Processo Ruby, la condanna. Io c’ero

Alle 9 del mattino i mezzi mobili erano fioriere attorno al tribunale, da dove spuntavano parabole rivolte al cielo e cavi. Mentre Milano e il suo traffico si metteva veloce in movimento, la città guardava al palazzo e grigio e …Leggi tutto

Alle 9 del mattino i mezzi mobili erano fioriere attorno al tribunale, da dove spuntavano parabole rivolte al cielo e cavi. Mentre Milano e il suo traffico si metteva veloce in movimento, la città guardava al palazzo e grigio e imponente in stile fascista che ogni giorno stabilisce chi è colpevole e chi innocente. Li’ dentro c’è la giustizia fatta d toghe e fascicoli, di magistrati che consultano codici e precedenti per stabilire un criterio equo ed uguale per tutti di valutazione. Fuori c’è il mondo che osserva e stabilisce in basi ai propri criteri di moralità ed equità chi ha torto e chi ha ragione, colpevoli e innocenti. Un enorme collegio giudicante senza potere legale. Vox populi.

Ieri mattina, fuori da tribunale c’era un centinaio di cronisti, tra tv provenienti da ogni angolo del mondo, americani, russi, danesi e agenzie di stampa e quotidiani e radio. Tutti ad aspettare una sentenza che da 27 mesi attendeva di essere emessa. A decine, tra curiosi, anziani e passanti, si sono fermati davanti alle telecamere piazzate per i collegamenti con i tg. “Scusi, lo hanno già condannato?” “E allora, quanto gli hanno dato?” Nessuno sembrava dell’idea che l’imputato Silvio Berlusconi sarebbe stato assolto. Scuotevano la testa e passavano ad un altro monitor per seguire il dibattito del pomeriggio sulle reti nazionali. Signore anziane vestite con l’abito bello gesticolavano con foga perché “Silvio lo vogliono fare fuori, altroché”. Altre signore, con cartelli, slogan e bici aspettavano il verdetto sperando nella giustizia.

Insomma fuori – mentre noi cronisti aspettavamo dalle 9.45 che un anima pia ci avvisasse dell’arrivo della sentenza – le cose si sapevano già. I sostenitori di Berlusconi già si scandalizzavano, i colpevolisti già cantavano vittoria. Ma che quel tribunale lo avrebbe condannato era già nell’aria. La gente che ci guardava parlare con il microfono in mano e un faretto piazzato davanti alla piazza lo sapeva cosa sarebbe accaduto. E a capire l’andazzo ci ha messo forse molto meno delle 7 ore e mezza del collegio giudicante.

Esce la sentenza. Corsa dall’Aula alla telecamera. I colleghi si accalcano sulla scalinata laterale per raccogliere una battuta a caldo di daniela santanche’. C’e poco tempo per mandarla in onda durante l’edizione della sera del telegiornale. Urla, spintoni, grida. Tutti li’ a sentire che dice. E i curiosi attorno a guardare allibiti la tonnara addosso alla parlamentare del Pdl. “E ma si sapeva.. Perché tutto sto casino?” Vox populi.

I più letti

avatar-icon

Stefania Cavallaro

Classe 1975, (felicemente) sposata, (felicemente) mamma, (felicemente) vice caporedattore a Studio Aperto, il tg di Italia Uno. A parte la conduzione del tg delle 12.25, ormai un appuntamento fisso ogni due settimane, per il resto mi occupo davvero di tutto, politica, esteri, cronaca e costume. Curiosa, tecnologica, amante del lusso e del cinema. Mi diverto  a raccontare quel che gli altri vedono da fuori, come un mondo luccicante e complicato, così come io ho il privilegio di viverlo da dentro. Tutta un'altra storia.

Read More