Un altro blitz finito in strage
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Un altro blitz finito in strage

Con il massacro di Algeri si allunga la lista dei raid fallimentari (compresi Beslan e Monaco)

Il tragico esito dell’attacco dell’esercito algerino dell’impianto di estrazione di gas a In Amenas nelle mani dei miliziani di al-Qaeda allunga la serie dei fallimenti nei blitz scatenati per liberare ostaggi caduti nelle mani di terroristi.  Pochi giorni or sono, il 12 gennaio, le forze speciali francesi attaccarono la base degli Shabab somali nella quale era detenuti dal 2009 un agente segreto della DGSE (o servizi segreti esteri - Direction Générale de la Sécurité Extérieure) noto con il nome di Denis Allex .
Qualcosa andò storto, probabilmente il team d’assalto venne individuato prima che entrasse in azione e l’operazione (appoggiata dal cielo dagli statunitensi) andò a monte. Nel raid morirono due soldati di Parigi, 17 miliziani e (ma non è certo) lo stesso ostaggio. Il blitz venne autorizzato nell’imminenza dell’intervento militare francese in Malì nel tentativo di sottrarre lo 007 a possibili rappresaglie dei jihadisti.
Nel marzo scorso furono le forze speciali della Marina britannica a fallire l’attacco al covo dei terroristi del gruppo Boko Haram che a Sokoto tenevano in ostaggio il tecnico italiano Franco Lamolinara e il britannico Cristopher Mc Manus
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I militari nigeriani (che pretesero la guida dell’operazione pur non avendo le competenze degli incursori britannici considerati i migliori del mondo per questo tipo di blitz) si fecero individuare dai terroristi e i due ostaggi vennero uccisi.

I francesi non hanno avuto  molta fortuna nei tentativi di liberare con l forza i connazionali sequestrati n Africa dai qaedisti. L’ 8 gennaio 2011 un'operazione franco-nigerina per liberare due giovani francesi presi in ostaggio a Niamey, in Niger, si concluse con una strage: muoiono i due sequestrati, quattro rapitori e tre soldati nigerini. Ancora un flop francese si registrò il 22 luglio del 2010 quando forze franco-mauritane intervennero in Mali per liberare Michel Germaneau, 78 anni, membro di un’organizzazione umanitaria preso in dai miliziani islamici nel nord del Niger. Nello scontro morirono sette sequestratori ma anche l'ostaggio.
I fallimenti più sanguinosi nelle operazioni tese a liberare ostaggi nelle mani dei terroristi restano quelli di Beslan e Monaco.

Il 3 settembre 2004 nella cittadina russa dell’Ossezia del Nord le forze militari e di polizia russe, mal coordinate e non addestrate a condurre azioni di salvataggio degli ostaggi, attaccano la scuola dove 32 terroristi islamici ceceni hanno preso in ostaggio 1.127 persone. Nella battaglia morirono circa 400 persone inclusi 31 miliziani, 11 polizotti e 334 ostaggi tra i quali 186 bambini.

Il 6 settembre 1972 la polizia tenta un blitz all’aeroporto di Monaco per liberare gli 11 atleti della squadra olimpica israeliana sequestrati da un commando palestinese. Nell’azione morirono tutti gli ostaggi, 5 terroristi e un poliziotto. L’episodio indusse la Germania (e molti altri Paesi) a dotarsi di reparti speciali addestrati per questo tipo di operazioni e a ridurre al minimo i rischi per gli ostaggi.
Il fallimento dell’attacco algerino di ieri non sembra però dovuto solo a errori o carenze nella messa a punto del piano e nella sua esecuzione ma nella “filosofia” che caratterizza da sempre l’approccio degli algerini e in genere dei Paesi arabi a situazioni di questo tipo. In 20 anni di guerra ai terroristi islamici Algeri non ha mai negoziato con i terroristi per scoraggiare il dilagare dei sequestri affrontando le operazioni come vere e proprie battaglie tese a spazzare via i miliziani più che a salvaguardare la vita degli ostaggi.

Lo dimostra l’assalto condotto ieri prima con gli elicotteri armati di razzi non guidati (quindi ben poco precisi e inadatti a discriminare i bersagli) e poi con un assalto di blindati e fanterie . Una battaglia durata molte ore, nella quale era impossibile evitare una carneficina anche tra gli ostaggi; la priorità per Algeri era risolvere al più presto il sequestro probabilmente per non offrire una prolungata ribalta mediatica internazionale ai terroristi e per sottrarsi con il fatto compiuto alle pressioni dei governi occidentali che premevano per negoziare ad oltranza con i jihadisti.

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Gianandrea Gaiani