Berlino andata e ritorno: cronaca (alternativa) della finale
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Berlino andata e ritorno: cronaca (alternativa) della finale

La sfida di Champions tra Juventus e Barcellona raccontata tra sogni di gloria e boccali di birra. Con un inatteso brindisi conclusivo

Tu dici, le soddisfazioni. Berlino, giorno della Finale. Sotto gli archi di Brandeburgo si scrivono le gesta di eroi impavidi alle prese con la disperata ricerca di un posto nella storia del pallone di tutti i tempi. Spagna o Italia, Barcellona o Juventus, la differenze sta nelle sfumature. Tra selfie che si travestono da moltitudine e generano rimandi più o meno diretti alle teorie futuristiche di Isaac Asimov (visto un tale che fotografava se stesso prestando attenzione a inquadrare un collega che si stava misurando con la stessa passione, chapeau), file interminabili per rendere omaggio alla Coppa che fu dei Campioni e magliette da calcio di ogni ordine e grado (perché tanto è la festa di tutti, anche di chi protagonista non lo sarà mai, vedi la coppia di amici che indossava la casacca del Bursaspor, squadre del campionato turco), si snocciola l'attesa di chi ci sarà e di chi proprio non ne vuole sapere di non esserci.

Buongiorno alla spina
La birra scorre a fiumi. Anche di prima mattina. Diavolo, sei a Berlino, vuoi non farti una pinta per colazione? C'è pure chi tenta rivendicazioni patriottiche più o meno lecite, più o meno probabili (alcuni veneti reclamano un quarto di rosso, possibilmente fermo e fresco), salvo poi alzare bandiera bianca e lasciarsi contaminare dall'allegria a forma di boccale. Una festa della birra che parla tutte le lingue del mondo. E cosa dire della sfilata incessante dei tassisti dell'Est che trasportano anime colorate da una parte all'altra del fiume Sprea? La Germania accoglie e sfama. E fa da sfondo a strette di mano che aiutano a stemperare la tensione. Tifosi del Barca e della Juve a festeggiare insieme prima che la tristezza scelga da che parte stare. Vince la birra. Vince lo sport.

Maxi-schermo? Nein!
Vince pure Berlino, che in un paio di giorni incassa un fiume di denaro da brindare a champagne per settimane. Funziona così a tutte le latitudini. E' la legge del mercato, paga la Champions con tutti i suoi affezionati frequentatori. Che se non si sono piegati alle richieste del mercato dell'ultima ora per il tagliando di una vita, devono fare il giro dei locali notturni per guadagnarsi uno spicchio di Tv. Il maxischermo? Alla porta di Brandeburgo non c'è. Bisogna farsene una ragione.

Arriva la partita e la rivalità del campo prende la forma di un canto corale. Con gli affezionati del Barca che tirano fuori delle tasche il santino di Messi e sfoggiano una fiducia carica di significati, mentre gli juventini si guardano in faccia e trattengono il respiro. "Abbiamo già vinto", dice con fierezza il papà al bambino. "No, io voglio vincere", risponde il bambino al papà, evidentemente sorpreso dal piglio battagliero dell'erede. Le cose vanno come è noto. Tra rimproveri, rimorsi e rimostranze. Ma il tempo di applaudire in direzione di chi canta e di chi non ha più forza per farlo, e poi è di nuovo festa. Comune. Blaugrana con bianconero, una sfilata di abbracci e di pacche sulla spalla annaffiate dalla solita birra, il cappello sulle ventitré a una serata che pare non finire mai. E per alcuni, è davvero così.

Alla salute... dell'efficienza
Poi è tempo di raggiungere l'aeroporto, convinti che "in Germania l'efficienza prima di tutto". E invece, no. Non questa volta. Perché tra voli rimandati, non spiegati e improvvisati, è un via vai di speranze che sbattono su una realtà incontestabile: anche a Berlino sbagliano. Ne fanno le spese anche personaggi noti e meno noti, che passano il tempo a stringere mani e a commentare quanto poteva essere e non è stato. La rivalsa del tricolore sulla strapotenza tedesca: "Dài che presto o tardi ce la giochiamo pure con loro", azzarda qualcuno sorseggiando un'ultima birra. E non intende su un campo da calcio.

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Dario Pelizzari