E ricordatevi di dormire (anche quando tornate a casa)
Lifestyle

E ricordatevi di dormire (anche quando tornate a casa)

Siamo diventati professionisti dell'insonnia complici i tablet e l'overdose di luce artificiale

Sotto l’ombrellone o al fresco del rifugio, in spartani bed & breakfast o in lussuosi resort, i 27 milioni di italiani in vacanza sanno che la settimana di ferragosto segna il punto di non ritorno: la data dopo la quale tutto cambia, regalando a ciò che resta delle ferie un retrogusto un po’ amaro. Eppure anche questi ultimi giorni possono essere l’occasione per riposare-ricaricarci-dormire-leggere-dimagrire-tornare in forma e fare il pieno di buonumore. Purché la vacanza, al di là del luogo, sia stata ideata e soprattutto consumata nel modo giusto. Siete sicuri che le ferie che vi state godendo siano davvero un investimento (a lunga scadenza) in termini di benessere psicologico e fisico?

«Spesso mi capita di ricevere pazienti che, magari per gratificarsi dopo una delusione personale o lavo- rativa, si lanciano in vacanze meravigliose: vedono e provano di tutto, fanno escursioni indimenticabili» racconta Daniela Lucini, specialista in psicologia clinica e dirigente della sezione Medicina dell’esercizio all’Istituto clinico Humanitas di Milano. «Ma dimenticano di riposare. E tornano stressati e insoddisfatti». Saper riempire il tempo del vuoto è impresa tutt’altro che banale. Chi è inattivo, come scriveva Milan Kundera in La lentezza, «è frustrato, si annoia, è costantemente alla ricerca del movimento che gli manca».

Calibrare ozio e attività, dunque, è il punto di partenza fondamentale. «Scegliere una qualsiasi attività fisica, anche una mai presa in considerazione prima, scaccia l’effetto monotonia dalle nostre vite. Oltre a evitare di appesantirci troppo in vacanza» dice Michelangelo Giampietro, professore presso le scuole di specializzazione di medicina dello sport all’Università di Modena e Reggio Emilia. Non è una cattiva idea, dicono gli esperti, iscriversi al torneo di beach rugby o al cross country equestre, o sperimentare la fit-boxe sulla battigia, anche se fino a ieri il pensiero non vi aveva mai sfiorato. «Usare le ferie per avvicinarsi a discipline sportive nuove, soprattutto se praticate all’aperto, è un toccasana: stimola la produzione di sostanze biochimiche, come neuro- trasmettitori, endorfine, ormoni sessuali, coinvolte nel circuito del piacere» continua Giampietro (che le sue vacanze in Sardegna le ha appena terminate). «Ovviamente occorre buonsenso: evitare le ore più calde e non esagerare se per il resto dell’anno non si è fatto alcuno sport».

Ben vengano anche i tornei nei villaggi vacanza, l’acquagym, il ballo in discoteca e tutti i giochi che riavvicinano le persone all’uso dei propri muscoli in una vita dove tutto, dallo spremiagrumi allo spazzo- lino, è elettrico. Se poi gli sport scoperti in vacanza ci seguiranno anche in città (come è successo con il fenomeno del nordic walking, che ha popolato le strade urbane di camminatori nordici con bastoncini telescopici) ancora meglio. «La vacanza ha un senso solo se gli effetti benefici perdurano oltre il fatidico mese di agosto» avverte Giampietro

Edonismo e sperimentazione anche a tavola? Vale lasciarsi un po’ andare dopo la dieta di primavera e prima di quella autunnale? «Niente paura, e niente terrorismo. In questi giorni non bisogna pensare alle calorie, perché lo svago è importante» sostiene il nutrizionista Francesco Morelli, che risponde dal giardino del suo buen retiro toscano. «L’ideale, come dico ai miei pazienti, sarebbe mantenere il peso, certo. Ma anche in caso di lievi aumenti, basta rientrare nei ranghi subito dopo il ritorno a casa. Se in ferie si pensa troppo alla linea si rischia di provare ansia e frustrazione». Purché non sia un alibi, tutto ciò, per l’abbuffata libera. «Se una sera mangiate di tutto e di più, e magari bevete qualche bicchiere di troppo “tanto è estate”, sappiate che il giorno dopo, se non volete pentirvene, dovrete rispettare un regime a base di frutta, verdura e proteine non condite».

