Beccalossi: "Viva le teste dispari come me, Sivori, Villeneuve e McEnroe"
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Beccalossi: "Viva le teste dispari come me, Sivori, Villeneuve e McEnroe"

Evaristo è stato il giocatore di miglior talento dell'Inter degli anni Ottanta. Rifiutò il Santos di Pelé per restare nella squadra che ora vorrebbe affidare a Antonio Conte

Omar Sivori, Gilles Villeneuve e John McEnroe: basterebbero questi tre riferimenti per inquadrare Evaristo Beccalossi, il talento irregolare icona degli Ottanta nerazzurri, un cristallo puro di lampi, luci e specchi, tra dribbling, lanci e piroette, la spuma briosa dell'onda. 

L'ammirazione per i giochi di prestigio del 10 argentino portò il piccolo Evaristo a cambiare piede, da destro naturale a mancino, o meglio ad ambidestro. Il Becca giocava indifferentemente con i due piedi, tocco vellutato di qua e di la, interno, esterno, collo, nel controllo del pallone non aveva eguali. "Indossavo il 10 per lui, Omar, poi passai al 14 di Johan Cruyff, ma anche all'8 di Valerio Spadoni nella sua prima stagione alla Roma, un mancino che aveva dei bei numeri, peccato per l'infortunio che gli costò la carriera".

Appassionato di Formula 1 Beccalossi conserva tra i suoi ricordi più preziosi l'incontro all'autodromo di Monza con Gilles Villeneuve. "Saltai l'allenamento, dandomi malato, poi però sui giornali uscirono le mie foto seduto al volante della 27 rossa e mi beccai il rimbrotto della società".

In questi giorni va alla ricerca, tra cassetti e ripostigli, di foto in bianco e nero a Maranello con il Drake, Enzo Ferrari, e Ivano Bordon ("non era un patito di macchine, ma l'avevo trascinato con me"). Con SuperMac invece l'attrazione è reciproca, il bizzoso tennista mancino (anche lui) rimase ammaliato da Beccalossi nell'82, assistendo ad una partita dell'Inter a San Siro. "Anch'io ero un suo tifoso, uno con la testa dispari come la mia. Mica potevo tifare Lendl!".

Il 12 maggio il Becca ha compiuto 61 anni e guarda con ottimismo al progetto di Rinascimento orientale in casa interista. "Serve contare su tra figure forti, una sarà Walter Sabatini, nuovo coordinatore tecnico di Suning, l'altra l'allenatore e poi una terza di raccordo. Oriali? Lui è un fratello per me, sì, credo e spero che tornerà in nerazzurro". Per il nuovo tecnico il sogno proibito e ormai pubblico è quello di Antonio Conte. "Dobbiamo puntare su persone capaci di portare risultati, Antonio è uno concreto, l'ho seguito da vicino e conosco il suo valore".

Per molti all'Inter serve un allenatore dalla forte personalità, qualcuno che possa reggere il confronto con i vari Helenio Herrera e José Mourinho, capace di supplire alle assenze della società. "Anche se di epoche diverse, un parallelismo tra Conte e Eugenio Bersellini ci può stare. Due uomini di polso. Ai miei tempi la gestione di una squadra era diversa, oggi le rose arrivano a trenta giocatori, ognuno dei quali con tre o quattro persone che gli girano intorno. Bersellini era comunque uno con cui non potevi sgarrare".

Ad Appiano Gentile non hanno dimenticato i 10 giorni di ritiro individuale che proprio Bersellini comminò al Becca, per farlo rigare dritto. Così, evocando quell'Inter autarchica e vincente del 1980, proseguiamo nel parallelismo con il 2017, giocatore per giocatore, con la preferenza del nostro. Handanovic-Bordon? "Difficile, due ottimi portieri, però scelgo Ivano. Lo chiamavamo pallottola, per la sua esplosività". Bini-Miranda? "Certamente Bini, più forte fisicamente, capace di uscire da situazioni intricate palla al piede, pronto a rilanciare". Mozzini-Medel? "Per la capacità di svolgere due ruoli, dico Medel". Baresi-D'Ambrosio? "Danilo è cresciuto molto e spero che si punti ancora su di lui, però Beppe era un carrarmato, oltre ad essere una bandiera". Oriali-Ansaldi? "Ti querelo, solo per la domanda". Marini-Kondogbia? "Marini, inesauribile, anche se a me Kondo piace, anche se forse è stato pagato troppo". Caso-Gagliardini? "Roberto, lui è il nostro presente e il nostro futuro, si è inserito bene, anche se ora ha avuto qualche problemino".

