretti con pochi procuratori? Tutto spazzato via dal match quasi fisico con Raiola per il rinnovo di Donnarumma, vinto con la firma del portiere. In tre mesi la rottura col passato, anche a livello di immagine, è stata netta.

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Il piano economico e le cose ancora da fare

Ovviamente non tutto il bilancio è roseo e la strada percorsa da Fassone e dal nuovo Milan, per quanto entusiasmante, nasconde anche rischi e incertezze. Sul campo sarà Montella a dover mettere insieme la qualità che gli è stata fornita, nelle cose societarie toccherà al management riuscire nell'impresa non semplice di far quadrare i conti.

Il debito con Elliott da rifinanziare - L'operazione Milan è stata chiusa con un prestito da oltre 300 milioni con il fondo Elliott. Restituire quei soldi nei tempi stabiliti (autunno 2018) è praticamente impossibile tanto che lo stesso Fassone parla di rifinanziarlo diversamente. Il Milan non ha problemi di debiti (meno di altre società), mentre più complessa è la situazione legata al prestito ottenuto da Li per fare il closing.

Appena sistemata la squadra il nuovo amministratore delegato del Milan, artefice dell'operazione salva-closing, dovrà mettersi al lavoro in fretta per costruire la nuova architettura finanziaria e dare basi solide alla società.

Uefa, accordo da trovare sul fair play finanziario - Il primo approccio per il voluntary agreement con l'Uefa è stato respinto: troppo ottimistiche le previsioni di sviluppo del business per ottenere il via libera agli sforamenti concordati. In ottobre Fassone si giocherà il secondo e decisivo match su basi meno ipotetiche e più realistiche. Potrà avere uno o al massimo due anni di ossigeno: obbligatorio entrare in Champions League.

La sfida del marketing in Cina - Appena accennata, anche la sfida per entrare sul mercato cinese andrà giocata e vinta in fretta. Milan China è stata già costituita ma deve diventare operativa e portare decine di milioni di ricavi per consentire il raddoppio del fatturato, condizione necessaria per tenere in piedi l'operazione.

Yonghong Li si è affidato a manager cinesi che devono dragare più risorse possibili anche lavorando con le iniziative del Governo sulle scuole calcio. Servirebbe tempo, ma di tempo ce n'è poco. Il Milan deve recuperare anche terreno nell'appeal commerciale in Italia ed Europa dopo che le ultime stagioni hanno raffreddato qualche entusiasmo e alcuni partner.

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Giovanni Capuano