Nuovi "guai" per Peppa Pig: è razzista?
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Nuovi "guai" per Peppa Pig: è razzista?

La Oxford University Press censura tutto ciò che ha a che a fare con i maiali, per non urtare la sensibilità di ebrei e musulmani

Non c'è pace per Peppa Pig, la famosissima maialina, tanto amata dai bambini di mezzo mondo. Questa volta, però, gli animalisti non c'entrano: non sono stati loro a protestare per la presunta immagine distorta che dell'animale viene data nel cartoon ideato e prodotto dal trio britannico Astley-Baker-Davies. Il problema adesso starebbe nel fatto che Peppa Pig - proprio in quanto maialina - potrebbe urtare la sensibilità delle comunità ebraiche e musulmane. Per questo la Oxford University Press ha deciso di "censurarla", ateneo che rappresenta uno dei principali editori di libri per l'infanzia della Gran Bretagna, patria appunto di Peppa.

In un documento interno all'università è stato proibito ad uno degli autori di fare qualsiasi riferimento a "maiali, salsicce o tutto quello che possa essere ricondotto ad un suino" quando scrive i suoi testi. Il motivo è semplice: in un momento in cui l'opinione pubblica è ancora scossa dagli attentati di Parigi e in cui si invita al massimo rispetto per le religioni, ecco che la Oxford University tenta così di evitare critiche o denunce, per presunti "insulti" razziali o religiosi, semplicemente evitando di fare riferimento ad un animale considerato un animale "impuro".

Nonostante Peppa Pig non venga citata in modo esplicito nel documento dell'ateneo, è evidente che la maialina è il personaggio con fattezze suine più famoso al mondo, almeno per quanto riguarda i bambini. Il paradosso è però che le stesse comunità ebraiche e musulmane in Gran Bretagna hanno bollato come assurdo il provvedimento.

Come riporta il Daily Mail, infatti, il deputato labor Philip Davies ha parlato di "politically correct senza senso", mentre un altro laburista (musulmano) Khalid Mahmood ha definito la decisione della Oxford University come un "completo nonsense", che "spinge così oltre che ci si fa una brutta reputazione".

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Eleonora Lorusso