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Nazionale volley: le dimissioni di Berruto e il fallimento di un progetto

L'addio del ct arriva sì inatteso, ma dopo tante incomprensioni con la squadra e una lunga mancanza di risultati. Si riparte da zero, con Rio 2016 in palio

Rifarebbe tutto, compreso rimandare a casa i quattro disobbedienti azzurri che avevano infranto le regole nel ritiro a Rio de Janeiro alla vigilia delle finali della World League di volley. Educazione e valore della maglia della Nazionale: questo il vangelo di Mauro Berruto, che poche settimane fa ha voluto lanciare un segnale chiaro e inequivocabile al mondo dello sport. Mai, però, si sarebbe aspettato che quella scelta etica si sarebbe trasformata in un boomerang capace di portarlo alle dimissioni dal suo incarico di commissario tecnico...

Lo sfogo dell'ex ct
"Il clima generatosi intorno alla squadra, in relazione al provvedimento disciplinare nei confronti di quattro atleti da me deciso in occasione della Final Six di World League a Rio de Janeiro", ha scritto Berruto sul suo blog, "mi ha reso consapevole di non sentire più quella fiducia completa nel mio operato che sempre ho sentito e che è condizione necessaria per poter svolgere questo straordinario compito. Il dolore di rinunciare al mio ruolo di ct a un mese dell’obiettivo verso il quale tutto il mio lavoro era stato indirizzato nel quadriennio olimpico, non è negoziabile rispetto alla difesa di valori che ritengo fondamentali quali il rispetto delle regole e della maglia azzurra. Valori che ritengo altresì fondamentali nella mia visione di sport".

Certezza dei valori da una parte, ma spogliatoio azzurro spaccato dall'altro: "Il coro di chi ha letto nella mia decisione incapacità di gestione, inadeguatezza al ruolo, danno economico o addirittura causa scatenante di una brutta immagine per il nostro movimento mi fa pensare che il rispetto delle regole sia diventato merce negoziabile davvero", si legge sempre nella nota via social.

L'analisi dei fatti (e dei risultati)
Nel pieno rispetto della coerenza dell'uomo prima ancora che del coach, non si può ignorare la triste verità degli annali del volley azzurro: Berruto l'educatore, 135 volte sulla panchina della Nazionale maschile, ha fallito la sua missione. Perché non ha vinto più nulla dopo il bronzo olimpico di Londra 2012 nonostante un organico molto competitivo, ritrovandosi con una squadra che per certi versi non lo seguiva più da tempo.

Dettaglio peggiore di tutti: è venuto a mancare il senso di appartenenza, proprio il must dell'avventura azzurra di Berruto, che tra l'altro s'è detto osteggiato anche dalla stessa Lega Pallavolo. Per questo i vertici federali sono ora chiamati a una scelta che non solo ridia una guida alla Nazionale (cui spetterà l’importante compito di gestire l’integrazione di Juantorena e il probabile ritorno di Zaystev, Travica, Sabbi e Randazzo, ovvero i 4 azzurri della discordia), ma che contribuisca anche a rilanciare l'immagine dell'intero movimento, decisamente offuscata agli occhi degli appssionati e non dalle ultime vicende.

I nomi per il rilancio
Dal giovane e quotato Gianlorenzo Blengini (vice allenatore azzurro e coach della Lube), al plurimedagliato Radostin Stoytchev (sulla panca di Trento), alla bandiera azzurra Lorenzo Bernardi (che attualmente allena ad Ankara, in Turchia) per finire con Angelo Lorenzetti (ora a Modena): questi i nomi dei possibili successori di Berruto. Tutti graditi ai tifosi, ma non al presidente federale Carlo Magri, al quale non piacciono i doppi incarichi: è storia recente il suo no, nel femminile, a Massimo Barbolini (che poi lasciò Perugia per dedicarsi all’Italia) a Giovanni Caprara e per ultimo a Giovanni Guidetti. In tutti i casi, vietato sbagliare: c'è in ballo Rio 2016 e non solo.

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Piero Giannico