Addio caro Dago, il cafonal è finito
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Addio caro Dago, il cafonal è finito

Dopo avere pubblicato due cataloghi di varia umanità, immortalando con feroce verismo il lato cafone della Roma godona, famelica e siliconata, il «fotoreporter da marciapiede» nonché principe dei paparazzi Umberto Pizzi decide di divorziare dal sito Dagospia. «Paga poco» dice «e poi è finita un’epoca: è iniziata l’era della sobrietà montiana e l’incubo della Guardia di finanza»

Dago amico mio? Ma che stai a di’. L’amico è colui che spartisce anche il pane. E lui invece il pane se lo vuol magnà da solo». Ma allora è vero che la liaison dangereuse è finita? Ride fragorosamente, poi fa una breve pausa e sentenzia: «Forse è finita un’epoca, che noi abbiamo avuto il merito di documentare quasi in chiave sociologica».

Umberto Pizzi è un gran affabulatore, nonostante le immagini siano il suo mezzo espressivo più congeniale, in realtà l’uso dell’oratoria istrionica e pop capitolina lo rende ineguagliabile.

Fotoreporter della Roma godona, autodidatta, con un passato da fotografo impegnato al servizio della Fao, a circa 75 anni, Umberto Pizzi da Zagarolo si reputa uno degli ultimi paparazzi romani: «In fondo chi altro c’è? Siamo rimasti solo in due a fare questo mestiere: io e mio fratello Mario».

Ricominciamo dall’inizio: Dagospia non annovera più Pizzi tra i suoi collaboratori?

Io e Roberto abbiamo fatto due libri di Cafonal che hanno avuto molto seguito. Un terzo sarebbe stato superfluo. È finita l’epopea perché è tutto fermo, perché vogliono essere tutti sobri. È l’età della sobrietà montiana, con lo spettro della Finanza sempre in agguato.

Insomma, lei è disoccupato? O in pensione? Oppure non vuole raccontare come sono andate le cose con Dago?

Ma che stai a di’. In pensione non ci andrò mai, perché sono in salute, disoccupato non lo sono perché lavoro per Il fatto quotidiano dove racconto il Senato e la noia della politica, anzi i politici annoiati che non sanno più che cosa fare, quelli vecchio stampo sono confusi. Le «Forza gnocche» erano impegnate, ora vanno ai convegni o alle presentazioni di libri. E con Dago invece non ci prendiamo più.

D’Agostino l’ha sostituita?

Diciamo che la mentalità diffusa è quella che chiunque, pure gli incapaci, possono fare le foto, basta un telefonino. Tutti paparazzi sono diventati, sono pronti a spedire qualsiasi scatto. E lui pur di risparmiare pubblica le ammucchiate di foto. La sua tirchieria ha raggiunto livelli rari. Dagospia era un sito fatto con un certo criterio, una struttura, ha raccontato il Paese per tanti anni. Per il resto, Dago è amico di tutti fino a un certo punto e attacca secondo come tira il vento.

Spariti i salotti romani?

Sono tutti orfani di Maria Angiolillo. Certo ci sono, c’è il salotto dei Carraro, quello di Alessandra Necci, la figlia dell’ex amministratore delle Ferrovie dello Stato. Ma si festeggia nei circoli perché hanno tutti paura della Finanza. Un tempo tutti volevano essere immortalati e finire nei carnet mondani. Ci chiamavano, adesso dove prima ci mettevano il tappeto rosso ci mettono il filo spinato. L’altro giorno ho incontrato Chicco Testa che mi ha invitato a Capalbio per il suo compleanno dicendomi: «Vieni ma senza macchina fotografica perché la gente ha paura di te». Io l’ho guardato e non gli ho neanche risposto.

Ma chi è l’uomo più potente della capitale?

Rimane Francesco Caltagirone, il costruttore-editore, nonché ottavo re di Roma.

Quindi la sobrietà ha ucciso la mondanità?

La mondanità è eleganza, bellezza, classe. E quella non la vedo da tempo. Ora ci sono solo starlette pagate per presenziare alle inaugurazioni delle boutique. Per non parlare dei red carpet, che è mondanità quella? Tutti impalati, fermi come dei baccalà e dietro c’è sempre un muro con delle scritte pubblicitarie da vergognarsi. Erano altri i tempi della Loren, della Taylor. Erano solo accompagnate dall’autista, ora sono tutti scortati dai bodyguard. Ma chi ti fila? È di questi giorni la notizia della morte di Gore Vidal. Lo conoscevo bene, abitava sulla sede del Partito radicale quando la sera usciva in piazza Navona in cerca di ragazzi da portare nella sua villa sopra Ravello. Era un signore, sempre gentile, disponibile.

Niente divi, rimangono i politici da paparazzare?

Ma chi? Monti? Quello ti annoia solo a guardarlo.

Non le resta che tornare al reportage impegnato allora?

In un’altra vita. E poi non voglio tradire Edilio Rusconi che per primo ci spinse a fotografare al posto dei turisti stranieri che arrivavano in stazione i primi divi di Hollywood. Era l’inizio della dolce vita.

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Antonella Matarrese