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Bellezza antica e profumi d'oriente

Meraviglie senza fine a Genova. Dove la densità di monumenti si accompagna agli aromi delle spezie nelle suggestive strade della città vecchia

Ciò che caratterizza Genova, nella sua identità di città, è la densità, la tessitura delle sue strade, la quantità di monumenti, chiese, palazzi, musei, in una sequenza impressionante e stordente. Nessuna città può vantare quadrerie così integre e ricche, chiese tanto fastose, palazzi sontuosi e affrescati. Meraviglie senza fine.

Nella cattedrale: sculture di Domenico Gagini, Matteo Civitali, Andrea Sansovino. Nella chiesa del Gesù: Rubens, Guido Reni, Simon Vouet. In Palazzo Spinola: Antonello e Caravaggio.

Nella chiesa di Santo Stefano il più bel quadro di Giulio Romano. In via Balbi, a palazzo Durazzo Pallavicini, il piano nobile custodisce una delle più ricche collezioni private di opere d'arte, tra il 500 e il 700. Di Van Dyck, il Compianto di Cristo morto, la Dama d'oro e ritratti di fanciulli. Di Rubens, il Bacco ebbro e il Ritratto di Filippo IV di Spagna. Di Tiziano, la Maddalena; di Guercino, il Cristo della moneta e Muzio Scevola. Di Guido Reni, il San Francesco.

E poi, dipinti genovesi, del Grechetto, dello Strozzi, del Fiasella. E ancora la biblioteca, con decine di incunaboli, codici miniati, tutta la storia di Genova e delle repubbliche marinare, carteggi preziosi e rari. Andai a Genova per la prima volta, non so per quale occasione, forse in viaggio per la Spagna, con i miei genitori; e di quella visita ricordo un concerto per pianoforte di un turbinoso pianista, José Iturbi. Ancora oggi, quando ne percorro le strade, le note del suo Chopin mi accompagnano.

Tornai, adulto, e vidi tutta la città, in un'euforica settimana, accompagnato da un formidabile personaggio che ha lasciato traccia di sé, raccogliendo a Genova, dapprima nel castello Mackenzie, tutte le testimonianze dell'arte, del mobilio, della propaganda fra 1900 e 1945, documenti altrimenti dispersi, in formidabile quantità: Micky Wolfson. In quei giorni compresi che Genova è infinita. A santa Maria di Castello, ricordo Ludovico Brea, Carlo Braccesco; a Sant'Agostino il monumento a Margherita di Brabante di Giovanni Pisano. Nell'ultima visita ho trovato, nel riparato museo diocesano, i dipinti di Barnaba da Modena e il polittico di Pier Francesco Sacchi. E le storie della passione in tela azzurra. Ancora continuo a camminare nelle strade della città vecchia, sentendo il profumo delle spezie come in una città d'Oriente.

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Vittorio Sgarbi