Mourinho: fine di un mito?

Mourinho: fine di un mito?

Scriviamolo una buona volta, senz’aver paura di essere presi per milanisti faziosi, opportunisti e malmostosi: con la partita di stasera crolla – si spera una volta per tutte – tutta la mitologia costruita in questi anni attorno a José Mourinho.…Leggi tutto

Scriviamolo una buona volta, senz’aver paura di essere presi per milanisti faziosi, opportunisti e malmostosi: con la partita di stasera crolla – si spera una volta per tutte – tutta la mitologia costruita in questi anni attorno a José Mourinho.

A tutti i non milanisti (o peggio) che stanno leggendo, sappiamo cos’avete iniziato a pensare: haha, rosiconi, ssero tituli, prostitussione intelectuale! Ecco, involontariamente ci state dando ragione: José Mourinho da Setubal si è ritagliato nel tempo la figura di straordinaria icona pop, uno di quelli da quadro di Andy Warhol o da copertina di Time. Come tutte le icone pop, tuttavia, da un po’ di tempo è rimasto imprigionato nel suo personaggio, costretto dalla folla adorante a esibire sempre il solito repertorio fatto di risse verbali (e non, come ricorda il povero Vilanova), appostamenti agli arbitri infingardi, tirate epocali contro il sistema e i media tutti contro, il tutto – notate la sua insuperabile poppaggine – al timone della squadra che più di altre rappresenta il potere politico ed economico di un Paese. Nel frattempo, ha un po’ messo da parte il mestiere originario di allenatore – succede.

Ricapitoliamo. Un buonissimo allenatore: un comunicatore insuperabile, un grandissimo gestore di uomini, un tattico mediocre, sostanzialmente incapace di dare alle sue squadre un concetto di gioco che andasse oltre i nervi, la concentrazione feroce e la semplice amministrazione delle straordinarie qualità dei singoli (doti importantissime, per carità, ma non paragoniamolo a Sacchi, a Van Gaal o a qualsiasi altro inventore di calcio che trovi posto nella storia di questo sport). Più che il 4-1 subito a Dortmund all’andata, è la partita di stasera a dare la misura del grande flop di Mou: si è visto che nel complesso il Real Madrid era una squadra nettamente superiore al Borussia, sia per valore dei singoli che per esperienza complessiva, eppure è stato buttato fuori da una squadra di ragazzini di talento guidati da uno straordinario allenatore come Jurgen Klopp (uno che i miracoli non ha iniziato a farli questa settimana: li sta facendo da tre anni).

E si vede dunque in modo lampante il grande limite di Mourinho: essere un allenatore “con la data di scadenza”, uno che spreme la sua squadra fino all’esaurimento e quando va via non lascia un progetto in grado di camminare con le proprie gambe, non apre un ciclo ma lascia solo macerie (vedi Inter). L’esatto contrario di ciò che dovrebbe fare un grande allenatore.

(E ora mi raccomando, fate presto a venirci a scrivere “Uah uah triplete triplete rosiconi rosiconi”. Vi aspettiamo numerosi!)

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