Nba: perché i 70 punti di Devin Booker non convincono del tutto
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Nba: perché i 70 punti di Devin Booker non convincono del tutto

I "però" della notte da record della guardia dei Phoenix Suns: è davvero una prestazione da leggenda?

Una notte speciale, unica, che vale l'entrata di diritto negli annali dell'Nba, forse non nella leggenda e nemmeno nella storia. I 70 punti di Devin Booker, figlio del Melvin visto a Pesaro e Milano negli anni 2000, sono certamente qualcosa di straordinario e celebrano l'immenso talento della guardia classe 1996 di Phoenix, giocatore più giovane di sempre a marcare 60 punti in una partita, che si è iscritto a un club ristrettissimo di leggende Nba capaci dell'impresa: Kobe Bryant, Wilt Chamberlain, David Robinson, Elgin Baylor e David Thompson.

Senza entrare nel merito dell'efficacia della difesa di Boston, che comunque si starebbe giocando il numero (tra 1 e 4) di testa di serie a est, i 'però' della prestazione di Booker sono tanti e sono tutti lì da vedere: il primo è stato sottolineato proprio dai Celtics, 'vittime' (e complici..) della prestazione monstre della guardia da Kentucky, che hanno fatto notare lo strano comportomento dei Suns, al settimo cielo per i canestri a ripetizione di Booker nonostante la sconfitta che si profilava all'orizzonte - Phoenix è stata in svantaggio in doppia cifra per tutto il secondo tempo - e materializzatasi poi nel 130 a 120 a finale in favore dei padroni di casa. 

Nel finale di partita i ragazzi di coach Watson hanno fatto di tutto per fare in modo che il loro giovane compagno, autore di 50 punti nel solo secondo tempo, potesse raggiungere l'ambito record, addirittura ricorrendo a falli sistematici e due timeout chiamati, negli ultimi 2 minuti, che considerati i 15 punti di passivo avevano poco senso se non nell'aiutare Booker a realizzare i 18 punti che gli servivano per raggiungere quota 70.

Non è così assurdo che in prestazioni individuali di questo tipo i compagni di squadra diventino comparse fondamentali dello show. Nel quarto tempo della leggendaria notte dei 100 punti di Chamberlain gli schemi offensivi di Philadelphia erano ridotti a un "Give it to Wilt, give it to Wilt" suggerito a gran voce anche dai 5.000 spettatori in deliro della Heshey Sports Arena. D'altra parte Chamberlain e Phila uscirono vincenti da quella partita, con i Knicks che fecero di tutto negli ultimi 5 minuti per togliere la palla dalle mani del centrone dei Warriors commettendo falli sistematici su tutti, tranne che su di lui.

Si concluse con una vittoria, per lui e per gli Spurs, anche la serata dei 71 punti di David Robinson nell'ultima giornata della regular season Nba 1993-1994 con i giocatori di San Antonio che sicuramente avevano nel loro piano partita di provare a far mantere all'Ammiraglio, allora nel momento di massimo splendore della sua carriera, il primato nella classifica marcatori insidiato da un giovane Shaquille O'neal.

Al di là di strategie e stratagemmi vari, il comune denominatore di simili exploit è ovviamente il talento necessario per segnare 70 punti in un campionato professonistico: Devin Booker ha dimostrato di averlo, ed è stato un piacere ammirarlo. La panchina dei Suns che esultava davanti a una sconfitta, sebbene ampiamente prevista e addirittura auspicata per ottenere le migliori chance nella prossima Draft lottery, no, non ci è piacuta. Ed è conseguenza di un problema che l'Nba nasconde sotto il tappeto da ormai troppi anni.

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Teobaldo Semoli