Le radici nell'isola, il cuore nel mondo
Silvia Morara
Panorama D'Italia

Le radici nell'isola, il cuore nel mondo

A Panorama d'Italia le storie esemplari degli imprenditori che difendono l'identità siciliana, ma puntano al successo sui mercati internazionali

“Siculi nell’animo, ma con la testa aperta al mondo”. Nella “massima” di Diego Cusumano, produttore vitivinicolo alla guida dell’azienda omonima, c’è tutta l’essenza delle eccellenze imprenditoriali dell’Isola. Aziende che puntano ai grandi mercati, ma che vogliono difendere una forte identità siciliana. “Che è un nostro punto di forza – prosegue Cusumano – perché ci consente di vantare, tra le altre cose, una origine geografica chiaramente identificabile. Quando – racconta – presentiamo il nostro vino, a differenza dei produttori di altre regioni costretti a precisare la propria provenienza, noi possiamo dire ‘siamo siciliani’ e tutti ci riconoscono”.

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Del resto, secondo Dario Mirri, “i siciliani sono di scoglio, non di mare”. L’imprenditore, a capo di una azienda familiare, ha deciso di lanciare un progetto ambizioso ma con un chiaro identikit siciliano: “San Lorenzo Mercato – spiega Mirri – riunirà le eccellenze enogastronomiche dell’Isola, sarà un vero e proprio hub del meglio che produce questa terra. Noi siciliani – prosegue – dobbiamo provare a conservare qui le migliori energie, evitando che si disperdano fuori dall’Isola. La Sicilia è in grado di auto-sostenersi ma deve anche cambiare la mentalità: le aziende non possono pensare di essere indipendenti, ma devono imparare a fare rete”.

I legami con il territorio

"A questa terra finisci per appartenere, fai fatica ad andare via, nonostante le difficoltà”, conferma Nadia Speciale,  dell’azienda siciliana Kemeco, leader in Italia nel settore dei detergenti (produce tra gli altri i prodotti Rio): “La società è nata oltre cinquant’anni fa, grazie all’intuizione di Pietro Murania. E ha deciso – spiega – di non delocalizzare”. All’estero, da ragazzo, invece ha vissuto per un periodo Tommaso Tomasello, leader di Flott, azienda che si occupa di inscatolamento del pesce, con una sede ad Aspra, a pochi chilometri da Palermo. “Perché ho deciso di restare in Sicilia? Ero a Caracas, - racconta l’imprenditore – e su un autobus un bambino e sua madre, dopo avermi osservato per qualche minuto conclusero: ‘È italiano’. Capii che lì sarei sempre stato uno straniero. Così ho deciso di tornare e di intraprendere questa avventura imprenditoriale. Non avevo nemmeno 18 anni”. Adesso l’azienda lavora in tutto il mondo, e vanta oltre mille dipendenti.  

La "follia" di rinunciare al lavoro statale

Sono molti di meno invece quelli della Moro&Ognissanti, azienda che opera nel settore dei gioielli: “Siamo sei persone in tutto, ma ci rivolgiamo a terzi per la produzione, mentre i disegni e le idee sono tutte nostre”, racconta Manola Ognissanti, una delle due fondatrici. Che per dare il via a questa avventura che oggi ha portato le loro manifatture persino in Australia, ha dovuto sovvertire uno dei tabù, in un’isola che campa soprattutto grazie al “pubblico”: quello del posto fisso. “Ero una insegnante di ruolo – ricorda – e a soli ventisei anni ebbi quella intuizione: mettere insieme i bijoux con l’alta manifattura. Così dissi a mia madre che avrei lasciato la mia cattedra. E per poco non svenne”. 

Non si vive solo di cuore

Per far schiodare i siciliani dal posto di lavoro nell’isola, invece, l’imprenditore alberghiero Antonio Mangia (Aeroviaggi) ha deciso di ricorrere a metodi "essenziali": “Noi lavoriamo soprattutto in Sicilia e in Sardegna. In quest’ultima regione facciamo fatica a reperire alcune professionalità di alto livello, soprattutto nel settore della cucina. E allora sono costretto a persuadere qualche lavoratore siciliano a spostarsi, ma non è mai facile. Come faccio? Semplice – conclude Mangia – propongo il classico, convincente aumento di stipendio”. Perché va bene il cuore. Ma non si vive solo di quello.

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