Carolina Kostner: il doping nasce dall'ossessione
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Carolina Kostner: il doping nasce dall'ossessione

"E Alex mi ha deluso, ma ora sarebbe un ottimo testimonial nelle scuole". Sempre al fianco di Schwazer, la pattinatrice si racconta in pista e fuori

Il giorno di libertà dagli allenamenti lo passa all’Alpe di Siusi per girare uno spot sulle tisane rilassanti. In realtà la sua agenda è tutt’altro che rilassata. Carolina Kostner, 26 anni, sta preparando l’ultima grande battaglia sportiva in cui non ha mai vinto: le prossime Olimpiadi di Sochi, in terra russa. Una che ha conquistato 17 medaglie in 8 anni, campionessa mondiale, europea, italiana, una che insomma è la numero uno del ranking mondiale nel pattinaggio artistico sul ghiaccio, tenta di chiudere in bellezza portandosi in bacheca l’unica medaglia che le manca. 

Figlia di una umile famiglia di Ortisei, in Sud Tirolo, papà falegname e mamma che lavorava in una scuola. I genitori però hanno sempre amato i pattini e Carolina non poteva evitare di finire lassù, in bilico sulle lame a fare volteggi, piroette, flip, loop, axel e diavolerie impossibili a ritmo di musica. Carolina è anche la fidanzata di Alex Schwazer, medaglia d’oro a Pechino 2008 nella 50 km di marcia, beccato dall’antidoping alla vigilia dei Giochi di Londra 2012 e squalificato per tre anni e sei mesi da tutte le competizioni del mondo. 

Così, a spanne, quante volte sarà caduta? 

"Diciamo che ogni giorno cado sul ghiaccio almeno una decina di volte, pattino da 11 anni. Facciamo 30 mila volte, cifra approssimata per difetto". 

Più facile cadere o più difficile rialzarsi? 

"Più difficile rialzarsi. A parte i lividi e le botte, per rialzarsi ci vuole coraggio, umiltà. Non puoi nasconderti, ti devi rialzare davanti a tutti". 

Federica Pellegrini e Tania Cagnotto, come lei, sono cadute e si sono rialzate. 

"Sono contenta per loro, sono due campionesse straordinarie e Tania è anche amica mia". 

Mai invidiosa della loro popolarità? 

"Invidio solo il non saper fare la verticale su una piattaforma a 10 metri di altezza. L’invidia non mi appartiene perché la mia disciplina è la creazione di uno spettacolo: ci sono la musica, la danza, le coreografie, i costumi. Il punteggio dei giudici, e quindi la vittoria o la sconfitta, è solo uno dei tanti aspetti e quindi c’è poco da essere invidiosi". 

Tornasse indietro rifarebbe gli stessi errori? 

"Forse qualcuno me lo risparmierei". 

Cambiare l’allenatore e andare negli Stati Uniti prima delle Olimpiadi di Vancouver è stato un errore? 

"Sì, ma mi è servito tanto. Lì, sola e sperduta nella periferia morta di Los Angeles ho capito il valore della mia famiglia, delle mie radici e del mio vecchio allenatore. Se non avessi fatto flop alle Olimpiadi, forse non l’avrei capito".

L’ex presidente del Coni, Gianni Petrucci, la scelse come portabandiera a Torino 2006 ma dopo il disastro di Vancouver disse: "La Kostner forse non è una campionessa...". 

"Durante quella gara maledetta sono caduta quattro volte e quattro volte mi sono rialzata e ho continuato fino in fondo pur non avendo nessuna speranza. Se il capo dello sport non capisce questo, mi dispiace. Ma dopo, nel mio ennesimo rialzarmi, sono salita sul podio 17 volte consecutive e l’ho fatto anche per rispondere con i fatti a quella ferita". 

Dopo le Olimpiadi di Sochi smetterà? 

"Probabilmente sì. A 26 anni ci si sente vecchi con il corpo anche se la testa lavora meglio. Ma dopo l’agonismo ci sono ancora mille cose da fare sui pattini: allenare i bambini, continuare 'Opera on Ice', preparare un musical, divertirsi".

Sogna una vita normale? 

"Sì, ho mille cose da fare. Ma per i figli è ancora presto". 

Cos’è questa passione per "Opera on Ice"? 

"Ma lei ha presente che mettiamo il ghiaccio nell’Arena di Verona? Trentacinquemila litri d’acqua con i più grandi del mondo a pattinare sulle note di arie tratte da Carmen, Aida, Turandot, Romeo e Giulietta. Il 28 settembre sarà una festa incredibile". 

Le piace la lirica? 

"In realtà non la conoscevo per niente prima di cominciare Opera on Ice". 

Ma ora lei ascolta Lady Gaga o "Rigoletto"? 

"Prima di una gara ascolto Mozart in cuffia perché mi rilassa e allo stesso tempo mi carica. Poi adoro andare in discoteca e lì ascolto musica house".

Una figura dell'opera che le somiglia? 

