La Nuova Zelanda dice no ai Lego troppo violenti
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La Nuova Zelanda dice no ai Lego troppo violenti

Facce arrabbiate, armi tecnologiche e alto livello di conflitto aumentano la violenza percepita dai bimbi

Gli omini della Lego hanno smesso di sorridere e si sono armati fino ai denti. Al posto delle neutre espressioni di un tempo quando un sorriso accennato appariva sulle labbra di cavalieri e donzelle, pirati e cow boy armati di spada e lancia ora i pupazzetti dello storico brand del diventimento hanno assunto espressioni corrucciate, incattivite e violente, impugnano armi tecnologiche e per questo rischiano di essere poco educativi per i bambini.

E' questa la denuncia che arriva da un gruppo di ricercatori neozelandesi - Elena Moltchanova, James Smithies ed Erin Harrington Christoph Barcknet - della Università di Canterbury.

Gli accademici hanno analizzato i cataloghi Lego dal 1978 a oggi e si sono resi conto che la quantità di armi contenute nelle scatole aumenta di anno in anno così come le immagini di scontri violenti e di battaglie.

E' come se i giocattoli avessero perso l'innocenza e fossero passati ad una fase di riarmo del conflitto.

Il perchè è presto spiegato: la concorrenza che i giochi virtuali fanno ai giocattoli di un tempo implica la necessità per Lego, soldatini di piombo e pupazzetti vari di essere competitivi con i colleghi 2.0 e l'unico modo per farlo è quello di alzare il livello del conflitto per aumentare l'adrenalina. Tutta questa violenza, però, ha effetti negativi sui più piccini e può avere conseguenze anche gravi sul piano dello sviluppo emotivo dei bambini.

Lego si difende asserendo: "Il conflitto fa parte del gioco, è una parte naturale nello sviluppo del bambino. Cerchiamo sempre di usare lo humour, quando è possibile, per abbassare il livello dello scontro". Ma saranno in grado i bambini di cogliere l'aspetto umoristico del gioco violento?

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Barbara Massaro