Conte, rinnovo difficile: ecco perché l'Italia cambierà dopo l'Europeo
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Conte, rinnovo difficile: ecco perché l'Italia cambierà dopo l'Europeo

Tavecchio vorrebbe legare il ct fino al 2018, ma polemiche con i club, ambizioni del tecnico e elezioni Figc complicano la trattativa

Tavecchio ci sta provando con tutte le armi a disposizione e, soprattutto, giocando quella della moral suasion per convincere Conte di essere l'uomo giusto al posto giusto anche dopo l'avventura dell'Europeo. Una partita difficilissima per il presidente Figc, che vorrebbe già arrivare a un accordo con il ct e prolungare il contratto fino al 2018, così da chiudere il quadriennio mondiale, ma rischia di trovarsi presto con il cerino in mano e una situazione complicata da gestire.

Malgrado le recenti e continue aperture, infatti, una vera e proprio trattativa con Conte e il suo entourage non è nemmeno iniziata. Siamo solo alle schermaglie dialettiche, arte che serve per sondare il terreno e capire se esistano da parte dell'ex allenatore juventino i margini per un'apertura nei confronti della nazionale. Il passare delle settimane, però, segna punti a sfavore dell'ipotesi rinnovo ed è dal maggio scorso che, sotto traccia, il tema del futuro della panchina azzurra sta impegnando i vertici federali.

Conte ha un contratto pesante dal punto di vista economico che Tavecchio riuscì a 'inventare' con la sponda della Puma nell'estate scorsa, in piena bagarre per il fallimento della spedizione in Brasile e per la tubolenta campagna presidenziale. Un colpo da maestro che gli ha garantito la possibilità di cominciare a lavorare. Il mandato di Taveccgio scade praticamente insieme a quello di Conte e il ragionamento è semplice: o l'attuale ct rinnova (e la Puma non avrebbe problemi ad accompagnare ancora la Figc) oppure il rischio è di rimandare tutto ad elezioni avvenute.

La permanenza a Coverciano in questi mesi non è stata semplice. Partito con l'idea di diventare il punto di riferimento del calcio italiano e di poter incidere al di là delle scelte da selezionatore, Conte si è ben presto accorto delle difficoltà del lavoro di ct. Rapporti non semplici con i club e addirittura poco più che formali con la Juventus, continue mediazioni sui giocatori, forfait più o meno imposti (quello di Insigne è stato il 24° in 15 mesi), diffidenza dei colleghi e frequenza di scaramucce e rivalità.

Il Conte-pensiero sulla nazionale è quello espresso in maniera dura e diretta nella notte di Marassi dopo l'amichevole contro l'Albania. Pensava di ricevere un trattamento diverso, si era quasi pentito della scelta fatta accettando la corte di Tavecchio e avrebbe rispettato il patto di andare all'Europeo con la nazionale. Poi liberi tutti.

Da lì non si è mosso e sul suo umore incide anche la volontà a 46 anni appena compiuti, di rimettersi in gioco nel lavoro quotidiano in una società possibilmente di alto livello. Il telefono in questi mesi gli ha recapitato gli interessamenti di tanti dirigenti. Non è un segreto che in primavera il Milan abbia ripensato intensamente a Conte per il nuovo ciclo prima di sondare Ancelotti e, infine, scegliere Mihajlovic. A Roma c'è una panchina che traballa e che difficilmente terrà lo stesso proprietario anche dopo l'estate. 

Alternative, insomma, ce ne sono. Tra qualche settimana i protagonisti dovranno uscire allo scoperto anche per evitare di portare la nazionale in Francia nel mezzo di un tormentone sul futuro del ct. Meglio la chiarezza subito che l'incertezza.

Conte e la nazionale: un rapporto (difficile) lungo 15 mesi

Ansa
Un momento del'intervista al ct della Nazionale Antonio Conte

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Giovanni Capuano