Schwazer e doping, verdetto vicino: perché è stato abbandonato?
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Schwazer e doping, verdetto vicino: perché è stato abbandonato?

L'8 agosto a Rio il Tas decide se riammetterlo dopo il controverso caso di doping. Il marciatore e Donati lasciati soli dal sistema

Lunedì 8 agosto Alex Schwazer correrà la più importante e forse ultima marcia della sua vita. Comparirà a Rio de Janeiro davanti al Tas per cercare di convincere i giudici di essere stato vittima di un complotto, di non essere ricaduto nella tentazione del doping e di non meritare la condanna a vita (sportiva) e la rinuncia alle Olimpiadi che ha inseguito tornando alle gare lo scorso maggio dopo 3 anni e 9 mesi di squalifica. Quelli sì giustificati dal suo comportamento.

Non si sa a che ora iniziera l'udienza, quanto durerà e chi potrà intervenire. Quali dei testi invocati dall'altoatesino (che però ne ha dovuti lasciare molti in Italia non potendo pagare le spese a tutti) potranno intervenire, quali richiesti dalla Iaaf e quanto si potrà argomentare e andare a fondo. Non lo sa lui e non lo sa Sandro Donati, nume dell'antidoping che in questa vicenda recita il ruolo dell'allenatore di un atleta convinto dell'innocenza del suo uomo.

Un processo sommario e senza diritti di difesa

A Rio, dunque, rischia di andare in scena un processo farsa o quanto meno sommario, senza piena garanzia dei diritti della difesa come del resto accade dall'inizio di una storia che, va ricordato, è cominciata la mattina del 1° gennaio 2016 con il controllo a sorpresa a Racines salvo poi mettere tutto sotto la sabbia per sei mesi. E annunciare la positività, riscontrata solo a un secondo esame del campione molto tardivo, quando i tempi per evitare il bando dai Giochi erano ormai ampiamente trascorsi.

Se Schwazer ha ancora un barlume di speranza di correre la gara per la quale si è preparato è solo per la tenacia di Donati che non accetta di vedere macchiata la sua immagine e si batte per salvare Alex. Che se si fosse ridopato davvero meritebbe l'inferno (sportivo), ma che ha diritto ad avere risposte sulle tante domande inevase delle ultime settimane, sulle telefonate 'minatorie' al suo tecnico che tutti hanno potuto sentire e, in ultima istanza, a provare a spazzare il sospetto di marcio che acompagna tutta la vicenda.

Schwazer e Donati abbandonati da tutti

Schwazer e Donati vanno al Tas da soli, accettando data e luogo imposti dalla Iaaf che negli ultimi mesi è stata travolta da scandali ben peggiori di quelli del marciatore altoatesino e che certamente si fatica a ritenere al di sopra di ogni sospetto. Nessuno ha alzato un dito per sostenere l'atleta azzurro e il suo allenatore, che pure ha avuto un ruolo centrale nella lotta al doping degli ultimi decenni. Nessuno. Vanno da soli, abbandonati prima di tutto da quelli che a Rio ci sono già per sperare di prendere medaglie e di festeggiare l'Olimpiade.

E' l'aspetto più incredibile di questa storia. Che il Coni, ad esempio, non sposi acreiticamente la tesi del complotto è comprensibile: servono prove. Ma che non senta il dovere di schierarsi al fianco di Schwazer e Donati nel chiedere un giusto processo e le minime garanzie davanti a incongruenze che sono sotto gli occhi di tutti fa pensare male. E fa malissimo. Fino a prova contraria Alex è un atleta che ha sbagliato e pagato il conto come altre centinaia che gareggeranno e magari vinceranno a Rio.

Invece nulla. Lui e Donati da soli, l'opinione pubblica divisa e confusa. Difficilmente Schwazer riavrà la sua Olimpiade e la riabilitazione, ma qualunque verdetto esca dal Tas sarà difficile accettarlo serenamente. Sempre augurandosi di non scoprire un giorno che non si è fatto di tutto per andare a fondo. E mentre Alex & Sandro volano da soli verso il loro destino, i saggi del Cio riammettono una fetta importante della delegazione russa sbattuta fuori dopo aver letto le pagine durissime del rapporto della Wada sul doping di stato. Sicuri che sia tutto normale?

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Giovanni Capuano