Quanto “vale” Miami senza LeBron James?
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Quanto “vale” Miami senza LeBron James?

Dopo l'addio del Prescelto, che sta vendendo la sua mega villa sul mare, gli Heat rischiano il flop. Come Cleveland nel 2010

Adesso che l’unica cosa che lo lega a Miami è la sua mega villa (vedi foto) a Coconut Grove – recentemente messa in vendita alla cifra record di 17 milioni di dollari – la domanda che si fanno tutti dalle parti di South Beach è più o meno la stessa: cosa ne sarà degli Heat senza LeBron James?

Dopo che il Prescelto ha preso le decisione di tornare a casa, a Cleveland, Miami rischia infatti di trasformarsi da una delle squadre più “cool” dell’Nba, e finalista nelle ultime quattro stagioni, in una una delle tante franchigie della lega, lontana dalle luci della ribalta e senza quell’appeal – in senso mediatico ed economico – che il fenomeno con il numero 6 (ora tornato 23) era in grado di generare. 

Sotto questo punto di vista i precedenti, anzi “il precedente” – quello dell’addio di LeBron ai Cavs – non è per niente confortante per gli Heat. Quando, nel 2009, James era all’apice della sua prima esperienza in Ohio, Cleveland valeva – secondo i dati degli esperti di Forbes – 476 milioni di dollari e ne incassava 161 all’anno da sponsor, biglietti e diritti televisivi.

L’anno successivo all’addio di Lebron –avvenuto nel 2010, in diretta tv attraverso l’ormai celeberrima “the decision” –  il valore della franchigia sarebbe sceso a 355 milioni, per arrivare ai 329 del 2012.  Allo stesso modo il palazzetto che con James, sempre nel 2009, era costantemente sold-out si è letteralmente svuotato, tanto che l’attuale 84,2% di posti a sedere riempiti è ben al di sotto della media Nba.

Al contrario a Miami – dopo gli anni bui che hanno fatto seguito a titolo del 2006 – con l’arrivo di LeBron era tornato il sole. Se infatti nel 2009 (un anno prima dell’arrivo del Prescelto) la franchigia valeva 364 milioni di dollari e ne incassava 124, oggi gli Heat sono la settimana franchigia Nba come valore di mercato (770 milioni di dollari), la quarta alla voce incassi (188 milioni) e lo stadio di casa è pieno al 100,9%  – lo era al 90,5% nel 2009 – della sua capienza.

Alla luce dei numeri, la paura dei tifosi degli Heat che senza James la franchigia diventi una squadra di terza se non di quarta fascia è più che giustificata. Con i soli Bosh e Wade – quest’ultimo in fase calante, soprattutto dal punto di vista fisico – a regalare un po’ di glamour al roster, gli Heat potrebbero essere alla porte in una lunga fase di ricostruzione che allontanerebbe media, pubblico e giocatori dall’American Airlines Center. 

La buona notizia è che nell’era James il mercato digli Heat è cresciuto talmente tanto– anche grazie alla vendita delle Jersey con il numero 6 –che la perdita di valore della franchigia, almeno nel breve periodo, potrebbe non essere così drammatica. Il tutto senza considerare la differenza di appeal – e qui il basket centra poco – tra le due città: una (Miami) con spiagge e 30 gradi tutto l’anno, l’altra (Cleveland) affettuosamente chiamata “the mistake on the lake”, letteralmente "l'errore sul lago”. Anche per questo molti giocatori importanti – LeBron compreso – sembra siano e siano stati interessati in passato a giocare sulle calde sponde di South Beach.

Insomma se i presupposti per Miami di ricostruire un gruppo vincente anche nel post-James potrebbero esserci molto di dipenderà da lavoro del GM Pat Riley. A lui il compito di trovare nuove stelle per far sì che Miami non diventi, senza LeBron, solo una meta di villeggiatura.

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Teobaldo Semoli