Non c’è crisi per le armi
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Non c’è crisi per le armi

Cina ed Emirati arabi Uniti per la difesa non badano a spese

L’Asia si conferma il nuovo Eldorado del mercato degli armamenti. Dal Medio all’Estremo Oriente quasi tutti i Paesi incrementano i bilanci della Difesa e acquistano armi sempre più moderne. Il governo cinese ha annunciato oggi che il bilancio della Difesa aumenterà del 10,7 per cento nel 2013 per arrivare a 720,2 miliardi di yuan, pari a 88,6 miliardi di euro. Cifra inferiore nel mondo solo alle disponibilità del Pentagono. "Gli aumenti saranno destinati a migliorare le condizioni di lavoro e di vita dei militari, a rendere le forze armate più meccanizzate e informatizzate e a proteggere la sicurezza nazionale" precisa il documento di previsione di spesa del governo. L’anno scorso la Difesa aveva ottenuto 650,6 miliardi di yuan, con un incremento dell'11,6 per cento rispetto al 2011.

Secondo il Pentagono in realtà le spese militari di Pechino sono molto più alte includendo fondi inseriti in altre voci del bilancio dello Stato ma già i dati ufficiali dimostrano in costante incremento delle spese militari superiore al ritmo di crescita del PIL che si prevede del 7,5 per cento quest’anno. “Dobbiamo portare avanti in fretta la modernizzazione della difesa del Paese e delle forze armate - ha detto il premier uscente Wen Jiabao - dobbiamo garantire la sovranità, la sicurezza e l'integrità territoriale del territorio e lo sviluppo pacifico del nostro Stato". Wen ha anche lodato il successo del varo della Liaoning, la prima portaerei cinese

L’incremento delle spese militari cinesi preoccupa i vicini, specie Taiwan e i Paesi che hanno dispute con Pechino per il controllo degli arcipelaghi del Pacifico Occidentale come Giappone, Vietnam e Filippine. Anche se il dato ha un minor risalto internazionale Pechino spenderà di più per l’apparato di polizia e di controllo interno che per le forze armate. Il governo cinese ha infatti stanziato quest’anno per la sicurezza interna ben 769 miliardi di yuan (94,7 miliardi di euro) che finanzieranno l’imponente apparato di repressione e controllo della popolazione del regime cinese.

Nel Golfo Persico, dove è in atto una poderosa corsa al riarmo scatenata dal programma atomico e missilistico iraniano, gli Emirati Arabi Uniti hanno ottenuto il via libera da Washington per acquistare un numero imprecisato di droni Predator , gli stessi utilizzati insieme ai più grandi Reaper dalla Cia per uccidere i terroristi islamici dal Pakistan alla Somalia, dallo Yemen al Malì. Gli Emirati Arabi Uniti, che riceveranno i velivoli disarmati e li impiegheranno solo per compiti di sorveglianza, sono il primo Paese extra-Nato a ottenere i sofisticati velivoli teleguidati la cui vendita all’estero è stata autorizzata finora solo a Gran Bretagna e Italia ed è osteggiata da alcuni esponenti del Congresso. Il contratto con la società General Atomics Aeronautical Systems ha un valore di quasi 200 milioni di dollari e include il supporto logistico e l’addestramento del personale arabo a impiegare i droni. Abu Dhabi  sta potenziando le sue forze armate in funzione di contrasto all’Iran e i Predator consentiranno di tenere sotto stretta sorveglianza i movimenti delle forze di Teheran e le acque dello Stretto di Hormuz.

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Gianandrea Gaiani