Il vero eccesso però, e la vera dipendenza con cui riempiamo il tempo libero, non è con il cibo ma con la tecnologia. Finiamo per fare, in spiaggia o su un prato, esattamente ciò che facciamo quando siamo in città o al lavoro. Controlliamo le mail, scambiamo messaggi e fotografie sull’iPhone, scarichiamo app, consultiamo tablet. Diventiamo moderni sciamani alla ricerca del segnale perfetto, sempre a caccia del wi-fi, chiusi in modo quasi autistico in un micro habitat tecnologico.

«Non riuscire a staccare né dal lavoro né dal mondo social è la causa principale della depressione post-vacanza» avverte la psicologa Paola Vinciguerra, presidente dell’Associazione europea attacchi di panico. «Le ferie devono essere uno spazio diverso. E bisogna socializzare: una volta, in spiaggia si parlava, si giocava a carte, si passeggiava. Ora ci sono file di persone sdraiate sui lettini, staccate dall’ambiente circostante e con la mente persa dietro ebook, Twitter e WhatsApp. Spegnete i cellulari, almeno ogni tanto». In teoria: la stessa Vinciguerra risponde all’intervista da un resort di Sharm el Sheikh. «Ebbene sì» prosegue ridendo «stamattina ho controllato le mail, ma in spiaggia vado solo con un libro»

Non tutti concordano sull’imperativo di staccarsi totalmente dalle abitudini quotidiane, né di colpevoliz- zare chi sceglie il luogo di villeggiatura a seconda della copertura 3G. «E perché mai dovremmo rinunciare a fare ciò che ci appassiona?» si chiede il sociologo Domenico De Masi (in vacanza a Ravello). «Bisogna distinguere tra chi fa un lavoro manuale e chi lavora con l’intelletto. I primi cercano riposo fisico e vogliono staccare da ciò che è routine. Ma i secondi, quel 60 per cento di persone che svolgono lavori intellettuali o creativi, il cui strumento di lavoro è il cervello che quindi li segue ovunque, devono tornare dalla vacanza arricchiti. Ben venga ogni tipo di attività mentale. Le vacanze sono il reciproco o l’opposizione di ciò che siamo e facciamo durante l’anno».

Dunque, chi non vive senza internet può continuare a farlo? Non deve disintossicarsi? «Ma no» conclude De Masi. «Siamo vittime di chi ci dice: “Spegni qui, stacca lì”. Invece ognuno deve seguire i propri ritmi, anche per quanto riguarda queste nuove protesi che sono gli oggetti tecnologici. Non esiste più la linea di confine tra lavoro e tempo libero: viviamo ormai in una mousse, in cui lo sconfinamento vita-lavoro è la norma. Non è un male: è ozio creativo».

La vacanza migliore, insomma, è quella dove anche l’imperfezione ha un suo spazio. Dove va bene iniziare uno sport improbabile o vagamente ridicolo, dove è consentito esagerare ogni tanto in tavola, dove è lecito portarsi in spiaggia il tablet. L’importante è che siano in armonia i nostri ritmi psicobiologici; che sia ben sintonizzato l’orologio circadiano del nostro organismo, che ci assicura giornate armoniose e notti di autentico riposo. La formula ideale, in questo caso, esiste ed è alla portata di tutti, a quanto assicura uno studio dell’Università di Boulder, in Colorado. Se nell’ambiente urbano i nostri ritmi circadiani sono in ritardo di un paio d’ore (si resta spesso svegli dopo mezzanotte, dovendo comunque svegliarsi alla solita ora), ci si può risintonizzare scegliendo il campeggio, con il suo naturale ciclo luce-buio. Se state leggendo queste righe da una tenda, ecco, avete capito tutto. Ma anche senza tenda, e magari tutto l’anno, è possibile resettare le lancette biologiche. Basta vivere il più possibile all’aria aperta, fare una passeggiata prima di andare in ufficio. E spegnere computer, tablet e telefonini prima di mezzanotte, fino al mattino. 

I più letti

avatar-icon

Daniela Ovadia