Luca Caprai. Un uomo di polso, anzi di braccialetto
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Luca Caprai. Un uomo di polso, anzi di braccialetto

Luca Caprai ha fatto impennare i conti della sua azienda inventando il bracciale Cruciani C. Doveva essere un piccolo business estivo, è diventato un oggetto di culto.

Più che una moda sembra un virus. Perché ormai è quasi impossibile vedere un polso sfornito di braccialetto ornato di quadrifogli, stelline o cuoricini in macramè, sfoggiato da fanciulle in fiore, carampane, ragazzi e maschi attempati affetti da giovanilismo. Originale Cruciani C, ma anche tarocco, visto che, con grande dolore della casa madre, non c’è un vu’ cumprà sprovvisto di copie.

Le ragioni per cui un laccetto made in Umbria che costa pochi euro (da 5 a 15), non sfoggia preziosi ma un pizzo colorato, sia riuscito a scatenare
un’epidemia sono da studiare. L’identità dell’untore è nota: Luca Caprai, 46 anni e tre bracciali autografi al polso, da Foligno ma di stanza a Milano. è il secondogenito di Arnaldo, che nel 1955 fondò l’impero cominciando da una linea di biancheria per la casa, cui si sono aggiunti la produzione di Sagrantino e 20 anni fa, con Luca, il cashmere di lusso Cruciani.

La data che segna lo spartiacque fra l’era avanti braccialetto e dopo braccialetto è il 2 giugno 2011, quando Luca Caprai rielabora un prototipo che il padre, cavaliere del lavoro, aveva realizzato per i colleghi in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. «Aveva tre spessi strati, sembrava un hamburger» scherza Luca, che pensava a un piccolo business estivo da affiancare al cashmere. «Ma la fila al negozio di Forte dei Marmi ha dato il via a un fenomeno virale».

Oggi il braccialetto dei miracoli, con 7 milioni di pezzi venduti, è protagonista del 60 per cento degli incassi Cruciani: nei primi quattro mesi di quest’anno ha portato il fatturato a oltre 12 milioni di euro, il 70 per cento in più rispetto al 2010, prima del braccialetto. E ha pure ripianato le perdite che negli ultimi due anni avevano colpito la linea di biancheria paterna. Dietro il successo che ha trasformato Caprai in giramondo, con gli ultimi negozi aperti a Capri e Taormina e contratti firmati in Corea, Germania e Giappone, un paio di strategie: l’avere connotato il braccialetto come portafortuna e, puntando a un effetto collezione, ritirato qualche modello dal mercato (quello con le farfalle su eBay si vende a 30 euro). Decisiva pure un’intuizione psicologica: «Il braccialetto fornisce la sensazione di uscire dal negozio con una griffe senza sensi di colpa da euro dilapidati» sostiene Caprai. Non solo, i pezzi sfornati in Umbria finiscono, con effetto emulativo, indosso alle celebrity. «Niente testimonial fissi, non vogliamo legarci a un volto» puntualizza l’imprenditore, che finora ha contrattualizzato (a termine) solo Belén, Aida Yespica e Vittorio Sgarbi. Anche perché pure i famosi comprano il braccialetto. Quando ha visto la foto di Paris Hilton con il polso griffato, Caprai ha capito «di avere vinto al Superenalotto». E pure gratis.

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Antonella Piperno