C'era una volta la Bologna dello sport
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C'era una volta la Bologna dello sport

Il calcio in B nel 50° anniversario dell'ultimo scudetto, il basket che arranca dopo gli anni di "Basket City". E un futuro confuso a dispetto della passione

Una domenica così bestiale, la Bologna dello sport forse non l’aveva mai vissuta, con le tre contemporanee sconfitte delle sue squadre più rappresentative. Dolorosissima quella del Bologna FC che ha sancito la sua retrocessione in Serie B; indolore nella sua aurea mediocrità quella della Virtus pallacanestro, già esclusa dai playoff scudetto; inattesa e maligna quella della Fortitudo, sempre nel basket, all’esordio casalingo nei playoff di promozione dalla quarta alla terza serie.

Ultimi eventi di una città in profonda crisi sportiva, di risultati e di immagine, a partire dal caso più eclatante: quello della squadra di calcio. Nell’anno dei previsti festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario dell’ultimo scudetto - 1964, nel famoso spareggio di Roma contro l’Inter - il Bologna ha vissuto una lunga agonia certamente provocata dal “cupio dissolvi” di Albano Guaraldi, socio di maggioranza e presidente (stipendiato), e dall’insipienza dei suoi collaboratori. Incurante del sentimento comune della stampa e degli altri soci, ha smantellato una squadra già indebolita in estate, con il capolavoro al contrario della cessione di Diamanti in Cina a mercato invernale già chiuso per gli affari in entrata. Così, la formazione rossoblu è affondata nella palude della bassa classifica, lasciando molti dubbi sul futuro immediato. Ripartire dalla serie B non costituisce di per sé una morte civile sportiva, ma i nuvoloni economici sulla società si fanno sempre più neri, in un club che peraltro si era concesso il lusso di estromettere di fatto un socio rilevante come Massimo Zanetti (proprietario della Segafredo).

Quella che un tempo si fregiava del titolo di “Basket City” ha vissuto invece negli ultimi tempi una serie di colpi di scena e di alti e bassi da telenovela: estromissioni dai campionati, ritorni con nomi diversi e anche con più squadre contemporaneamente, tifoserie spaccate anche all’interno del singolo club, proprietari - ci si passi il termine - “guaraldiani”. L’estate scorsa tutto pareva essere tornato a una certa normalità, con entrambe le squadre riassestate e giustamente ambiziose. Nel caso della Virtus in Serie A con un sicuro rafforzamento societario, per esperienza e competenza, che però non ha prodotto risultati sul campo, con un gruppo che dalle ambizioni è passato agli affanni. Migliore il campionato della Fortitudo, tre serie più in basso, ma scivolone casalingo nel “derbino” con Cento alla prima uscita dei playoff, che potrebbe risultare deleterio... 

Questo lo spettacolo, al quale sia allo stadio che nei due palasport hanno assistito pubblici numerosi, ma - attenzione - per cifre irrobustite da migliaia di biglietti omaggio che sono ormai una prassi, mentre assistono spesso distratte le cosiddette "Istituzioni", con il Comune di Bologna che ha di consolidato una certa distrazione per lo sport di vertice. In definitiva, una città che aspirava a essere metropolitana molto prima della definizione per legge, ma che nello sport - e non solo - è tornata a essere un paesone. Causa ed effetto anche la mancanza di protagonisti: i campioni “made in Bologna” sono sempre stati pochi e generalmente hanno dato il meglio lontano, da Alberto Tomba a Gianluca Pagliuca a Marco Belinelli. Però un tempo a Bologna venivano grandi assi da fuori e i tre club li tenevano, non li svendevano, e così facendo attiravano interesse e soldi, di pubblico e di sponsor. C’era talento, in ogni settore, voglia di fare e capacità di riuscire.

Di immutabile c’è rimasta ora la capacità tutta bolognese di ridersi addosso. Come quel bello spirito che considerando l’operato di Guaraldi nel calcio e i risultati ottenuti ha coniato un creativo “Albano e Rovina”. Che non fa però riferimento alla felicità. Tutt’altro.

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Franco Montorro