Da Best a Van der Meyde: le carriere bruciate dagli eccessi
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Da Best a Van der Meyde: le carriere bruciate dagli eccessi

L'ex centrocampista dell'Inter racconta in una biografia la sua dipendenza da alcol e droga. Un esempio di talento buttato via, come tanti altri nel passato

"Nessuna pietà". Verso sé stesso, verso il passato. Andy Van der Meyde, ex giocatore dell'Inter e della nazionale olandese, ha raccontato in una biografia il suo declino sportivo e privato per colpa di alcol, droga e eccessi. "Dopo una settimana a Milano stavo male, mi consumava la nostalgia, era un ambiente fatto di eccessi con il presidente che dopo ogni vittoria allungava ai giocatori fino a 50 mila euro a testa". Un tracollo che continua anche nell'esperienza in Premier League: "All'Everton mi proposero uno stipendio di 37 mila euro a settimana, più del doppio di quello che percepivo all'Inter. Ci andai di corsa e la prima cosa che feci fu comprare una Ferrari e andare a sbronzarmi al News Bar, uno dei locali più in voga di Liverpool. La mia giornata terminò in uno strip-club. Andavo pazzo per le spogliarelliste. Fu lì che conobbi Lisa e me ne innamorai subito. Bere e sniffare cocaina era una cosa all'ordine del giorno".

Rischi quotidiani, come quelli ai tempi dell’Ajax quando Ibrahimovic e Mido si sfidavano a gare in automobile in piena notte sulle tangenziali di Amsterdam. "L’Ajax è stata l'unica squadra in cui mi sono divertito. Legai con Ibra e Mido: si sfidavano in folli corse notturne sull'anello della A10 attorno ad Amsterdam. Zlatan aveva una Mercedes SL AMG, Mido alternava Ferrari e BMW Z8".Van der Meyde beveva anche prima di andare agli allenamenti e utilizzava farmaci per vincere l'insonnia e stare accanto alla figlia Dolce, colpita da una grave malattia all'intestino. "Rubavo medicine dallo studio medico del club, utilizzavo cocaina, capii che dovevo scappare da Liverpool o sarei morto". Un talento sprecato e una confessione che la biografia ha messo nero su bianco senza censure. Adesso Van der Meyde, classe 1979, ha appeso le scarpe al chiodo e sogna di allenare le giovanili ma il suo libro riporta l'attenzione sugli eccessi del circo del calcio, una realtà che conta una lunga lista di vittime.

Pochi mesi fa era stato un altro ex nerazzuro, Adriano, a raccontare il suo incubo e il suo progressivo tracollo nella depressione, inghiottito dal lusso e dagli eccessi di Milano. Uno stile di vita che lo ha fatto sparire dal calcio che conta fino a portarlo alla voglia di farla finita. "Mi mancava la famiglia, avevo smesso di credere in Dio. Chiamai mia madre per dirle che stavo pensando al suicidio" ha dichiarato l'ex imperatore a Globoesporte. Da Diego Maradona a Paul Gascoigne passando per gli eccessi di Edmundo, Flachi, Carrozzieri e tanti altri. Intere carriere compromesse se non addirittura spazzate via per colpa dell'alcol e della droga, delle amicizie sbagliate e della vista appannata dai soldi troppo facili.

E come non citare George Best, icona del Manchester United la cui carriera fu funestata da una dipendenza che lo ha portato alla morte. Sua la storica frase "ho speso molti soldi per alcool, donne e macchine veloci, il resto l'ho sperperato", riassunto perfetto di una carriera fatta di gol spettacolari e colpi di testa unici. Spesso in campo ubriaco riusciva comunque a fare la differenza, ma il suo collasso lento e inesorabile lo ha portato alla morte per un'infezione epatica nel 2005. Restando in Inghilterra non si può non citare Paul Gascoigne, tra i talenti più cristallini nella storia del calcio inglese, una classe rovinata dalla dipendenza all’alcol che lo ha fatto travolgere da gravi problemi di salute e depressione. Dopo aver appeso le scarpe al chiodo nel 2004 è stato ricoverato più volte in ospedale e nel maggio 2008 ha anche cercato il suicidio in un lussuoso hotel di Londra. Nel 2010 si è rivolto al sindacato dei calciatori Pfa dopo aver sperperato in pochi anni il suo patrimonio di 26 milioni di euro e rischiando di finire in mezzo ad una strada.

Ma lo spettro dell’eccesso colpisce anche giocatori che a prima vista sembrerebbero insospettabile. L’attuale allenatore del River Plate ed ex giocatore di Parma, Inter e Lazio, Matias Almeyda, ha vuotato il sacco in un’autobiografia come Van der Meyde. Proprio all’Inter è cominciata la fase più difficile della carriera e della sua vita: “Una volta ad Azul, il mio paese, ho bevuto cinque litri di vino come fosse Coca Cola e sono quasi finito in coma etilico. Ho fatto 5 ore di flebo, quando mi sono svegliato ho visto tutta la mia famiglia intorno al letto, ho pensato che fosse il mio funerale”. E tanti sudamericani, arrivati alla ricchezza del calcio europeo dopo un’infanzia e adolescenza in povertà, hanno trovato ancor più difficoltà a cedere alle tentazioni. Ecco così che la lista dei geni che hanno bruciato il loro talento si allarga. Da Faustino Asprilla, passando per Romario, Garrincha, Cantona, Renè Higuita e George Hagi. Eredi diretti di gente come Stanley Bowles, ex giocatore britannico e tra i più talentuosi degli anni settanta, e Tony Adams, che dopo gli Europei del 1996 ammise pubblicamente i suoi problemi con l’alcol raccontandoli in un’altra biografia: “Fuorigioco - La mia vita con l'Alcool”.

Sarebbe comunque un'avventura impossibile elencare tutti i giocatori che, in un modo o nell'alto, hanno esagerato con l'alcol. E fermiamoci qui. Senza ipocrisia e discorsi morali fuori luogo. Oltremanica, senza calcare la mano e ironizzare su quei giocatori che hanno buttato via la propria vita dietro un bicchiere, The Sun ha lanciato un divertente servizio sulla classifica dei dieci calciatori più ubriachi della Premier League con tanto di foto paparazzate in momenti d'euforia. Una lista che conta nomi d'eccezione come Lampard, Cristiano Ronaldo, Drogba, John Terry, Nicklas Bendtner ed Ashley Cole.

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Matteo Politanò