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Cagliari, antico fascino contemporaneo

Dal pulpito di Guglielmo nella Cattedrale fino ai grandi e sconosciuti maestri del '900, la città offre un'arte viva, libera e senza tempo

Cagliari è un parte della mia vita. Una parte importante. L'avevo vista, in un viaggio avventuroso con i miei genitori, agli inizi degli anni Sessanta, quando l'isola, ancora integra e pittoresca, era un continente misterioso da esplorare, con l'avvertimento di un continuo miracolo, per chi era abituato alle vacanze estive nella riviera ferrarese e romagnola, senza scoperte.

Con la curiosità di mio padre e l'entusiasmo di mia madre, si scoprivano costumi e sapori sconosciuti. Avevo dieci anni. Non avrei potuto immaginare che sarei tornato, da adulto, per la mia prima prova impegnativa alle elezioni politiche (le ultime vere) del 1992. Sbarcai all'inizio di quell'anno, con convinto impegno, a Cagliari, città ariosa e aperta.

La mia campagna elettorale fu assai originale: raccontare in televisione ai sardi i monumenti e le opere d'arte della loro isola. Nel museo di Cagliari c'erano i mirabili retabli di grandi e anonimi autori sardi: il maestro di Ozieri, e quello di Castelsardo, testimoni di una civiltà influenzata più dalla Spagna che dall'Italia. Nella cattedrale, le sculture del pergamo di Guglielmo, pulpito marmoreo del XII secolo, grande monumento della civiltà pisana, in stretto collegamento con quella sarda. L'opera fu concepita dallo scultore per il Duomo di Pisa, tra il 1159 e il 1162. Restò al suo posto sino al 1310, quando fu sostituito da quello di Giovanni Pisano. Il pergamo di Guglielmo fu smontato e trasferito a Cagliari, allora sotto il dominio di Pisa. Nel 1312 fu rimontato nella cattedrale, già eretta nel XIII secolo in stile romanico pisano. Ma la vera scoperta furono gli artisti del '900, raccolti nella ricca galleria comunale di arte moderna. Qui, con una varietà mai locale e mai folcloristica, si vedono sconosciuti maestri di originale ispirazione: Francesco Ciusa, drammatico scultore; Giuseppe Biasi, interprete di un intenso realismo magico; Brancaleone da Romana, pittore di una realtà senza tempo; Federico e Melchiorre Melis, tra artigianatoe disegno industriale; Bernadino Palazzi, Filippo Figari, Antonio Ballero, Carmelo Floris, Stanys Dessì, Pietro Antonio Manca, Mario Delitala,Giovanni Ciusa Romagna, Eugenio Tavolara, Foiso Fois, Antonio Tanda. E ancora Gavino Tilocca, Salvatore Fancello, grandi ceramisti.

Poi le donne dell'arte: Liliana Cano, Maria Lai. E le struggenti Sorelle Coroneo, la mia più commovente scoperta: in un piccolo negozio di Cagliari, prima e dopo la guerra, Giuseppina e Albina, amatissime da Gio Ponti, creavano con artigianale perfezione immagini di grazia. Colte e raffinate, esprimevano una ricerca artistica apparentemente semplice, maturata tra le modeste attività femminili svolte nella quotidianità domestica: carte colorate, ritagli di panno, scampoli di stoffa, ago e filo, che tra le loro esperte mani diventavano materia per fantasiose invenzioni. Miracoli di Cagliari, apparizioni di poesia impreviste in un città viva e libera, lontana da tutto. Convegni, mostre, interviste e talk-show.

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Vittorio Sgarbi