Juventus, esame fallito: torna la paura d'Europa
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Juventus, esame fallito: torna la paura d'Europa

La sconfitta contro l'Atletico Madrid riporta a vecchi vizi di una squadra capace di dominare solo in Italia

Esame fallito e quello che più dà fastidio, lasciando Madrid per fare ritorno a Torino, è che l'alunno Juventus, tanto bravo e diligente a casa sua, ha dimostrato ancora una volta di non essere capace di trasferire le sue qualità quando si incontra con gli alunni della classe vicina. Fuor di metafora, esame fallito perché l'Euro-Juve continua a essere lontana parente di quella che in serie A domina in lungo e in largo da tre anni: timida, impacciata, rinunciataria e con evidenti problemi di gioco e di crescita. Il fatto che il girone sia ancora in perfetto equilibrio perché il Malnoe ha battuto l'Olympiakos, non deve ingannare: la qualificazione è tutt'altro che scontata e serve un cambio di passo immediato, già a partire dalla prossima sfida con i greci che assomiglierà a un dentro o fuori soprattutto dal punto di vista psicologico. Vietato fallirlo.

La sconfitta di Madrid è figlia innanzitutto della rinuncia della Juventus a cercare di vincere. Contro i vice campioni d'Europa si può perdere e al Vicente Calderon hanno perso in tanti, però tentare è obbligatorio e il passo indietro che i bianconeri mettono a bilancio è frutto proprio di questa rinuncia. Cosa serve tenere palla così a lungo (61% del totale) se poi non si arriva nemmeno una volta a tirare nello specchio della porta di Moya? Al Calderon è successo e con questi numeri non si vince. Mai. Se poi a centrocampo la maggior parte di queli palloni passa dai piedi sapienti, ma non troppo, di Marchisio e gli incursori Vidal e Pogba si fanno prendere sul ritmo e sul pressing dai rispettivi avversari, vedere qualcosa in verticale diventa impossibile. Impresa che, infatti, non è riuscita e che ha esaltato la ragnatela costruita dal solito Simeone.

E' mancato Pirlo, anche se non è detto che con lui in campo le cose sarebbero cambiate. E' mancata, però, la sua capacità unica di creare dal nulla, di trovare spazi e opportunità che mancavano come l'aria da respirare e che hanno finito per soffocare anche Tevez e Llorente, costretti a giocare spalle alla porta e quasi unicamente di sponda. Meglio Morata nel finale, ma 8 minuti sono troppo pochi per giudicarlo: Allegri farà bene, però, a dargli in fretta una chance vera di mostrare il suo potenziale impatto sulla Juventus. Il gol con cui Arda Turan ha messo al tappeto la Vecchia Signora è stato quasi casuale, ma queste partite vengono spesso decise da un episodio slegato dal contesto. L'importante è (sarebbe) mettersi in condizione di poter avere il colpo singolo, cosa che i bianconeri - nella loro orrenda tenuta verde acquarello - non hanno fatto.

L'autocritica spietata di Buffon ("Per crescere bisogna osare") va letta come uno sprone a tutti e un piccolo segnale d'allarme. Quello di Madrid era prima di tutto un esame per Massimiliano Allegri. La Juve lo ha voluto per il dopo-Conte proprio per la sua maggiore propensione in Europa. E' qui che deve essere un valore aggiunto, considerato che in campionato il rendimento della squadra dei record è difficilmente migliorabile. Contro il Malmoe si era visto ordine e attenzione a non suicidarsi con le proprie mani, a Madrid però si è tornati indietro. Se c'è un paragone che può essere fatto è tra i 90 minuti del Calderon e quelli fatali di Istanbul nel dicembre scorso: anche lì gara di una bruttezza assoluta decisa nel finale da un colpo singolo. Non è un bel ricordare, ma deve servire per capire che alla Juve c'è dannata urgenza di un cambio di passo.

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Giovanni Capuano