Pasinato-Candreva? "Mi gioco X, pareggio. Pasinato più potente, Candreva più tecnico, ma due frecce sulla fascia". Muraro-Perisic? "Un altro X, Carletto più veloce, il miglior contropiedista, Perisic più completo". Altobelli-Icardi? "Spillo per tre anni è stato il più forte centravanti in circolazione, Maurito è fortissimo, ma ancora giovane e con margini di crescita". Beccalossi-Joao Mario? "Qui dovete dire voi, posso dire che il portoghese mi piace, soprattutto quello degli Europei".

L'ex allenatore Pioli ha messo il veto sulla coabitazione tra Joao Mario e Ever Banega, a qualcuno ha ricordato il suo dualismo con Hansi Müller (di cui disse "è meglio giocare con una sedia che con lui, almeno con la sedia quando gli tiri la palla addosso ti torna indietro"): "Banega è più trequartista, mentre Joao Mario può giocare anche sulla fascia, ci siamo un po' intestarditi con il 4-2-3-1, ma in un 4-3-3 avrebbe potuto giocare come esterno alto.

La mia rivalità con Müller? In teoria dovevamo fare un tridente offensivo, Spillo al centro, lui sul centrodestra a rientrare sul sinistro, io sul centrosinistra a rientrare sul destro o andare sul fondo con il mancino. Hansi però non rispettava le consegne e si piazzava al centro obbligandomi così ad agire da seconda punta, giocando sempre con le spalle alla porta".

Il Becca aveva il nerazzurro nel destino, il suo scopritore fu Mauro Bicicli, una delle seconde linee della Grande Inter, giocò al posto di Suarez la sfortunata finale di Coppa Campioni del '67 contro il Celtic. "Gli altri allenatori mi tenevano in disparte per le mie manie un po' dribblomani, Bicicli intuì subito le mie qualità e mi spronò ad usarle per la squadra". Poi sulla strada incrociò Antonio Valentin Angelillo, l'attaccante dal record dei 33 gol in campionato, recentemente battuto da Gonzalo Higuain: "lui, però, mi rompeva un po' più le scatole".

Le accuse di scarso dinamismo hanno sempre contraddistinto la carriera di Evaristo. "Non ho mai sopportato chi mi urlava agitando le braccia, anche per atteggiarsi da leader con il pubblico, mentre ho sempre rispettato chi, come Lele (Oriali ndr) mi veniva vicino e mi diceva: ehi qui ci stiamo facendo un mazzo, anche per te, ci aiuti a vincere la partita?". Ecco questo è un leader".

Il legame con Oriali è molto solido, a dimostrazione della forza del gruppo di quell'Inter 1980, che oggi probabilmente manca nella versione 2017. "Sì eravamo molto uniti, anche se c'erano personalità forti come Altobelli, Marini, Bini... a volte ci ritroviamo per qualche iniziativa, abbiamo attiva anche una chat di gruppo su whatsapp, che animiamo soprattutto Bordon, Scanziani, Oriali ed io".   

Pochi sanno che il Becca poteva essere il primo italiano ad andare a giocare nel campionato brasiliano. Dopo il Mundialito dell'81 lo cercò il Santos, la squadra che lanciò Pelé, su consiglio di Sergio Clerici, l'attaccante brasiliano ex Bologna, Fiorentina e Napoli. "Non la presi molto in considerazione, mi dissi sono appena arrivato all'inter perché andare già via?". Del resto era giocatore da far incuriosire anche un certo Michel Platini, quando ad agosto con il suo Saint Etienne lo affrontò in amichevole e perse per 2-0 (gol di Altobelli e Marini): "non conoscevo molto dell'Inter, ma stasera ho capito perché è campione d'Italia, Altobelli e Beccalossi sono i migliori. Certo quest'Inter è sempre nei miei pensieri, ma non so se io sono ancora nei suoi" conclude "le Roi", anticipando quella imperdonabile retromarcia di calciomercato di Fraizzoli (qui ce la raccontò Mazzola). 

Pur essendo in buoni rapporti con la società, Beccalossi oggi non è nello staff interista, lo è stato fino al 2014. Lui non è uno da smancerie e opportunismi, altrimenti da presidente del Lecco non avrebbe licenziato l'allenatore Sergio Zanetti, fratello di Javier ("non potevo fare diversamente e i risultati seguenti mi hanno dato ragione").

Becca è un fantasista, nel campo e nella vita. Come cantato da Enrico Ruggeri nella canzone dedicata “a Beccalossi, Best, Meroni e tutti gli sregolati che hanno reso poetico il gioco del calcio”, come scrisse il cantante sul disco: "Io sono quello da guardare; quando ho voglia di giocare, sono schiavo dell'artista che c'è in me. Datemi il pallone, non parlate, poi correte ad abbracciarmi. Io sono l'ultimo egoista perché sono un fantasista; faccio quello che vorreste fare voi, quello che vorreste fare".

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Filippo Nassetti