"Ma no, quelle donne sono tutte cupe, tristi, dannate. Io sono una ragazza solare, dei monti e dei pascoli". 

Lei ha un debole per Roberto Bolle. Se lo avesse a casa sua cosa gli farebbe? 

"Quanto tempo ho? Vanno bene quattro ore? Mi siederei sul divano e gli chiederei di ballare per me". 

Veniamo alle note dolenti: è difficile per un’atleta essere la fidanzata di un dopato? 

"Se ami qualcuno decidi di stargli accanto. Non mi sono chiesta se fosse facile o difficile perché era una cosa che sentivo". 

Sarebbe stato più facile voltargli le spalle come hanno fatto tanti?

"Forse sì, molti lo hanno mollato appena è avvenuto il naufragio. Ma io non ci ho pensato nemmeno un secondo". 

Scusi, non so se a Ortisei si dice, ma lei si sente una donna "con le palle"? 

"Se mi metto in testa una cosa, di solito riesco ad averla. Sono meno brava con le parole". 

La cattiveria che più l’ha colpita? 

"Il fatto che ogni giornalista, anche quando si parlava di Carolina Kostner pattinatrice, tirasse fuori la domanda su Alex". 

Come sto facendo io? 

"Ormai ci ho fatto il callo e ci rido pure sopra, però all’inizio è stato brutto". 

Mai un momento di depressione o tentazione di mollarlo? 

"È stato un dolore enorme, una delusione grandissima, ma quello che è successo tra di noi è qualcosa di troppo intimo e quindi a questa domanda non le rispondo". 

Lei ha sempre detto che non si è accorta di niente. Ma se avesse scoperto, prima che scoppiasse lo scandalo, che Alex si dopava, che avrebbe fatto? 

"Penso che lo avrei lasciato". 

Chi l’ha delusa di più e chi invece le ha dato un grosso aiuto? 

"A parte la delusione subita da Alex, non ho sopportato tutti quelli che lo hanno abbandonato dall’oggi al domani. Mi hanno tanto aiutato i miei genitori. Mio padre, che è uomo di sport, ha provato a capire. E poi una persona meravigliosa è stata Giulia Mancini, l’agente mia e di Alex". 

I suoi genitori hanno condiviso la scelta? 

"I miei hanno sempre rispettato le mie scelte e, anche se non le condividevano, mi sono sempre stati accanto. Questo è un modo bellissimo di vivere i legami che ti aiutano ma non ti condizionano e non ti invadono". 

Il doping fa male. Sembra un ritornello dei buoni sentimenti ma è un fatto che tanti atleti sembrano non poterne fare a meno. 

"In alcuni sport è così ma nel mio, mi creda, non saprei nemmeno cosa prendere per fare i salti, le trottole o per non cadere sul ghiaccio". 

Di chi è figlio il doping? 

"Dell’ossessione per i risultati, della troppa pressione, delle aspettative. Ma la colpa è anche della troppa attenzione. Oggi vinci e sei un campione, domani arrivi secondo e sei una nullità. In questo voi giornalisti avete un pezzo di colpa". 

È facile trovare le sostanze per doparsi? 

"Da quello che ho sentito dire, sì. Basta conoscere qualcuno in una farmacia o andare su Internet dove ci sono circa 5 mila siti dove puoi comprare senza nessun controllo". 

A un gruppo di giovani agonisti del ciclismo che direbbe? 

"Che la vittoria non è tutto. Ma sono anche convinta che mi prenderebbero a pernacchie". 

Ma, in privato, un calcio nel sedere ad Alex glielo ha dato? 

"Un calcio no, ma qualcosa di molto vicino sì. Però dopo la rabbia ho provato a capirlo. Non a giustificarlo, ma a capirlo sì". 

Il suo pregio e il suo difetto? 

"Sono molto paziente e Dio sa quanto mi è servito esserlo in questi mesi. Quello che non mi piace è che non sempre riesco a esprimermi come vorrei. Del resto la mia prima lingua è il ladino, la seconda il tedesco, la terza l’italiano". 

Legge? 

"Ora sto leggendoLe mille e una notte". 

Le piacciono le favole? 

"Sì, ma non sono né Heidi né Cappuccetto Rosso o, peggio, Cenerentola. La mia favola sarebbe saper volare e questo sport mi fa provare l’ebbrezza del volo". 

Il volo è sinonimo di leggerezza? 

"La leggerezza è molto importante. A questa età puoi permetterti di divertirti, di dire a te stesso, ma anche al tuo allenatore con cui hai finalmente un rapporto alla pari, che se vinci bene e se perdi non è la fine del mondo". 

Se fosse ministro dello Sport, che cosa farebbe per limitare il doping? 

"Anzitutto studierei il problema, perché un ministro deve essere documentato. E poi preparerei un programma di informazione nelle scuole perché è da lì che parte tutto". 

Si porterebbe anche un testimonial? 

"Lei allude ad Alex? Ma sì, sarebbe un ottimo testimonial. Chi meglio di lui?". 

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Fabrizio Paladini