Atletica - Dopo Howe, costretta a rinunciare a Londra anche la Di Martino
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Atletica - Dopo Howe, costretta a rinunciare a Londra anche la Di Martino

L'atleta azzurra non si è ancora ripresa bene dall'infortunio alla gamba sinistra

L’ufficialità arriverà nelle prossime ore, ma le speranze sono ormai ridotte al lumicino. Antonietta Di Martino, 34enne atleta delle Fiamme Gialle, punta di diamante della Nazionale azzurra di atletica, specialità salto in alto, non prenderà parte alla spedizione olimpica. Colpa dell’infortunio rimediato alla gamba sinistra lo scorso 21 aprile a Tenerife, durante uno dei tanti allenamenti di preparazione per i grandi appuntamenti estivi. Ha fatto di tutto per essere pronta per Londra. Ma non ce l’ha fatta. Pare non abbia recuperato appieno dal guaio muscolare che già altre volte le aveva impedito di raggiungere risultati straordinari. Lo staff medico che la segue non vuole rischiare una ricaduta che potrebbe essere decisiva e determinante per la sua carriera. Insomma, tranne ripensamenti clamorosi dell’ultimo momento, la Di Martino dovrà dire addio al podio olimpico. A 34 anni, difficile immaginare che ci potrà essere per lei un’altra chance. Peccato.

Anche perché, numeri alla mano, la Di Martino era una dei pochi, meglio, pochissimi atleti di casa nostra che avrebbero potuto far grande l’Italia a Londra. Dal 2007 è una delle migliori nel salto in alto a livello internazionale. Nel corso di quell’anno arrivarono l’argento agli Europei di Birmingham e l’argento ai Mondiali di Osaka. Due anni più tardi, la prima medaglia d’oro in una manifestazione aperta alle big di tutto il mondo. Il successo prende forma a Pescara, ai Giochi del Mediterraneo. E purtroppo il traguardo non si ripete pochi mesi dopo ai Mondiali di Berlino, soltanto quarta, pure se con una misura (1,99) tutt’altro che trascurabile. Da allora, un crescendo stellare. Nel 2011, medaglia d’oro agli Europei e bronzo ai Mondiali. E nel 2012 le cose erano iniziate benissimo. Argento agli Europei di Istanbul. Primato stagionale. Poi, l’infortunio, il buio, la disperazione per via della probabile rinuncia alle Olimpiadi. Rinuncia che oggi diventerà realtà definitiva e dannatamente irrinunciabile.

Il forfait della Di Martino segue di qualche ora la notizia dell’esclusione da Londra 2012 della grande promessa dell’atletica azzurra, Andrew Howe, che domenica scorsa, agli Assoluti di Bressanone, non è riuscito a scendere sotto il tempo fissato dalla Federazione atletica italiana per strappare un pass per i Giochi. Una manciata di centesimi, forse meno. 20”76 contro i 20”65 previsti dalla Fidal. Nessuno sconto o corsia preferenziale. Howe non andrà a Londra, almeno non per gareggiare nei 200 metri. E nemmeno nella staffetta 4x100.

Il 27enne nato a Los Angeles ne è convinto: “io meritavo di avere quel pass”. Perché? Semplice, “perché – parole sue – senza il vento in faccia avrei corso entrambe le volte (ndr, batteria e finale) ben al di sotto di quel 20”65”. A stretto giro di posta, è arrivata la risposta piccata di Gianni Petrucci, presidente del Coni. “Rispetto le sue opinioni, ma non le condivido. Sa quanto lo stimiamo, è un atleta straordinario e meritava, ma come altri. E' stata una decisione presa d'intesa con la Fidal, non potevamo fare altro”. Punto, fine delle discussioni. L’atletica italiana farà a meno di lui.

Fuori la Di Martino e fuori Howe, pure se per ragioni diverse, le grandi speranze dell’atletica italiana sono riposte quasi esclusivamente sull’altoatesino Alex Schwazer, il primo azzurro dopo Pamich a conquistare l’oro nei 50 km. A Pechino ha raggiunto un successo semplicemente eccezionale, sbaragliando la concorrenza in modo autorevole e imperioso. Schwazer è in forma, tanto che qualche giorno fa ha fatto sapere che potrebbe gareggiare anche nella 20 km. Per fare bene, ovviamente, sicuramente meglio delle ultime due edizioni dei Mondiali, dove non è andato oltre il nono posto. L’Italia dell’atletica conta su di lui per alzare la testa e guardare con fiducia al domani. Gli ultimi Europei di Helsinki hanno dimostrato che le cose non vanno per il verso giusto (11° nel medagliere finale, 3 medaglie in tutto, compreso l’oro per Di Donato nel salto triplo) e che qualcosa deve essere fatto per cambiare l’inerzia di un settore in crisi da tempo.

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Dario Pelizzari