Il primo giorno di scuola e il dogma della conoscenza
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Il primo giorno di scuola e il dogma della conoscenza

Un nuovo anno scolastico sta per iniziare tra qualche incertezze e grandi speranze da parte di tutti

Una festa. Il primo giorno di scuola è solo questo: inutile girarci intorno, per tutti (ma proprio tutti) è un momento di gioia e di nuovo inizio molto più significativo del primo gennaio.

Mentre ho sentito genitori applaudire ed esultare al suono della campanella che, dopo tre infiniti mesi, riportava i pargoli sui banchi di scuola, loro, gli studenti, varcavano la soglia senza guardarsi indietro. E' questo il bello degli scolari di tutte le età: dalla materna alle superiori l'inizio del nuovo anno è un pezzo di strada in più che si è pronti a calcare con curiosità e determinazione, privi dei dubbi che connotano le scelte dell'età adulta semplicemente perché un anno, a scuola, viene dopo quello precedente in una sequenza logica inevitabile, rilassante, rassicurante e che sparirà dopo l'ultima campanella.

Fra due giorni entreranno in classe i ragazzi della provincia autonoma trentina e di poi quelli molisani. Prima campanella spostata al’11 settembre per gli alunni di Abruzzo e Val d'Aosta. Mentre in 14 regioni – Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna, Toscana, Umbria, Veneto – le lezioni riprenderanno lunedì 15 settembre. Gli ultimi a rientrare saranno gli alunni siciliani e pugliesi, il 17 settembre. A mettersi lo zaino sulle spalle quest'anno sono 7.862.470 studenti divisi in 365.255 classi con un incremento di 36.238 scolari rispetto allo scorso anno.

Il primo giorno di scuola, però tutto ciò conta poco: non importa se nelle aule, come denunciato in Abruzzo, mancano i banchi e le lavagne, se le cattedre non sono ancora state tutte assegnate, se incombe una riforma da 126 pagine su cui il Governo chiede una sorta di discussione nazionale.

Quel che conta è che sia il primo giorno di scuola: la pelle è ancora abbronzata, il vestito è nuovo e il taglio di capelli fresco. Le agende sono intonse, i quaderni puliti, i libri ancora chiusi: ai ragazzi aspettano nove mesi tutti da scrivere che sì saranno fatti di guerre Puniche e geometria euclidea, sintassi grammaticale e "Ei fu siccome immobile", ma saranno soprattutto mesi nei quali i nostri figli cresceranno a livello umano, si confronteranno con il mondo, si innamoreranno, si lasceranno, piangeranno, rideranno, porteranno a casa cattivi voti e note di merito; ci faranno firmare compiti in classe e ci chiederanno di risolvere problemi matematici che metteranno in imbarazzo le nostre conoscenze arrugginite. E allora, in questo primo giorno di scuola, l'in bocca al lupo va prima di tutto ai ragazzi che in questa Italia in bilico ancora credono, che studiano sperando di diventare gli adulti che oggi sognano di essere; ma gli auguri vanno anche agli insegnanti che in questa stessa Italia che, forse, li ha delusi, storditi, ammaccati e resi più aridi devono trovare la forza e il coraggio di insegnare qualcosa che vada oltre ai libri e che resterà anche quando, tra molti anni, gli studenti di oggi faranno confusione tra guerra dei cent'anni e non si ricorderanno se i Tudor erano "buoni o cattivi" e se "spero, promitto e iuro reggono l'infinito futuro". E infine un in bocca al lupo va ai genitori che affidano i propri bambini e ragazzi alla Scuola, quella con la S maiuscola, quella nella quale sperano di incontrare educatori e non giudici e che auspicano renda i piccoli grandi esseri umani che loro, i genitori, hanno dato al mondo degli adulti resi liberi dalla Conoscenza, quella con la C maiuscola.

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Barbara Pepi