Afghanistan: nel 2014 tutti a casa?
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Afghanistan: nel 2014 tutti a casa?

Obama non esclude il ritiro totale da Kabul. Come in Iraq nel 2011

A Washington l’hanno battezzata “opzione zero” e prevede che dopo il 2014, anno in cui terminerà l’attuale missione della Nato, in Afghanistan non resti un solo soldato statunitense (leggi qui )

L’ipotesi sembra contraddire  la pianificazione strategica degli ultimi anni che aveva visto gli Stati Uniti e l’Afghanistan rinnovare l’accordo di cooperazione militare fino al 2024 e va contro anche le tre diverse opzioni messe a punto dal generale John Allen, alla testa degli oltre 90 mila soldati alleati in Afghanistan: 3.000, 6.000 o 9.000 soldati.

Proposte che esprimerebbero tre diverse capacità di continuare ad addestrare le truppe afghane e condurre raids contro le milizie talebane e di al-Qaeda garantendo la disponibilità di aerei ed elicotteri e il necessario supporto logistico.
Alla vigilia dell’incontro con il presidente afghano. Hamid Karzai, in visita negli Stati Uniti, Obama non esclude l’opzione zero come ha fatto sapere il vice consigliere nazionale alla sicurezza, Ben Rhodes.

Potrebbe trattarsi di pura tattica politica in vista dell’incontro con Karzai. I due non si amano fin da quando, nelle presidenziali afghane del 2009, gli Stati Uniti sostennero Abdullah Abdullah. La minaccia di ritirare tutti i militari americani (e con essi di conseguenza anche quelle degli altri Paesi della Nato) potrebbe avere lo scopo di costringere Karzai a moderare le richieste a Washington di maggiori fondi per l’economia e la sicurezza e a offrire garanzie contro speculazioni e corruzione dilagante. A pesare nel confronto tra i due anche il crescente numero di militari della Nato uccisi da soldati afghani, i cosiddetti “insider attacks “ che nel 2012 hanno causato 60 dei 405 caduti alleati.

Se Obama “bluffa” rischia grosso con l’abile Karzai che già da tempo si è cautelato in vista del ritiro della NATO accordandosi con India, Cina e Russia (molto preoccupati dal possibile ritorno dei talebani a Kabul) per ottenere aiuti militari e istruttori per il suo esercito. Che Karzai abbia bisogno di aiuti militari è indubbio anche perché un rapporto del Pentagono ha evidenziato che su 23 brigate dell’esercito solo una è attualmente in grado di combattere senza l’appoggio delle forze americane.

Se invece la Casa Bianca puntasse davvero a sganciarsi definitivamente da Kabul (Il segretario alla Difesa, Leon Panetta, ha parlato di “ultimo capitolo” nell’incontro col presidente afghano) lasciando ai Paesi vicini la “patata bollente” afghana, Karzai rischierebbe di veder messo in forse anche il contributo finanziario promesso da Stati Uniti e alleati per il triennio 2015-2017 a sostegno delle forze armate afghane e pari a poco più di 4 miliardi di dollari annui. Denaro destinato a pagare gli stipendi ai 350 mila soldati e poliziotti destinati a ridursi, proprio per ragioni di bilancio, a 240 mila nel 2015.

Nell’entourage di Obama vi sarebbero molti consensi a un ritiro totale simile del resto a quello attuato nel 2011 dall’Iraq. Anche la nomina ai vertici del Pentagono di Chuck Hagel potrebbe favorire questo disegno. Repubblicano “sui generis”, contrario all’invasione dell’Iraq del 2003, Hagel potrebbe essere l’uomo giusto per evitare a Washington il coinvolgimento diretto in nuovi conflitti e completare lo sganciamento da quelli in corso.

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Gianandrea Gaiani