Ikea e le case assemblabili (per i rifugiati)
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Ikea e le case assemblabili (per i rifugiati)

L'Onu ordina 10.000 "casette" per sfollati e rifugiati: 17,5 mq in grado di ospitare fino a 6 persone

Dalla libreria Billy alla casette, ma pur sempre "fai-da-te", o quasi. Questa volta Ikea, il colosso svedese specializzato nei mobili a basso costo, montati direttamente dal proprietario, allarga l'orizzonte e si occupa di realizzare ben 10.000 case, o meglio mini-casette. Ciascuna ha una grandezza di 17,5 metri quadrati, è assemblabile e può ospitare fino a 5 o 6 persone.

Ma la particolarità non è solo questa: a ordinare questi alloggi è stata l'Onu e inp articolare l'Unhcr, ovvero l'ente che si occupa dei rifugiati.

Finalità umanitarie

I prefabbricati targati Ikea ospiteranno infatti gli sfollati e coloro che godono delle status di rifugiati, in quanto in fuga da Paesi che non rispettano i diritti umani. Il progetto del gigante dell'arredamento svedese, dunque, ha prettamente finalità umanitarie.

Mini-casette, grande tecnologia

I "better shelter" - come sono stati chiamati i rifugi - dovrebbero andare a sostituire le tende o altri ricoveri d' emergenza negli accampamenti sparsi nel mondo. Potranno essere assemblati in quattro ore e saranno dotati di tetti con pannelli solari, che poggeranno su una struttura in acciaio leggero, mentre i pannelli veri e proprie per le pareti saranno di plastica. All'interno, poi, sono previste anche porte usb per collegamenti tecnologici moderni.

"Better shelter" per Iraq ed Etiopia

Nonostante il costo elevato di ciascuna "casetta" (poco più di 1.000 euro, dunque tre volte tanto quello di un attuale rifugio), i vertici Ikea sono convinti che potranno resistere nel tempo: da un minimo di tre anni in condizioni meteo avverse, fino a 20 anni in Paesi con climi più miti.

I primi "better shelter", pronti entro l'estate, saranno destinati alle popolazioni sfollate di Iraq ed Etiopia, secondo quanto riferisce IrinNews, per dare ospitalità a una parte delle 2 milioni e mezzo di persone rimaste senza casa.

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Eleonora Lorusso