Di Rocco, Federciclismo: "Obiettivi raggiunti"
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Di Rocco, Federciclismo: "Obiettivi raggiunti"

Il presidente federale spiega le ragioni della sua soddisfazione per i risultati raggiunti ai Mondiali di Valkenburg. "Non potevamo fare di più, nemmeno se avessimo convocato gli esclusi"

Il domani dei Mondiali di Valkenburg è un acquerello a tinte appena sbiadite. L'azzurro c'è, ma è leggermente sfumato. Su tutto, domina il celeste del belga Gilbert, che ieri è stato protagonista di un allungo eccezionale, probabilmente incolmabile. Per tutti, Nibali compreso, che nulla ha potuto contro la verve del due volte campione dell'Amstel Gold Race, rinnovato nello spirito e nelle gambe dalla Vuelta spagnola. Anche la Spagna dei fenomeni ha dovuto alzare bandiera bianca contro di lui. Insomma, c'era poco da fare. Anche se le premesse in casa Italia fossero state diverse - vedi la rivoluzione nella squadra azzurra per lo stop imposto dalla Federciclismo a tutti i ciclisti coinvolti in casi di doping, colpevoli o ancora in attesa di giudizio - probabilmente il risultato finale non sarebbe cambiato. Ne è convinto anche il presidente federale Renato Di Rocco, che ha accettato di dire la sua sulla gara a Panorama.it.

Presidente, la domanda è d'obbligo: si poteva fare di più?

No, anche se c'era molto entusiasmo perché la squadra era molto compatta e molto motivata. Però, le scelte che avevamo fatto a monte imponevano razionalità, nel senso che ci interessava che il gruppo fosse protagonista e in gara ha dimostrato di esserlo, gestendo l'80% della corsa nel modo migliore. A noi interessava più di tutto costruire un gruppo. Adesso bisogna dargli tempo per fare esperienza. Sei corridori su nove erano al debutto. Solo con l'entusiasmo potevamo sperare di più. Il risultato e il modo in cui è maturato per noi è soddisfacente...

Quale voto si sentirebbe di dare alla spedizione azzurra? Chi l'ha convinta e chi ha deluso le sue aspettative?

Beh, qualcuno è stato sfortunato, perché c'è stata una caduta di gruppo che certo non ci ha aiutato. Gatto potevamo averlo nel finale ed è stato comunque bravo a finire la corsa, malgrado i segni evidenti sul ginocchio. Nibali sa correre in quella maniera. Si sentiva bene nell'ultimo tratto e la squadra ha pedalato per lui. Insomma, diciamo che se dovessi dare un voto alla Nazionale, direi 7-, perché gli obiettivi, ripeto, erano creare un team e il team c'è, con due riserve di lusso (ndr, Capecchi e Nizzolo) nella crescita della squadra.  

Come diceva lei, il ct Bettini ha presentato in Olanda una Nazionale piena di esordienti e debuttanti. Sempre convinto che sia stato giusto non convocare i ciclisti con a carico un procedimento in corso per doping? Di fatto, non sono ancora stati dichiarati colpevoli...

Io e il ct abbiamo fatto un percorso parallelo. Un esercizio culturale, se mi passa il termine. Io guardavo la parte etica, lui la parte tecnica. Ma alla fine ci siamo ritrovati allo stesso punto. Ci poteva essere soltanto un corridore di differenza (ndr, Bennati), ma la presenza di Cataldo e Marcato, con lo spessore tecnico che hanno fornito in gara, annulla ogni dubbio. Perché alla fine non abbiamo escluso atleti di grande valore che avrebbero potuto cambiare il finale della gara. Contro quel Gilbert, non è servita nemmeno una Spagna fortissima, per cui io credo che si tratti soltanto di avere pazienza perché il gruppo c'è ed è motivato.

Crede che il segnale sia arrivato a destinazione? La Federciclismo ha sposato la linea della "tolleranza zero" per tutti gli atleti che in passato hanno fatto ricorso al doping. E' questa la strada giusta per migliorare le cose e rendere il ciclismo uno sport più pulito?

Dobbiamo partire dal nostro punto di partenza. Intanto, abbiamo una magistratura differente dagli altri Paesi, che infatti non riescono a comprendere perché noi seguiamo questo percorso. C'è un dato: abbiamo un numero di atleti superiore a quello di tutte le altre nazioni. E' chiaro che quando ci sono inchieste o indagini, è più probabile in termini percentuali che vengano coinvolti atleti italiani. E poi, ripeto, atleti del calibro di Ballan, che deve essere ancora giudicato, certo non cambiavano l'esito della corsa.

Quindi, mi conferma che per lei questa è la strada giusta...

Beh, credo di sì. Perché le polemiche sugli esclusi che hanno accompagnato la Nazionale al Mondiale hanno significato che il valore della maglia azzurra è fantastico. E questo era il nostro scopo primario. Rendere appetibile la maglia azzurra a tutti gli atleti. Indossare la maglia azzurra deve essere un simbolo assoluto. Mi auguro comunque che i ciclisti in attesa di giudizio riescano a chiarire la loro posizione anche nell'interesse del ciclismo italiano. Ovviamente, siamo stati un po' indeboliti da tutte le indagini e le problematiche che abbiamo avuto e paghiamo ancora un prezzo importante anche a causa dei tempi lunghi delle magistrature. Ma il nostro voleva essere un segnale forte. Si può essere buoni atleti seguendo la strada principale senza ricorrere a deviazioni di alcun tipo...

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Dario Pelizzari